Il Sole 24 Ore
Acciaio, in 12 siti la plastica sta sostituendo il carbone
Da Feralpi a Danieli, da Alfa Acciai a Pittini sostituzione del polverino di carbone
L’Italia è prima al mondo nell’utilizzo di polimeri da riciclo come additivo
Jacopo Giliberto
Chi non sa rinunciare all’abuso dell’inglese usa la locuzione win-win, in cui tutti vincono e non c’è alcuno sconfitto. Ecco un caso di win-win.
Nasce in Italia l’acciaio che si produce senza usare come additivo il carbone: come “riducente” al suo posto si usano polimeri da riciclo, ottenuti lavorando quella parte di plastiche irriciclabili che restano dopo la raccolta differenziata fatta dai cittadini e che avanzano dopo la selezione accurata che destina al riciclo le plastiche migliori. Restano plastiche miste senza futuro, 500mila tonnellate l’anno che troppo spesso finiscono rovesciate nell’eternità delle discariche.
Con questo polimero al posto del carbone le emissioni di anidride carbonica delle acciaierie sono tagliate drasticamente di un terzo, scendono anche gli altri inquinanti sviluppati dal processo, si usa meno elettricità, si asciugano i costi di produzione dell’acciaio; nel frattempo si risolve il problema dei rifiuti di plastica non riciclabili. E si è scoperto che il prodotto sostitutivo del carbone non ne è un ripiego che suscita amarcord e rimpianti: la plastica ha prestazioni industriali perfino migliori del carbone originale. Appunto, win-win.
Una dozzina di acciaierie italiane, prime al mondo nell’acciaio da forno elettrico insieme con l’altoforno dell’austriaca della Voest Alpine di Linz, stanno rinunciando con vari gradi di sperimentazione al polverino di carbone, un riducente che serve nel processo di produzione dell’acciaio. Al suo posto, fanno ricorso al polverino di plastica prodotto dalla I.Blu, azienda veneta del gruppo Iren.
Nell’acciaieria bresciana Feralpi di Lonato guidata da Giuseppe Pasini, prima in Italia ad anticipare il percorso seguito anche dagli altri impianti suderurgici italiani, ora non si usa più del tutto il carbone e la sostituzione è integrale. Nelle altre acciaierie italiane il processo di sostituzione è in corso in modo più graduale; tra la dozzina di sperimentatori ci sono per esempio i gruppi siderurgici Alfa Acciai, Danieli (negli impianti Bertoli Safau), Pittini.
In altre parole, dalla sperimentazione si passa all’uso industriale da estendere anche all’estero. Ecco come. Lunedì prossimo l’Iren e l’I.Blu inaugureranno a San Giorgio di Nogaro (Udine) il secondo stabilimento di produzione, 70mila tonnellate l’anno, mentre l’impianto storico di Costa di Rovigo da 42mila tonnellate (20mila delle quali andavano nell’acciaieria di Linz) passerà a 60mila tonnellate. A titolo di confronto, un’acciaieria media italiana divora 6mila tonnellate l’anno di polvere di plastica. Il prodotto nuovo e brevettato in tutta Europa si chiama Bluair.
È il primo caso ma non è un caso unico. Unica invece è l’Italia, che è capofila nel mondo; il progetto promosso dal consorzio nazionale di riciclo della plastica Corepla sta diventando Bat, cioè una best available technology che viene adottata come standard internazionale. La Maire Tecnimont sta studiando tecnologie di decarbonizzazione della siderurgia attraverso l’estrazione di materie prime dalla plastica irriciclabile, mentre a Taranto le società Unità di Misura e Montana hanno chiesto l’autorizzazione per realizzare un impianto di lavorazione di plastiche usate da destinare in sostituzione del carbone nell’altoforno dell’acciaieria di Taranto.
Qualche commento. Roberto Conte, amministratore delegato di I.Blu e responsabile degli impianti di economia circolare di Iren Ambiente: «Il polimero Bluair è una materia prima seconda circolare che non solo sostituisce quella dell’economia lineare, cioè il polverino di carbone in qualità di agente riducente, ma che migliora le performance ambientali dell’industria siderurgica».
Gianni Vittorio Armani, amministratore delegato dell’Iren: fra le soluzioni per decarbonizzare l’acciaio questa è «attualmente l’unica immediatamente disponibile».
Giuseppe Pasini, l’industriale dell’acciaio che per primo in Italia ha adottato questo prodotto, «L’elettrosiderurgia italiana, che usa come materia prima 20milioni di tonnellate di rottame ferroso, dà una nuova anima a materiali a fine vita».