La Stampa – Tuttogreen
Secondo la ING International Survey sull’economia circolare, 3 italiani su 4 ritengono che uno sviluppo sostenibile sia prioritario rispetto alla crescita economica, mostrando un’elevata consapevolezza delle sfide ambientali da affrontare. E siamo primi della classe nella raccolta differenziata e al top anche nel riutilizzo dei prodotti
MICHELA CANZIO
Una crescita economica sostenibile in grado di tutelare l’ambiente, anche se più lenta, e scelte consapevoli basate sulle 3R (riduzione dei rifiuti, riciclo e riutilizzo) sono le priorità della maggioranza degli italiani che, a livello europeo, risultano tra i più virtuosi nelle pratiche in ambito economia circolare.
Sono queste le evidenze dell’ultima ING International Survey, che misura quanto il comportamento dei consumatori a livello globale sia in linea con i principi di un’economia circolare.
Tre italiani su quattro (77%) ritengono che una crescita economica più lenta sia il giusto prezzo da pagare per favorire una maggiore protezione dell’ambiente. Un dato superiore alla media europea, pari al 74%, che evidenzia come in Italia I consumatori siano favorevoli allo spostamento verso un’economia circolare che, oltre a tutelare l’ambiente, è in grado di produrre una crescita sostenibile.
In questo contesto, il cambiamento climatico e la diffusione dei rifiuti in plastica sono tra le principali criticità che preoccupano rispettivamente il 39% e il 35% degli italiani, il 42% e il 37% degli spagnoli, il 31% e il 29% dei francesi, il 34% e il 39% dei britannici, il 38% e il 34% dei tedeschi, il 34% e il 29% degli statunitensi e il 34% degli australiani.
Per far fronte a tali problematiche, anche le aziende stanno via via adottando misure per diventare sempre più sostenibili, riducendo sempre di più l’uso della plastica e aumentando la quota di riciclo, con processi sempre più in linea con modelli di economia circolare. E questo cambiamento è spesso generato dalla base: in Italia, il 70% degli intervistati chiede alle aziende di agire in questa direzione, rispetto il 69% degli inglesi, il 67% dei francesi, il 60% degli australiani, il 56% dei tedeschi e il 53% degli statunitensi.
Uno studio dell’Alliance for Corporate Transparency ha tuttavia rilevato che solo il 47% delle grandi aziende è in grado di agire concretamente su questi fronti.
Raccolta differenziata: italiani primi della classe
Nonostante la consapevolezza circa le sfide ambientali sia elevata, le abitudini e i comportamenti dei consumatori non sono però cambiati del tutto. La dimensione del problema emerge con grande rilievo dalla stessa indagine di ING, nel momento in cui il 96% degli europei ha dichiarato di aver gettato via almeno un rifiuto di plastica al giorno, mentre il 38% parla di tre o cinque rifiuti. Sul fronte individuale, si cerca però di migliorare questa situazione attraverso la raccolta differenziata, con gli italiani che, quando si tratta di separare sempre il materiale riciclabile, si aggiudicano il primo posto in Europa con un 92%, seguiti da Germania (87%) e Francia (83%). Fanalino di coda sono gli Stati Uniti, con solo il 53%.
Le 3 R dell’economia circolare
Ma non dimentichiamoci della terza R dell’economia circolare: oltre alla riduzione dei rifiuti e al riciclo, c’è anche il riutilizzo. Il 60% degli europei ha dichiarato che, nei prossimi tre anni, opterà per il riutilizzo degli oggetti piuttosto che per il loro smaltimento. Anche in questo contesto, gli italiani figurano tra i più virtuosi con il 64%, subito dietro a Turchia (70%), Spagna (69%) e Romania (66%) ma davanti a Francia (62%), Regno Unito (52%), Germania (49%) e Paesi Bassi (43%).
Nonostante le riparazioni siano sempre più difficili a causa della scomparsa di molti negozi specializzati e dell’interesse dei produttori nel vendere nuovi prodotti piuttosto che favorire la riparazione di quelli vecchi, circa il 32% degli europei è disposto a riparare mobili, elettrodomestici e dispositivi elettronici prima di buttarli. Questa situazione ha generato una reazione anche da parte della classe politica, con l’introduzione del diritto alla riparazione per contrastare quella che viene definita obsolescenza programmata, ovvero quando le tecniche di fabbricazione e i materiali favoriscono un invecchiamento precoce del prodotto e quindi la riparazione diventa molto difficile e costosa.