Il Tirreno
Le operazioni degli specialisti della Marina militare sono riprese ieri: il materiale era sul fondale vicino a Cerboli
Follonica. Cinque anni di attesa, finalmente terminata. Ora i lavori riprendono a tamburo battente e ieri sono ricominciate le operazioni condotte dalla Marina Militare, per la ricerca e il successivo recupero delle balle di combustibile solido secondario (ecoballe), disperse cinque anni fa dalla motonave Ivy nel Golfo di Follonica. Il Comitato di indirizzo coordinato dal capo dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, ha dato via libera alla terza fase delle operazioni, iniziate il 6 agosto scorso e che hanno visto dapprima gli assetti specializzati della Marina Militare impegnati nelle fasi di ricerca, localizzazione, identificazione e recupero di 12 ecoballe.In una seconda fase, nel mese di settembre, si è tenuta, inoltre, una campagna per la mappatura dei fondali elaborata dai tecnici dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e delle Capitanerie di Porto. In questa settimana le operazioni si concentreranno sul recupero di un’ecoballa localizzata sui fondali ad est dell’isola di Cerboli ma non recuperata ad agosto a causa delle particolari difficoltà dovute alle condizioni del fondale. Le attività condotte nel tratto di mare antistante Piombino e, sotto il coordinamento del Dipartimento della protezione vivile, vedono impegnate nave Anteo ed il cacciamine Termoli, con a bordo i palombari del gruppo operativo subacquei della Marina Militare, il Ministero dell’Ambiente, la Regione Toscana, oltre a mezzi e personale della Capitaneria di porto-guardia costiera. In parallelo proseguiranno le operazioni di verifica, mediante l’utilizzo di un sottomarino a comando remoto (Rov), dei target individuati dalle precedenti ricerche, al fine di confermare, oppure di poter ragionevolmente escludere la presenza di ulteriori ecoballe. Durante l’ultimo intervento in zona dei mezzi della Marina Militare, lo scorso mese di agosto, le indagini hanno interessato un’area di oltre 20 chilometri quadrati, triplicando l’estensione dell’area di ricerca originaria e sono stati analizzati cinquantuno contatti subacquei, di cui solo tredici erano ecoballe, mentre la maggior parte si sono poi rivelate rocce di forma e grandezza simile. Le ulteriori ricerche, effettuate da tecnici e ricercatori del Cnr e dell’Ispra, mediante l’utilizzo di sonar multibeam, hanno portato il totale delle aree investigate a circa 130 chilometri quadrati. Le attività finora portate avanti, coadiuvate da un continuo monitoraggio e controllo da parte di ricercatori e tecnici Ispra e Arpat, hanno permesso il recupero e di circa 15 tonnellate di rifiuti.