Il Tirreno
L’allarme inquinamento da Ispra che chiede di intervenire «in tempi certi e il più presto possibile»
Recupero fermato dalla burocrazia
Manolo Morandini/Piombino
Non c’è più tempo. Restano 50 giorni al commissario straordinario del Governo per il recupero e lo smaltimento delle ecoballe disperse in mare il 23 luglio 2015 nelle acque del golfo di Follonica, a due passi dall’isolotto di Cerboli, dal cargo Ivy. La nomina del contrammiraglio Aurelio Caligiore, capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto (Ram), arriva alla scadenza naturale di un anno. È in carica dal 25 giugno 2019. Lo Stato, ai vari livelli, dà prova di non riuscire a decidere. La misura dell’inadeguatezza è la delibera l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). Il 4 dicembre 2019 l’Authority apre un procedimento per potenziale conflitto di interessi. Si contesta l’incompatibilità della nomina di Caligiore a commissario straordinario del governo con il ruolo di capo del Ram, struttura specialistica che è incardinata presso il ministero dell’Ambiente. Il 22 aprile, con il paravento dell’emergenza sanitaria, si decide di non decidere. La soluzione del caso è rinviata al 31 luglio. Ovvero, oltre un mese dalla naturale decadenza dall’incarico. Al di là delle carte l’emergenza reclama una soluzione che non è più rinviabile anche al netto dell’indolenza della politica, che salvo sporadiche uscite, sembra disinteressarsi da sempre della questione. Non ci gira intorno l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in un documento di alcuni giorni fa. “L’Istituto si è espresso unanimemente circa l’indifferibilità della messa in opera di ogni azione che possa contribuire al recupero dei materiali dispersi, in tempi certi e il più presto possibile, pena un costante aggravio dell’inquinamento in atto”. Una sottolineatura di quanto evidenziato nel provvedimento di nomina di Caligiore a giungo dello scorso anno, in cui si evidenzia, sulla scorta del monitoraggio dei tecnici Arpat, che gli imballaggi si “stanno progressivamente trasformando in spazzatura marina”. Il tempo per trovare una soluzione ci sarebbe, ma in questi mesi la burocrazia e i poteri dello Stato sembrano essersi avvitati su se stessi. Dalla matassa ingarbugliata generata da una nomina fatta con decreto del Presidente della repubblica anziché, come in altri casi, con delibera della presidenza del Consiglio dei ministri – in questa forma mai è stata contestata dall’Agcm – non se ne esce. Dopo cinque anni, e un difficile avvio delle operazioni di ricerca in mare, tutto si ferma. Il recupero dei 63mila chili di plastiche eterogenee compresse in 56 ecoballe di Css, ovvero combustibile solido secondario da avviare all’incenerimento, non s’ha da fare. Ne restano 41 di ecoballe a -50 metri di profondità in prossimità di Cerboli, al netto di quelle spiaggiate o portate a riva perché finite nel sacco delle reti di pescherecci. Cadono nel vuoto le iniziative istituzionali di Regione e Comune di Piombino. Lo Stato, ai vari livelli, dà prova di non riuscire a decidere. La prevenzione sarebbe ancora possibile, nonostante tutto, ma è un orizzonte su cui non si muove un passo. «Di fatto, malgrado la mia tenacia, non riesco ad andare avanti», ha detto al Tirreno il contrammiraglio Caligiore. L’ultimo appello è per oggi a Roma. Nelle stanze del ministero dell’Ambiente sono convocati Regione Toscana, ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre alla componente tecnico-scientifica, Ispra e Arpat. L’obiettivo del commissario straordinario è di «individuare una soluzione possibile con l’urgenza e con le necessarie deroghe rispetto alla contabilità ordinaria che la straordinarietà del caso impone». Tornano a reclamare una soluzione il sindaco di Piombino Francesco Ferrari e il suo assessore all’Ambiente Carla Bezzini. «Non possiamo permettere che un problema burocratico intralci le operazioni di recupero delle ecoballe, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare in termini ambientali e turistici», sottolineano. E proseguono: «Il problema sembra essere un intralcio burocratico» sulla nomina di Caligiore. Ferrari e Bezzini rilevano che «il commissario in questi pochi mesi aveva già terminato il lavoro di localizzazione ed era prossimo alla pubblicazione del bando per la procedura di recupero, prevedendone la conclusione prima della stagione estiva: un lavoro complesso portato a termine in pochi mesi. Mentre la burocrazia inchioda questo procedimento così importante per il nostro territorio, quelle tonnellate di plastica giacciono sul fondo del mare a decomporsi: già alcune sono rimaste impigliate nelle reti dei pescatori o sono state spinte a riva dalle mareggiate. Ogni volta, queste microplastiche eterogenee hanno disegnato un’inquietante striscia colorata sulla spiaggia, per decine e decine di metri, lasciando presagire il disastro ambientale che deriverebbe dalla rottura di una sola di queste balle. I ripetuti appelli abbiamo rivolto alle massime autorità non hanno avuto risposta, ma l’inesorabile processo di decomposizione di quel materiale inquinante non concede altro tempo».