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Rimateria? Legambiente: le vere emergenze sanitarie a Piombino sono altre

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Rimateria? Legambiente: le vere emergenze sanitarie a Piombino sono altre

«Pensare che non serva una discarica e un’azienda in grado di trattare, riciclare o smaltire i rifiuti che saranno prodotti o già presenti sul territorio è pura demagogia»

Di Luca Aterini

A Piombino si è compiuto il macroscopico errore di confondere i problemi (rifiuti e bonifiche) con le soluzioni (le necessarie dotazioni impiantistiche per gestirli in sicurezza) arrivando così all’annunciato fallimento di Rimateria. Nell’immediato a pagarne le conseguenze sono gli oltre 40 lavoratori impiegati nella partecipata pubblica – il tavolo di crisi è convocato per il 31 maggio in Regione –, ma senza un rapido cambio rotta arriveranno anche pesanti ricadute sotto il profilo sanitario e ambientale.

Del resto non è una novità: già nel 2019 venne verbalizzato il parere del Nucleo unificato regionale di valutazione (Nurv), dove gli oltre trenta soggetti tecnici chiamati a valutare il progetto Rimateria spiegavano che l’alternativa zero – ovvero la mancata realizzazione del progetto – sarebbe stata in assoluto la peggiore sotto il profilo sia ambientale sia socioeconomico, per più motivi.

Da un lato «si potrebbe verificare la chiusura della società con la perdita di posti di lavoro», e questo «metterebbe a rischio le operazioni di bonifica i cui costi quantificati in qualche decina di milioni di euro potrebbero avere significative ricadute sulla spesa pubblica». Al contempo la mancata attivazione del progetto «potrebbe comportare l’abbandono dell’attuale attività di coltivazione della discarica e quindi il venire meno della continuità gestionale con relativo ritardo nelle attività di copertura delle discariche in essere […] Sotto il profilo ambientale, nel senso di tutela dell’ambiente, l’opzione zero non è quindi preferibile». Eppure è proprio quella verso cui la politica ha spinto la realtà.

Un rischio che nel corso degli anni è stato sempre evidenziato con forza anche da Legambiente Val di Cornia, che adesso torna alla carica: «La vera emergenza sanitaria sono le discariche abusive e incontrollate vicino a Colmata. Un enorme territorio inquinato da bonificare, centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti, in parte pericolosi, accumulati in modo incontrollato sulle aree industriali che con lo spolveramento sono un grave rischio per la salute pubblica».

A questa si somma «l’altra emergenza», ovvero «le demolizioni di impianti industriali e la messa in sicurezza delle aree, che produrranno altri rifiuti». E questo solo guardando al pregresso: «Inoltre si pone il problema della produzione industriale che continua a produrre rifiuti, anche se al momento quantità non grandi come nel passato».

Dato il contesto è evidente come «pensare che non serva una discarica e un’azienda in grado di trattare, riciclare o smaltire tutti questi rifiuti, quelli che saranno prodotti o presenti sul territorio, è pura demagogia», sottolineano dal Cigno verde: «Solo una parte dei rifiuti che si producono, che saranno frutto delle bonifiche e asportazione cumuli o demolizioni, potranno essere riciclati, le bonifiche non potranno che durare degli anni e quindi occorrerà un impianto di smaltimento attivo nel tempo e un’azienda che gestisca questo e altri impianti di trattamento e riciclo».

Il primo appuntamento «sarà la bonifica di Città futura che produrrà una quantità ancora imprecisata di rifiuti (il progetto è stato presentato dal Comune al ministero dell’Ambiente)». Successivamente la messa in sicurezza idraulica del Sin da 900 ettari presente a Piombino, se mai partirà sul serio.

«Anche se con enorme ritardo – dichiarano da Legambiente nel merito – a febbraio la direzione generale per il Risanamento ambientale del ministero dell’Ambiente ha approvato il progetto definitivo di parziale messa in sicurezza idraulica dell’area industriale. Questo progetto prevede di scavare una trincea drenante che produrrà più di centomila metri cubi di materiale derivanti dallo scavo, di cui si stima che una buona parte, in base all’esito dei test di cessione, sarà da gestire come rifiuto. Dove si potranno mettere questi rifiuti una volta rimossi? Chi potrà trattare o riusare il rimanente? Gli hot spot che dovrebbero essere scavati per bonificare i terreni produrranno altri rifiuti pericolosi da trattare prima di metterli in discarica. Le demolizioni degli impianti produrranno altri rifiuti».

È a valle di tutti questi processi che avrebbe dovuto collocarsi il progetto Rimateria, mentre in modo capzioso si è fatto intendere il contrario: «Era chiaro che non spettava a Rimateria procedere alle rimozioni e bonifiche in quanto queste sono procedure con gare di appalto gestite da Invitalia, ma la discarica, la Tap e altri eventuali impianti sarebbero essenziali per ricevere questi materiali, trattarli, eventualmente riciclarli, commercializzarli e in parte smaltirli», sottolineano da Legambiente.

E adesso? Gli ambientalisti chiedono «una risposta chiara e rapida ai Sindaci della nostra zona» ad una domanda cruciale: «Cosa si prevede di fare per trovare soluzione a tutti questi materiali, per giungere a risanare l’ambiente, riutilizzare questo territorio industriale e riuscire ad attrarre investimenti a Piombino per produrre nuova occupazione?». Dopo i proclami ora è il momento delle risposte.

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