Il Tirreno
Le contromisure non fanno breccia: poco diffuse nei menu le porzioni ridotte
È ancora rara la pratica di fare accordi per donare gli avanzi a chi ha bisogno
PISA. La Toscana è una delle regioni in cui si spreca più cibo al ristorante. Il centro Italia è infatti l’area geografica in cui il cibo finisce più spesso nel bidone della spazzatura. Per la precisione i ristoranti toscani producono in media sette sacchi di rifiuti ogni giorno. Numeri da record – considerando che ogni sacco contiene 220 litri di rifiuti e che in Toscana sono attivi 11.600 ristoranti e 6.700 bar che fanno servizio di ristorazione – e che rappresentano tanto uno sperpero dal punto di vista economico, quanto un problema dal punto di vista della gestione e smaltimento dei rifiuti. Di contro nella nostra regione non vanno di moda le misure anti-spreco – solo il 30% dei ristoratori offre sempre la doggy bag, in oltre la metà dei menù è assente il piatto del giorno e il 40% dei locali non offre porzioni ridotte – mentre è ancora rara la pratica di donare le eccedenze alimentari a chi ha più bisogno.È quanto emerge dai dati di Metronomo, l’osservatorio di Metro Italia realizzato in collaborazione con Green Bocconi, che per il quarto anno di fila ha realizzato la ricerca sugli sprechi alimentari nella ristorazione. Lo studio è stato presentato martedì scorso alla Camera in contemporanea con la firma di un memorandum d’intesa che impegna la fondazione Banco alimentare, l’Istituto di management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e la Metro Cash & Carry Italia a definire un percorso comune per promuovere la cultura della lotta allo spreco alimentare tra i ristoratori e i loro clienti. «Entrambi sono consapevoli del problema, ma affrontano la questione da punti di vista diversi. Per questo è occorre lavorare sulla comunicazione e sulla formazione: solo così è possibile fare un passo avanti», spiega Fabio Iraldo, docente nell’istituto di Management del Sant’Anna e direttore di Green Bocconi.Che consumatori e ristoratori siano due parti della stessa mela che ancora non combaciano è evidenziato proprio dai dati di Metronomo. I 1.131 consumatori intervistati in tutta Italia dichiarano di non lasciare spesso cibo avanzato quando vanno al ristorante, apprezzano porzioni ridotte se commisurate con riduzioni di prezzo così come la doggy bag che, però, spesso non viene richiesta per un immotivato imbarazzo. I ristoratori sono consapevoli del problema dello spreco alimentare, ma le porzioni ridotte sono viste come un danno economico e di organizzazione così come la sportina con i resti viene proposta di rado anche per una sorta d’imbarazzo identico a quello che frena i clienti. Capitolo a parte è quello della donazione del cibo avanzato ad enti caritatevoli: è ben visto da entrambi, e per i clienti aumenta la reputazione dei ristoratori, ma è un’iniziativa tra le meno in voga nelle cucine più interessate, invece, alla minimizzazione degli scarti e a una più efficace conservazione dei prodotti. Tendenze nazionali che in alcuni casi si accentuano nel centro Italia e in Toscana. La nostra è tra le 5 regioni italiane in cui in cui i clienti sono più infastiditi dal fatto di lasciare il cibo che si è già pagato. Nonostante questo la metà dei ristoranti non ha mai svolto iniziative contro lo spreco alimentare. Un dato che fa il palio col fatto di essere tra la quinta e la nona posizione per utilizzo delle doggy bag: solo il 30% dei ristoranti la propone sempre, il 60% la offre solo su richiesta e il 10% non concede la possibilità di asporto. Solo nel 56.3% dei menù è presente il piatto del giorno e il 59% dei locali non offre un piccolo antipasto servito o a buffet con l’obiettivo di valorizzazione dei prodotti che potrebbero avanzare o che sono vicini alla data di scadenza. È scarsa anche la disponibilità nei confronti di chi vuole mangiare, e spendere, meno: il 48% dei ristoranti non offre porzioni ridotte, il 13% solo per alcuni piatti, il 23% per almeno metà delle portate e appena il 16% per tutto il menù. In Italia fa peggio solo il sud dove l’85% dei ristoratori non prevede porzioni ridotte e solo il 15% consente ai clienti di sceglierle. Insomma, c’è ancora tanto da fare e troppo cibo continua a finire tra i rifiuti