«La norma non pare rispondere in pieno a quella richiesta “di certezza delle regole” avanzata da più parti»
L’End of waste, ovvero la disciplina giuridica riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero – un passaggio indispensabile affinché i materiali riciclati possano effettivamente tornare sul mercato –, ha rappresentato uno dei principali freni all’economia circolare italiana durante l’anno appena passato. Si arrivò a presagire «una devastante crisi del settore rifiuti» in tutto il Paese prima che si arrivasse ad affrontare concretamente il problema, prima attraverso l’approccio fallimentare del decreto Sblocca cantieri e in seguito attraverso il decreto sulle Crisi aziendali, poi convertito dalla legge n. 128 del 2 novembre 2019. A che punto siamo, oggi?
Come spiega il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), il punto fondamentale della nuova norma «è quello che prevede che, in mancanza di criteri specifici adottati tramite i consueti (e di fatto mai emanati) regolamenti ministeriali, le autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero siano rilasciate o rinnovate direttamente nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori. Sostanzialmente quindi si afferma che le autorità locali riprendono il potere di autorizzare caso per caso», andando così a superare lo stallo che aveva messo in allarme tutto il mondo dell’economia circolare italiana a partire dalla nota sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal Consiglio di Stato.
Tuttavia, rimangono aperte non poche criticità sul fronte dei controlli ambientali previsti dalla nuova normativa. Un problema messo in evidenza fin da subito da parte delle imprese di settore, che trova adesso conferma da parte degli stessi controllori. L’Snpa definisce «critico» il sistema dei controlli ambientali che la legge 128 delinea, a causa di «un approccio eccessivamente burocratizzato. Sotto questo profilo pertanto la norma non pare rispondere in pieno a quella richiesta “di certezza delle regole” avanzata da più parti», come evidenziato chiaramente da Giuseppe Bortone e Giovanni Fantini dell’Arpae – Emilia Romagna:
Oggettivamente, e questo è un elemento la cui efficacia andrà verificata nel tempo, la legge sposta il baricentro della vigilanza in una fase ex post, successiva quindi all’effettiva attivazione degli impianti. In questo senso, i nuovi commi 3 ter e 3 quater dell’art. 184 ter del Dlgs 152/2006 configurano un ruolo di Ispra, o delle Agenzie regionali delegate, diverso da quello attualmente svolto. Tali organismi tecnici, nel verificare la conformità della gestione dell’impianto alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni, avranno di fatto anche il potere di richiedere adeguamenti alle autorizzazioni stesse, circostanza questa che configura un nuovo rapporto, che andrà gestito con l’adeguata sensibilità istituzionale, tra le medesime Agenzie ambientali e le Autorità competenti.
Forse sarebbe stato più opportuno enfatizzare il ruolo del Snpa nella fase istruttoria al rilascio delle autorizzazioni, rendendo obbligatorio e vincolante il parere tecnico preventivo espresso dalle Arpa/Appa. Anche il ruolo del ministero dell’Ambiente, il quale, al fine di fornire elementi di omogeneizzazione sull’intero territorio nazionale, dovrebbe intervenire nei vari procedimenti amministrativi finalizzati alla verifica del rispetto delle prescrizioni, non pare definito compiutamente. Questa circostanza potrebbe divenire una problematicità significativa in quanto, in caso di situazione di non conformità riscontrate nelle aziende, i tempi di risposta delle amministrazioni locali devono essere comunque celeri, e sfociare, quando necessario, in efficaci atti di diffida, sospensione o revoca.
Infine il meccanismo di controlli “a campione” non pare per ora delineato con chiarezza nei suoi aspetti operativi. Opportuna pertanto la scelta del Snpa di rendere da subito operativo un gruppo di lavoro a cui è stato conferito il compito di proporre meccanismi trasparenti, omogenei e semplificati.
Se dunque la nuova legge consente di superare il blocco operativo generato dalla sentenza del Consiglio di Stato e dalla pasticciata normativa introdotta con lo Sblocca cantieri, occorre oggi lavorare sullo snellimento delle procedure burocratiche e la certezza dei titoli autorizzativi rilasciati dalle Autorità competenti: a rischio non c’è “solo” la tenuta delle circa 1.200 imprese italiane attive nell’industria del riciclo con i relativi occupati, ma anche le ambizioni di sviluppo sostenibile dell’intero Paese.