Il Sole 24 Ore
RICONVERSIONI
L’azienda chiuderà l’anno in crescita di circa il 7% toccando i 300 milioni
Silvia Pieraccini
Lucca
L’idea è maturata in marzo, durante la fase più difficile della pandemia: adattare le macchine per la produzione di rotoli di carta igienica – comparto in cui la lucchese Fabio Perini, parte del gruppo tedesco Koerber, è leader mondiale – alla produzione di mascherine in tessuto-non-tessuto, anche a base di bambù e dunque compostabili con i rifiuti organici.
La tecnologia (brevettata) partorisce un rotolo da cui si strappano, all’atto dell’utilizzo, le singole mascherine che non hanno elastici ma tagli per le orecchie, e sono consigliate per un uso veloce, temporaneo – al supermercato, all’aeroporto, alla stazione della metropolitana – pur avendo la stessa funzione e dando la stessa protezione di quelle chirurgiche non certificate.
«È un articolo interessante per la tecnologia e per il costo di produzione, che si aggira sui 5 centesimi – spiega Oswaldo Cruz, ceo di Fabio Perini e della business area Koerber Tissue -. Una macchina per la carta igienica, così modificata, può produrre tra diecimila e quindicimila mascherine al minuto, contro le 500-600 al minuto che può fare una macchina specifica per mascherine ‘stampate’. In pratica con questa innovazione tecnologica si è in grado di rifornire un intero Paese con una protezione a basso costo».
Per questo la Fabio Perini sta proponendo ai propri clienti (cioè le aziende del tissue che producono carta igienica, tovaglioli e fazzoletti) questa modifica (meccanica e di software) riservandosi una royalty sulle mascherine da essi prodotte, con una formula che assomiglia alla licenza di produzione e distribuzione. “Abbiamo fatto il primo accordo con un cliente americano che lancerà le mascherine a fine agosto – aggiunge Cruz – il vantaggio di questa soluzione è che in pochi minuti la stessa macchina può cambiare prodotto, passando dalla carta igienica alle mascherine». Anche la casa madre tedesca Koerber è interessata al brevetto, con cui il gruppo punta a penetrare il mercato forte di un portafoglio clienti che comprende i più grandi produttori mondiali di tissue.
Un mercato, quello della carta per uso igienico-sanitario, che non si è mai fermato durante la pandemia e, anzi, ha incrementato le vendite ai consumatori finali spinte dal Covid, trainando anche i produttori di macchine per la carta. Tanto che Fabio Perini prevede di chiudere l’anno in crescita di circa il 7%, toccando i 300 milioni di euro di fatturato (erano 280 nel 2019) con un margine operativo lordo del 9-10% e 1.170 addetti di cui 585 negli stabilimenti di Lucca e Bologna e gli altri in Nord America, Brasile e Cina.
Lo stabilimento di Bologna
A Bologna si è conclusa da poco la ristrutturazione dello stabilimento che produce macchine per packaging: dopo il confronto con sindacati e Regione Emilia-Romagna (che ha messo sul piatto incentivi per la ricerca), Fabio Perini ha accantonato il trasferimento a Lucca ridimensionando gli addetti (da 118 a 75) e mantenendo lì l’alta tecnologia e la ricerca e sviluppo.
Ora i produttori di macchine per la carta sperano nella ripresa dei consumi di tissue anche da parte del segmento professionale (il cosiddetto away from home: alberghi, ristoranti, aziende), che ha subìto un duro colpo dalla pandemia. E sperano di poter ricominciare a mandare i propri tecnici in giro per il mondo per installare e manutenere le linee produttive. «Mi preoccupa la seconda parte dell’anno perché abbiamo spedito tante macchine in Indonesia, Canada, Turchia, Brasile – conclude Cruz – che ora devono essere installate: i nostri tecnici devono viaggiare ma molti voli verso Usa, Russia, Asia sono ancora chiusi e rischiamo di avere difficoltà, anche se molte cose le stiamo facendo da remoto. Per fortuna in molti Paesi abbiamo una nostra organizzazione, auguriamoci solo che non arrivi un’altra ondata del virus».