Italia Oggi
Termovalorizzatore a Roma. Si rompe il fronte del No. Nel movimento green c’è chi è a favore
Ci sono gli ambientalisti del Sì
Pizzarotti: l’impianto di Parma non ha mai dato problemi
di Carlo Valentini
Se avesse prevalso il fronte del No saremmo ancora più alla canna del gas sul fronte energetico. Il Tap, Trans Adriatic Pipeline, contro cui si sono battuti comitati e grillini, non sarebbe in funzione e non trasporterebbe il gas naturale del Caspio, collegandosi con il Tanap, Trans Anatolian Pipeline (al confine greco-turco). Tap attraversa la Grecia settentrionale, l’Albania e il Mare Adriatico quindi approda nel Sud Italia, dove si collega alla rete italiana del gas naturale. È diventata una preziosa, anche se parziale, alternativa al gas russo. Ma quanta opposizione è stato necessario superare, perfino quella del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (Pd) che arrivò a dire: «Ogni volta che sento parlare di Tap sento un sussulto della mia sedia. Avere un gasdotto sotto il sedere è un problema». Così per anni sono rimasti bloccati gli ultimi 8 chilometri per l’approdo, dopo che il gas ne aveva percorso 870, tagliando il Medio Oriente. Per fortuna, alla fine il boicottaggio è stato superato e oggi arrivano dall’Azerbaijan 7 miliardi di metri cubi di gas. Preziosi.
Il fronte del No adesso è alle prese col termovalorizzatore di Roma, che dovrebbe mettere fine all’indecenza di una Capitale sovrastata dai rifiuti. Con coraggio il sindaco, Roberto Gualtieri, ha promesso di portare al traguardo il progetto, infischiandosene delle rumorose proteste dei contestatori, una schiera che si è assottigliata perché una parte dei profeti del green ha fatto un bagno di realismo: 1. Non c’è contraddizione tra raccolta differenziata e termovalorizzatore, che brucerà solo gli scarti che non possono essere recuperati e che è meglio vadano in fumo piuttosto che in discarica; 2. Le nuove tecnologie consentono di fare uscire fumi assolutamente non dannosi per l’ambiente. Che senso ha, allora, bloccare lo smaltimento attraverso il termovalorizzatore dell’immondizia non differenziata e non riciclabile?
Tra coloro che vorrebbero una svolta alla tedesca (in Germania sono in funzione 96 termovalorizzatori, con la benedizione dei Verdi) del movimento ambientalista italiano c’è uno dei grandi vecchi dell’ambientalismo, Ermete Realacci, leader storico di Legambiente, parlamentare della sinistra per diverse legislature, presidente della fondazione Symbola. Ha il coraggio di andare controcorrente. «Roma viene da 5 anni in cui non è stato fatto nulla. Non si possono prendere le distanze da un provvedimento come quello approvato dal governo per un inceneritore. I problemi oggi in Italia mi sembrano siano un po’ più seri del termovalorizzatore di Roma. La politica dei rifiuti è complicata, bisogna partire da una buona differenziata fino ad accettare gli impianti quando servono. L’ambientalismo deve fare passi avanti. Quando ci fu il dibattito sul Tap dissi subito che fu demenziale fare un gran casino per poco più di due centinaia di ulivi che venivano ripiantati invece di fare la guerra alle misure contro la Xylella che hanno ammazzato milioni di ulivi. Un errore drammatico di un pezzo di ambientalismo».
Il termovalorizzatore, come quello proposto per Roma, è un inceneritore che converte il calore generato dalla combustione dei rifiuti in energia. Questi impianti possono svolgere la funzione di centrali producendo energia elettrica tramite un impianto costituito da una turbina alimentata dal vapore scaldato dalla combustione dei rifiuti. Oltre alla produzione di energia elettrica al termovalorizzatore può essere associato un impianto cogenerazionale per il teleriscaldamento o un impianto di gassificazione. Un altro esponente storico del mondo ambientalista che ha svoltato dall’aprioristico No verso lo sviluppo sostenibile, è Chicco Testa, tra i fondatori di Legambiente, ex presidente del Kyoto Club, presidente di Assoambiente, ha scritto il libro Contro l’integralismo ecologico (Marsilio): «La Capitale dopo la chiusura della discarica di Malagrotta non ha praticamente più realizzato impianti di trattamento dei rifiuti di alcun tipo, né di riciclaggio, né nuove discariche, né altri impianti. Roma ha bisogno di chiudere il ciclo dei rifiuti, raccolta differenziata e riciclaggio sono molto importanti ma non esauriscono il problema. Anche secondo le richieste dell’Ue, dovremo raggiungere nel 2035 un obbligo di riciclaggio al 65%, inoltre, non dobbiamo mettere più del 10% in discarica; rimane un 25% che deve essere comunque trattato, smaltito e la soluzione migliore è quella di un termovalorizzatore che serve assolutamente a Roma. In città c’è un consenso che forse non c’era qualche anno fa. Stufa delle inadempienze e dei problemi che tutti hanno constatato, la città chiede che vengano realizzati gli impianti».
Il fuoco di fila contro il termovalorizzatore romano (e non solo) è alimentato soprattutto dai 5stelle. Che vengono però messi spalle al muro da un grillino della prima ora, Federico Pizzarotti, primo sindaco 5stelle di una medio-grande città, poi espulso perché (a quei tempi) il vaffa e l’amministrare si dimostrarono inconciliabili. Dice Pizzarotti, ambientalista e grillino ante-litteram: «L’impianto è fondamentale, ma è difficile spiegare che i camion che partono da Roma e vanno in giro per l’Italia a buttare la spazzatura hanno un impatto ambientale molto più grande di un impianto di prossimità.Noi a Parma il termovalorizzatore lo abbiamo, tratta 120mila tonnellate di rifiuti l’anno e il Comune ci guadagna 600mila euro. Non ha un impatto ambientale negativo e contribuisce a produrre calore per il funzionamento del teleriscaldamento della città».Infine l’assessore ai Rifiuti di Roma, Sabrina Alfonsi, Pd: «Milano è la città italiana che ha la percentuale più alta di raccolta differenziata, con il 62% ma qui esiste anche un termovalorizzatore da 550mila tonnellate che copre il doppio del fabbisogno cittadino e consente di rendere circolare il sistema».