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Nuovo piano rifiuti senza inceneritori ma quattro impianti modello Giappone

La Repubblica – Firenze

Nuovo piano rifiuti senza inceneritori ma quattro impianti modello Giappone

Anticipazioni sulla rivoluzione della Regione per lo smaltimento Un avviso per soggetti pubblici e privati per localizzare le strutture

di Ernesto Ferrara 

Tre, forse quattro nuovi impianti per smaltire intorno a 400 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani l’anno. Niente inceneritori però: quelli sono definitivamente accantonati, come promise Giani. Verosimilmente i nuovi saranno stabilimenti per il trattamento del “Css”, un combustibile che si recupera dagli indifferenziati con una tecnologia in uso tra l’altro in Giappone. La spazzatura verrà prima trattata e trasformata in rifiuto speciale, il ” Css” appunto, quindi smaltita da impianti a ridotta emissione di Co2 in grado di produrre con processi ad ad alta temperatura metanolo, idrogeno e perline di vetro come scarto, tutti prodotti vendibili sul mercato. Quel che è più importante però è che non sarà la Regione a dire dove fare queste strutture. La bozza del piano dei rifiuti a cui sta lavorando l’assessora toscana all’ambiente Monia Monni non prevede localizzazioni. A settembre sarà pubblicato un ” avviso pubblico verde” che resterà aperto per 3 mesi. Un bando aperto a gestori pubblici e privati dei rifiuti per chiedere chi voglia realizzare impianti e quali, in base al mercato. Saranno loro, eventualmente d’intesa con i Comuni, a farsi avanti, quindi la Regione recepirà le disponibilità. Con due possibilità: le proposte di impianti per i rifiuti urbani saranno messe dentro il piano regionale, che Monni vorrebbe fosse approvato entro inizi 2023; le proposte di impianti per il trattamento di rifiuti speciali derivati dagli urbani ( Css), fuori piano. E il dove farli non lo decide la Regione. Si sa già che Alia potrebbe proporre un impianto simile da 130 mila tonnellate a Montale, al posto del vecchio inceneritore. Anche altri soggetti hanno proposte. È una rivoluzione di metodo. E una grossa sfida già lanciata.

Sarà così centrato l’obiettivo dell’autosufficienza regionale? Riuscirà questo territorio, che ancora oggi conferisce il 34% dei rifiuti urbani prodotti in discarica, ad arrivare alla chiusura degli immondezzai? Anche la raccolta differenziata è cresciuta ma non certo come imporrebbe l’Europa: siamo al 60% e non al 70% previsto 7 anni fa. E c’è da dire che la Ue entro il 2035 fissa come quote il 65% di riciclo, il 25% di recupero energetico e massimo il 10% in discarica. In uno scenario tesissimo, dove emergenze private e politiche pubbliche si incrociano e si scontrano, tra inchieste giudiziarie, rivolte sui territori e bollette che lievitano, la Regione ora ci prova. La giunta Rossi non è mai arrivata al dunque. Giani cambia modello. Stop imposizioni tipo Case Passerini o Stagno a Livorno. Monni ha diviso il settore in due. Dei rifiuti urbani si occupa il piano. Di quelli speciali invece 11 differenti tavoli già aperti coi distretti produttivi: conciario, pelletteria, marmo, oro, tessile, carta. Su quest’ultimo una svolta potrebbe essere vicina: l’ipotesi di un pirogassificatore per smaltire il pulper alla Kme di Fornaci di Barga sta per essere formalmente accantonata per incompatibilità ambientale e Confindustria Toscana nord ora studia un impianto a spese degli imprenditori nel distretto cartario lucchese. Per tutti questi settori, che poi producono il 75% dei rifiuti toscani, 7 milioni di tonnellate l’anno, il modello è lo stesso: regia pubblica, impegno dei privati a fare gli impianti. Sui rifiuti urbani no, pianifica la Regione. Entro luglio Monni porterà in Consiglio regionale il primo step, il dossier di monitoraggio. Dirà che la Toscana oggi su 2,2 milioni di rifiuti urbani fa il 47% di riciclo, il 34% lo porta in discarica e il 12% in inceneritori (Montale e Livorno, in chiusura). Stabilirà in circa 400 mila tonnellate anno la quota da portare a recupero e non più a smaltimento. Come? stop alle nuove discariche: quelle esistenti, come Peccioli, potranno essere ampliate in maniera provvisoria. Poi, a privati o spa pubbliche l’onere di proporre impianti per riciclo e recupero partecipando all’avviso. Di che tipo? La Regione ipotizza di inserire alcune di queste strutture nel piano individuando anche le location: quelle per il compostaggio ( ce ne sono 6 già autorizzate, da Grosseto a Rosignano), le nuove ” officine del riciclo” ( tipo Revet) per materiali come vetro o carta, nuovi impianti di riciclo ad hoc ( pannolini, elettrodomestici) e nuove cosiddette ” fabbriche dei materiali”. Queste ultime sarebbero opifici per produrre il “Css” dalla spazzatura non riciclabile. Ma per smaltirlo poi il Css, che è un rifiuto speciale, niente location imposta dall’alto: qui sta la svolta. La Regione sonderà il mercato per tentare di non collocare più i rifiuti in impianti di smaltimento, ma favorendo riciclo e recupero di rifiuti speciali provenienti dagli urbani ( Css). Questi impianti saranno fuori dal piano e il dove collocarli lo suggerirano i proponenti. Chi vorrà realizzarli avrà i paletti regionali: tecnologie green e aree già urbanisticamente idonee. Ergo, saranno privilegiati i vecchi impianti esistenti.

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