Il Sole 24 Ore
IGIENE URBANA
Tari, sui piani finanziari l’incognita dei conguagli 2020
Nel Milleproroghe salta il correttivo che svincolava i termini dai bilanci
Dove l’anno scorso sono state confermate le tariffe 2019 sono da coprire i vecchi costi
Pasquale Mirto
L’esame lampo del Milleproroghe alla Camera, dettato dal cambio di governo e dai tempi stretti per approvare definitivamente la conversione in legge entro il 1° marzo (ora manca la ratifica del Senato) ha fatto cadere gli emendamenti spinti dai Comuni su tante materie urgenti.
Fra le vittime c’è stato anche il correttivo volto a sganciare dal termine di approvazione del bilancio quello di approvazione delle tariffe della Tari.
Allo stato attuale non sembrano quindi esserci più veicoli normativi per evitare che le tariffe della Tari, tributo e corrispettivo, debbano essere approvate entro il 31 marzo 2021. Salva l’eventuale, auspicata, proroga del termine di approvazione dei bilanci di previsione.
Nella variegata Italia, però, occorre tener conto che in alcune regioni (quelle dove non sono state istituite le Ato) è possibile approvare Piano economico finanziario e e tariffe nella stessa seduta consigliare, mentre in altre regioni i Pef dovranno essere approvati prima dalle Ato e poi trasmessi al Comune.
In questi casi, considerando le tempistiche di approvazione delle delibere consigliari, il Pef dovrebbe essere approvato entro la fine di febbraio.
Occorre però fare una verifica sul 2020. Si ricorderà infatti che l’articolo 107 del Dl 18/2020 ha dato la possibilità ai Comuni di confermare per il 2020 le tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva approvate per il 2019.
La stessa disposizione prevede l’obbligo di approvazione al 31 dicembre 2020 del Pef 2020, il primo dell’era Arera. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal Pef per il 2020 e i costi determinati per l’anno 2019, precisa la norma, «può» essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021. Quindi, il Pef 2021 nasce già gravato da una quota del conguaglio, anche se i Comuni potranno utilizzare parte del «fondone Covid», eventualmente, per ridurla o azzerarla.
Per quanto riguarda il Pef 2020, va rilevato che nelle regioni dove è presente l’Ato, i Comuni non devono deliberare alcunché, né è necessaria alcuna presa d’atto, perché questa di norma avviene in sede di approvazione delle tariffe.
Ma, come detto, per il 2020 i Comuni non erano tenuti a deliberare.Ci sono poi Comuni che avrebbero dovuto approvare il Piano economico finanziario, in quanto non presente l’Ato, ma hanno saltato l’appuntamento del 31 dicembre. Se è vero che il termine non è perentorio, è altrettanto vero, però, che il Pef 2020 dovrà essere approvato necessariamente prima di quello relativo al 2021, in quanto quest’ultimo deve incorporare la quota dell’eventuale conguaglio 2020-2019.
Ma i problemi dei Comuni non finiscono qui. Senza la proroga di un anno dell’entrata in vigore del Dlgs, i Comuni dovranno anche procedere alla modifica del regolamento Tari, sempre entro il 31 marzo prossimo.
Qui la situazione diventa molto complicata, perché occorre integrare, per via regolamentare, la disciplina Tari con riferimento ad aspetti di enorme rilevanza. Così, ad esempio, la normativa prevede ora la possibilità di uscita dal servizio pubblico, ma non sono precisate le modalità e la tempistica. È evidente, che la costruzione del Pef dipende anche dal numero di utenti da servire, e quindi l’uscita dal servizio incide pesantemente. Punto così importante che ha spinto la regione Emilia Romagna a intervenire con propria legge.
Altro tema delicatissimo è quello delle riduzioni ex comma 649 della legge 147/2013, riduzioni ancorate ai rifiuti speciali assimilati, ma che oggi devono essere rivolte ai «rifiuti urbani» delle imprese.
Infine, occorrerà dare una risposta, in termini di riduzioni tariffarie, anche a tutte quelle imprese che a causa dell’emergenza epidemiologica sono rimaste chiuse o parzialmente chiuse.