La Repubblica
Economia circolare
Rifiuti, italiani più green record differenziata e riciclo
Report Conai : nel 2020 siamo secondi dopo la Germania, calano gli imballaggi per le chiusure dei ristoranti, ma l’emergenza sanitaria ha reso le famiglie più attente. Il 71% dei materiali al recupero
di Luigi Dell’Olio
Il riciclo degli imballaggi nel corso del 2019 ha consentito di risparmiare quasi 23 terawattora di energia primaria (due in più dell’anno precedente), che corrispondono al consumo elettrico medio annuo di 6 milioni di famiglie italiane. Questa attività ha generato benefici diretti per il nostro Paese superiori al miliardo di euro, valore che si raggiunge sommando la materia recuperata grazie al riciclo (402 milioni di euro), l’energia prodotta da recupero energetico (27 milioni) e l’indotto generato dalla filiera (592 milioni). Sono alcuni dei dati che emergono dal Green Economy Report curato dal Conai, il Consorzio nazionale composto dagli operatori che si occupano di imballaggi, in partnership con la Fondazione Sviluppo Sostenibile. Non è solo una questione di denaro, per altro importantissima in una fase di ristrettezza economica, ma anche di rispetto dell’ambiente. Infatti, questi risultati hanno evitato l’emissione di oltre 4 milioni e 300mila tonnellate di anidride carbonica, vale a dire quelle generate da circa 10 mila tratte aeree Roma-New York e ritorno.
A questo proposito occorre fare una premessa. I consorzi (ce sono sei per filiera di materiale, al di sopra dei quali opera il Conai con funzioni di coordinamento) nati in seguito al decreto Ronchi del 1997, che ha introdotto la responsabilità estesa del produttore, che secondo il principio “chi inquina paga” pone a capo di produttori e utilizzatori, la responsabilità della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti che ne seguono. Questi consorzi intervengono laddove la raccolta e il riciclo dei materiali non viene fatta da operatori privati in quanto non profittevole, per cui il loro ruolo è fondamentale per evitare la creazione di nuove discariche, vere e proprie cicatrici sul territorio. Tra il 1998 e il 2019 questo sistema ha garantito l’avvio a riciclo di quasi 32 milioni di tonnellate di imballaggi, evitando così il riempimento di 160 nuove discariche di medie dimensioni.
«In Europa l’Italia è seconda solo alla Germania per riciclo pro-capite dei rifiuti di imballaggio. Abbiamo già raggiunto gli obiettivi europei di riciclo fissati al 2025 e il nostro sistema Paese continua a fare scuola», rivendica il presidente del Conai, Luca Ruini. Abituati alle classifiche che ci vedono in coda nel confronto europeo in vari ambiti, a cosa attribuire questa performance? «Perché siamo stati capaci di fare sistema: enti locali, governo nazionali e soggetti privati che si occupano di produzione e distribuzione », risponde Ruini. Che ricorda come quello italiano sia anche uno dei sistemi di responsabilità estesa del produttore meno costosi e più efficienti.
Come si è visto nei mesi del primo lockdown, quando molte attività che utilizzano i materiali di riciclo si sono fermate e di pari passo la raccolta differenziata è balzata del 20/25 per cento. «Con le famiglie in casa e l’atto di gettare l’immondizia che rappresentava una valvola di sfogo, è cresciuta l’attenzione al corretto smaltimento dei rifiuti», racconta l’esperto, ricordando come il fenomeno abbia riguardato soprattutto plastica e acciaio, mentre il vetro ha registrato un calo per il fermo della ristorazione. «L’impennata improvvisa ha messo in difficoltà i sistemi di raccolta, ma con un’azione concertata tra regolatore e soggetti privati in poco tempo abbiamo rafforzato l’attività dei centri di stoccaggio, evitando così che la crisi sanitaria generasse una crisi dei rifiuti».
La recessione in atto dovrebbe portare a chiudere l’anno con un calo del 7 per cento degli imballaggi immessi al consumo, ma il riciclo ha tenuto e si prevede di chiudere il 2020 con il 71 per cento di avvio a riciclo contro il 70 per cento del 2019, e nel 2021 è atteso un nuovo record storico, al 72 per cento. «Guardando in prospettiva, vediamo due sfide: potenziare le tecnologie per il riciclo e incentivare l’eco-design», spiega Ruini. «Occorre agire a monte, quindi pensare i prodotti affinché siano nelle condizioni migliori per recuperare il più possibile la materia prima e rimetterla in circolo». È il principio dell’economia circolare, fondata sul principio che i rifiuti di qualcuno diventano risorse per altri, per cui gli oggetti non arrivano mai a fine vita, ma “rinascono” per altri utilizzi. Una prospettiva da concretizzare al più presto per affrontare le sfide ambientali con cui dobbiamo fare i conti.