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Quale Pnrr per la Toscana? Occorre ripartire da sanità e servizi pubblici locali

De Girolamo (Cispel): «C’è bisogno del coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni, e la Toscana ha molte proposte pronte e realizzabili entro il 2026»

Di Alfredo De Girolamo

La scadenza per presentare il Pnrr a Bruxelles si avvicina, e uno dei nodi ancora da risolvere è l’accordo con le Regioni e i Comuni sugli investimenti in settori di competenza regionale o locale, da finanziare con il Recovery fund. Consapevoli che gli accordi si devono chiudere in questi giorni, al massimo nelle prossime due settimane.

Da un anno il sistema delle aziende pubbliche locali ha avanzato pacchetti di progetti coerenti con le raccomandazioni dell’Unione europea, cantierabili nei tempi previsti e che coinvolgono tutti i territori della Toscana. Ne sono esempi il pacchetto sulle opere strategiche del servizio idrico (invasi, connessioni, perdite di rete, riciclo) e quello economia circolare (digestori anerobici per produrre biometano, piattaforme di valorizzazione, adeguamenti impiantistici).

Due proposte che sembrano riconducibili ai capitoli della bozza di Pnrr in discussione che prevede proprio voci di spesa per l’economia circolare e la risorsa idrica. Non si capirebbe il motivo di una loro esclusione o non considerazione. Sarebbe invece un’occasione da cogliere per dare alla Toscana impianti necessari e strategici, oggi mancanti e che rendono la nostra regione debole e poco competitiva.

Abbiamo anche indicato la possibilità di finanziare con il Recovery fund un piano di costruzione di alloggi aggiuntivi Erp, almeno 20.000, mentre potremmo usare il bonus 110% per le ristrutturazioni e gli adeguamenti energetici. Stessa cosa per le infrastrutture culturali. Anche per queste due voci esistono nella bozza di Pnrr capitoli di spesa espliciti.

Per trasporto pubblico locale, efficienza energetica e fonti rinnovabili la bozza di Pnrr indica delle risorse, andrebbero solo ripartite per Regione (adeguamento flotte, infomobilità, geotermia, trazione elettrica, idrogeno), garantendo alla Toscana la sua quota di fondi europei.

Sono settori a competenza regionale e locale. Lo Stato non potrà definire progetti e sussidi per opere che vengono pianificate, autorizzate e realizzate a scala locale. C’è bisogno del coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni, e la Toscana ha molte proposte pronte e realizzabili entro il 2026.

La sensazione che fin dal Governo Conte si è avuta è invece quella di una gestione centralizzata dei 200 miliardi di Next Generation Eu per l’Italia. In questo senso vanno le proposte dei ministeri e delle grandi agenzie di spesa nazionali (Anas, Autostrade, Ferrovie, Enel, Eni, Autorità portuali, Esercito). Ma se il 65% della spesa deve riguardare la transizione ecologica, occorrerà finanziare anche progetti nei servizi pubblici locali, altrimenti la ricaduta sui territori di questa valanga di miliardi sarà minima e solo riconducibile ad infrastrutture nazionali. Una sensazione che il Governo Draghi non ha ancora sconfessato a circa un mese dalla scadenza della presentazione del Pnrr alla Commissione.

Né si potrà limitare il Governo a riconoscere alle città il cofinanziamento di singole “opere simbolo” (uno stadio) o di micro finanziamenti a pioggia (piste ciclabili). Occorre una scelta di sistema sulle infrastrutture a rete più importanti (acqua, riciclo, tpl, energia, edilizia sociale), i soli investimenti che vanno nel senso voluto dall’Europa: migliorare la competitività dei territori, promuovere una crescita economica duratura e sostenibile. Rafforzare un sistema di imprese che genera ricchezza, innovazione e occupazione stabile nei territori toscani. Il Pnrr non può essere un catalogo di progetti sparsi, deve dare risposte di sistema ai deficit infrastrutturali che bloccano la crescita italiana.

Sanità e servizi pubblici locali sono i settori su cui la Toscana insieme alle altre regioni deve battersi con il Governo. Altrimenti perderemo l’ultima occasione.

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