La Repubblica
Pnrr, Regioni e Comuni in rivolta sui costi “Ignorati dal governo”
Gli enti locali chiedono di aggiornare i prezzari e semplificare le procedure. Secondo uno studio di Intesa l’impatto sul Pil sarà inferiore di un terzo. A fine anno spesi fondi per soli 13-15 miliardi
DI ROSARIA AMATO
ROMA — Le Regioni chiedono aggiornamenti sui prezzi dei progetti del Pnrr perché altrimenti alle gare d’appalto non si presenterà più nessuno, i Comuni semplificazioni perché sennò comunque si blocca tutto. Soprattutto, chiedono di essere ascoltati dal governo, accusandolo, è il caso dei governatori, di essere stati ignorati.
Ma intanto i ritardi già accumulati dal Pnrr rinviano anche l’impatto positivo sulla crescita. E nel complesso, lo ridimensionano: si arriverà nel 2026 a un beneficio del 2,5% sullo scenario base, contro il 3,6% calcolato inizialmente dal governo e il 3,2% rivisto quest’anno, sulla base della contrazione della spesa per investimenti. E per il 2022 si incasserà solo un modesto +0,4% di impatto, quasi la metà dello 0,7 in cui si sperava fino ad aprile. È una proiezione di Intesa Sanpaolo e del Pnrr Lab della Sda Bocconi. Che peraltro nuovi ritardi rischiano di peggiorare ancora al ribasso.
Si basa infatti sulla previsione di una spesa di circa 21 miliardi per quest’anno, ma già alcune settimane fa il ministro degli Affari Europei e del Pnrr Raffaele Fitto aveva ammesso che quel traguardo era ormai irraggiungibile. E nell’ultimo monitoraggio, aggiornato al 5 dicembre, la previsione più realistica è di una spesa tra i 13 e i 15 miliardi. «Le nostre proiezioni si basano sull’ultima nota di aggiornamento al Def – spiega Luca Mezzomo, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – ci siamo limitati a prendere atto degli slittamenti dei flussi di spesa previsti dal governo, mentre non abbiamo tenuto conto dell’impatto delle riforme. Una scansione ancora troppo ottimistica, e non solo per il 2022. Anche per il 2023sarà difficile che si arrivi a 40 miliardi di spesa per investimenti». E probabilmente, ragiona l’analista, non sarebbe neanche opportuno arrivarci, considerati i livelli record dei costi dei materiali, aumentati fino al 170% rispetto al 2019.
Rivedere i progetti è quello che chiede il governo. Da Bruxelles c’è apertura, ha ribadito ieri il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni, ma solo sugli investimenti oggettivamente non più realizzabili, in nessun caso sulle riforme: «Le correzioni vanno fatte in corsa e quindi invito tutti a pigiare sull’accelerazione », ha raccomandato.
Ma per gli enti locali la questione è un’altra: «Invece che cambiare il Pnrr, – spiega il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini – chiedo che si chiamino gli enti locali per discutere del come modificare i prezzari. Abbiamo cantieri aperti che si fermano. Rischiamo che le prossime gare per gli investimenti miliardari sul Pnrr non vengano nemmeno validate », per la mancata partecipazione delle imprese.
C’è poi una questione di procedure farraginose: «La semplificazione in fase di autorizzazione è il problema serio, fondamentale – rileva il presidente dell’Anci Antonio Decaro –. Serve semplificare, altrimenti una buona parte di quelle risorse non le riusciremo ad utilizzare». E servono assunzioni a tempo indeterminato, aggiunge Decaro, «altrimenti un ingegnere non viene a lavorare per un Comune ».
Mentre Massimiliano Fedriga, governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia e presidente della Conferenza Regioni, chiede un maggiore coinvolgimento: «Il ruolo delle regioni nel Pnrr è stato praticamente inesistente», denuncia.