Corriere fiorentino
L’intervista
Il presidente della Regione e il suo finale di mandato: «Le emergenze sono Bekaert ed ex Lucchini. La sanità? Critica chi ha perso potere»
Dopo la pausa natalizia, ieri Enrico Rossi è tornato al lavoro nel suo ufficio con vista sulla Cupola del Brunelleschi. Ha davanti gli ultimi mesi del suo mandato da presidente della Regione e traccia la sua agenda di fine legislatura. E in vista delle elezioni regionali di primavera chiede unità a tutto il centrosinistra.
Presidente Rossi, mancano cinque mesi alla fine della legislatura regionale. Quali obiettivi si pone per quel che resta del suo mandato?
«Uno su tutti: l’attuazione del Patto per lo sviluppo sottoscritto con le forze produttive e sociali. Cioè portare avanti tutte le infrastrutture, spingere sull’economia circolare, sulla formazione per il lavoro, in parte già fatta, acquisire il marchio “Toscana”. Poi ci sono le emergenze».
Quali emergenze?
«Piombino, dove ci sono problemi sugli investimenti: ho incontrato privatamente Jindal e ci sono segnali positivi, noi chiediamo subito una verifica; e poi la questione aperta della reindustrializzazione della Bekaert a Figline. Abbiamo molti rapporti con le imprese che investono, che lasceremo al nuovo governatore, come ad esempio con la Baker Hughes o con la Continental di Livorno, dove c’è il problema della trasformazione dai motori a combustibile fossile in elettrici, trasformazione che va governata».
La green economy è sempre più importante.
«La sfida per l’Europa e la Toscana è governare questi cambiamenti, come anche la lotta ai mutamenti climatici. E l’impatto non deve ricadere sui lavoratori e sui ceti più deboli e con più tasse. Sono temi centrali e noi abbiamo elaborato il documento Toscana carbon neutral 2030».
Un libro dei sogni o un programma realistico?
«È un’agenda seria, come quelle europee, e la Toscana ha le certe in regola per centrare l’obiettivo».
Resta il problema dello sviluppo della Costa.
«Per i cambiamenti strutturali ci vuole tempo. Noi ci siamo impegnati sulle infrastrutture e dove sono stato commissario io, il porto di Piombino, le opere si sono fatte; dove c’è l’autorità portuale nominata dal governo come a Livorno, meno. Ci siamo impegnati su Viareggio, sulla cantieristica. Ma l’infrastruttura principale per la Costa, la Tirrenica, è ancora lì e non dipende da noi ma dal governo. Come sono fermi il tunnel della Tav a Firenze e l’aeroporto Vespucci e non per causa nostra… Il governo che deve decidere anche su energia e geotermia. È il governo che non è stato amico della Toscana, anche il governo di Matteo Renzi ha deluso. Io sulle infrastrutture ho sempre tenuto la barra dritta, anche quando venivo criticato per l’unione tra gli aeroporti di Pisa e Firenze. Così come nella gara regionale unica per il trasporto pubblico su gomma, risultato centrato».
Sul termovalorizzatore della Piana fiorentina però lei ha cambiato idea…
«Non ho cambiato idea, sono accaduti due fatti. I fiorentini hanno dimostrato di non essere capaci di farlo e sono migliorate le tecnologie. Sui rifiuti piuttosto mi chiedo quando gli industriali toscani, come accade a Santa Croce sull’Arno, capiranno che smaltirli è un costo e se ne faranno carico».
Il presidente di Confindustria Toscana, Alessio Ranaldo, al «Corriere Fiorentino», ha chiesto un piano industriale della Regione: cosa risponde?
«La richiesta va indirizzata al governo, noi non abbiamo quel potere. E nell’assenza totale di una politica industriale dell’esecutivo, abbiamo fatto alcuni atti di politica industriale. Siamo la prima Regione in Italia per spesa dei fondi europei per la coesione e lo sviluppo, l’export è aumentato, abbiamo sostenuto le imprese con fatturato e occupazione positiva, non industrie decotte, abbiamo fatto l’accordo sulla piattaforma logistica del settore farmaceutico, chiuso l’accordo su Sesta Lab per la prova delle turbine a gas. Grazie a Invest in Tuscany, che ho voluto 10 anni fa, abbiamo attratto investimenti per 2 miliardi di euro ed abbiamo rapporti con 700 multinazionali. E nella cultura abbiamo acquisito le fotografie di Fratelli Alinari, l’evento più importante da decenni».
Sanità. Quali correttivi servono in questi ultimi mesi?
«La Toscana sta in Italia, anche se non è uguale all’Italia ed è meglio dell’Italia, e la sanità ha subito tagli feroci e il blocco delle assunzioni, ma siamo sempre al top tra le regioni. Abbiamo investito 1,5 miliardi sull’edilizia ospedaliera, tolto il superticket, e sulle liste d’attesa presto presenteremo i risultati ottenuti. Ci sono due cose che mi fanno arrabbiare: le cure palliative, dove siamo stati i primi in Italia, e gli hospice. Su entrambi dobbiamo recuperare».
Le super Asl sono criticate da sinistra a destra: è stata una scelta giusta?
«Le tre Asl funzionano, hanno salvato più vite e migliorato le cure, che è la cosa importante in sanità, così come sono stati ridotti i costi. Sono state la scelta giusta per l’integrazione tra Università e territorio. Doveva esserci un impegno politico maggiore, cosa che è accaduta negli ultimi mesi. Le consorterie locali e i politicismi si ribellano per tornare a designare i primari, perché hanno perso potere».
Lei ha chiesto un passo indietro o dell’assessore Stefania Saccardi o del presidente della commissione Stefano Scaramelli, entrambi di Italia Viva. Cosa succederà?
«Io ho ripreso una questione, ragionevole e fondata, posta dal capogruppo in Regione del Pd, Leonardo Marras e mi aspetto delle risposte, un segnale positivo. Altrimenti resterà il messaggio della sanità appaltata a una sola forza politica».
Altra questione molto attuale, il calo delle nascite: cosa si può fare?
«Ci vogliono asili nido, gratuiti, aperti a tutti, più servizi. Ma anche con un assegno familiare nessuno si decide a mettere al mondo figli se ha un lavoro precario e non ha una casa a prezzi ragionevoli; per fare un progetto di vita servono le basi economiche, il desiderio non basta. La sinistra deve rivedere le regole del mercato del lavoro».
In primavera si vota per le Regionali e il centrodestra per la prima volta può vincere anche in Toscana: perché?
«Non ci sono più feudi o “roccaforti” e anche in Toscana la sinistra ha smarrito identità e legami con i ceti popolari. Però penso che in Toscana esista ancora una maggioranza di centrosinistra e possiamo vincere se siamo uniti. Spero che Eugenio Giani (candidato governatore per il Pd e altre 14 forze politiche, tre sono uscite dalla coalizione che lo appoggia, ndr ) possa rimediare all’errore politico fatto. Serve unità per vincere e un accordo va trovato comunque, faccio appello al senso di responsabilità di tutti, anche se su alcuni argomenti la vediamo in modo diverso».
Del governo giallo-rosso che pensa?
«La media dei sondaggi politici di fine anno dà il centrodestra vicino al 50%. Io resto dell’idea che era meglio il voto, che lo scontro in campo aperto avrebbe permesso al centrosinistra di consolidarsi sia come idee sia come uomini. Zingaretti ha ottenuto alcuni risultati, come il riallineamento all’Europa e segnali in Finanziaria su sanità e welfare, ma lo stesso governo parla di verifica a gennaio. Una verifica che deve prima di tutto portare a investimenti per la crescita e per le politiche industriali. Attenti poi al giustizialismo e all’antipolitica del Movimento 5 Stelle…».
Non le piace la riforma della prescrizione?
«Non mi piace nel modo più assoluto. È profondamente sbagliata».
Che farà Rossi da grande, fuori dalla Regione?
«È una domanda che mi sto ponendo. La politica è una malattia contro cui non esiste vaccino. Continuerò a impegnarmi, a dire la mia con coerenza, al congresso Pd, nella costituente della sinistra, in Europa dove sono vice presidente del gruppo socialista al Comitato delle Regioni e nel bureau della Feps, Foundation for European Progressive Studies. Poi vedremo».