Greenreport
L’industria toscana può rinascere dai rifiuti, coi Distretti circolari verdi di NextChem
Folgiero: «Comunicazione e processi decisionali condivisi sono di fondamentale importanza, il momento storico è unico e dobbiamo far capire qual è il valore di un impianto con basse emissioni di CO2»
Di Luca Aterini
Puntare sull’innovazione per chiudere il ciclo della gestione rifiuti e dare al contempo nuova vita ai siti industriali toscani in difficoltà, magari perché legati a un insostenibile passato alimentato dai combustibili fossili. È questo il cuore della proposta presentata oggi da NextChem – la controllata della multinazionale italiana Maire Tecnimont – in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
«Quella dell’economia circolare è una transizione chiave, che ci permette di fare meglio quello che già facevano i nostri genitori, ovvero non sprecare niente – esordisce Marco Frey, coordinatore del Laboratorio sulla sostenibilità della Sant’Anna – Una transizione che richiede il contributo di istituzioni, cittadini-consumatori e imprese, come NextChem, che si propongono come protagoniste».
Una transizione che in Toscana potrebbero trovare terreno particolarmente fertile, viste le esigenze insoddisfatte sul territorio in termini sia di gestione rifiuti sia di industrializzazione sostenibile. Ogni anno in regione si generano infatti 2,28 mln di ton di rifiuti urbani, cui si aggiungono almeno altre 10,1 mln di ton rifiuti speciali; rifiuti che in larga parte non sappiamo come gestire, con forti difficoltà in particolare sulle frazioni non riciclabili, che in larga parte gettiamo in discarica o esportiamo fuori confine.
Anche i siti brownfield, ovvero aree industriali in declino o abbandonate e sovente inquinate, abbondano; basti guardare ai Sin ancora da bonificare, che occupano una superficie pari a oltre 1.680 campi da calcio. Aree in difficoltà, eppure preziose: qui vivono ancora porti, poli logistici, competenze industriali da poter recuperare. Per un’economia davvero circolare che sappia non solo dare nuovo valore ai rifiuti, ma in primis alle persone, superando quell’indifferenza insita nella “cultura dello scarto” come la chiama Papa Francesco.
«La presenza di industrie storiche da riconvertire e l’infrastruttura logistica esistente suggeriscono l’individuazione di soluzioni che possono portare la Toscana all’avanguardia nella transizione ecologica e al contempo rispondere ad esigenze di tutela e sviluppo occupazionale», spiega nel merito Fabrizio Di Amato, presidente del gruppo Maire Tecnimont.
Il Distretto circolare verde proposto da NextChem (con 12 progetti in studio su 9 regioni, Toscana compresa) può includere diverse tecnologie per realizzare prodotti della chimica verde, a partire da metanolo e idrogeno. Al cuore del Distretto c’è il riciclo chimico, ovvero una soluzione tecnologica che permette di spezzare la struttura chimica dei rifiuti non riciclabili per ottenere molecole più piccole, re-impiegabili come elementi di partenza per nuovi prodotti o carburanti sostenibili.
Anche in quei rifiuti che oggi non riusciamo a riciclare meccanicamente abbondano infatti carbonio, idrogeno e ossigeno – gli stessi elementi che compongono oltre il 90% del corpo umano –, che attraverso il riciclo chimico è possibile estrarre e riutilizzare in nuovi cicli produttivi.
«La tecnologia di conversione chimica per la produzione di molecole circolari è un’innovazione di NextChem che si basa su processi consolidati – argomenta Pierroberto Folgiero, ceo di Maire Tecnimont e NextChem – È una soluzione che contribuisce sia alla riduzione dello smaltimento dei rifiuti in discarica e sia alla decarbonizzazione dell’industria e dei trasporti».
Avremmo ad esempio la possibilità di produrre direttamente in Toscana carburanti avanzati a basse emissioni, e metterli a disposizione disponibili per poli logistici e portuali, o realizzare un’hydrogen valley a supporto dell’industria e della mobilità per i cittadini.
Queste le potenzialità, mentre le criticità per trasformare l’innovazione in industria restano quelle storiche: il profilo autorizzativo – con le varie ondate di “semplificazioni” che ancora non sono riuscite a snellire l’iter di permitting – e quello del consenso sociale, minato da anni di giustificata sfiducia verso istituzioni e imprese.
Per quanto riguarda il permitting, in Toscana si sta aprendo una finestra unica nella gestione rifiuti: la Regione ha annunciato che entro metà ottobre bandirà un avviso per chiedere alle imprese che hanno soluzioni tecnologiche innovative di farsi avanti, e NextChem appare come una candidata naturale.
E sul fronte del consenso sociale? L’unica strada percorribile, e non solo per NextChem, passa dalla trasparenza e dalla condivisione dei benefici socioeconomici (e non solo ambientali) col territorio.
«Per arrivare a rifiuti zero a smaltimento occorre fare mille impianti di riciclo – commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, intervenuto a conclusione dell’evento – Dobbiamo evitare che il Paese entri in una guerra civile a causa di sindromi Nimby e Nimto contro le decine di migliaia di infrastrutture che dovremo costruire col Pnrr e non solo; occorre dunque aprire una grande stagione di partecipazione per coinvolgere i cittadini, e spiegargli perché questi impianti sono utili per la transizione ecologica».
Quello posto da Ciafani rappresenta un tema che è stato ricorrente tra gli interventi che hanno affollato la tavola rotonda conclusiva, e che NextChem sembra prendere sul serio proprio a partire dal partecipato convegno pubblico che ha segnato oggi la presentazione della tecnologia in Toscana. «Comunicazione e processi decisionali condivisi sono di fondamentale importanza, il momento storico è unico e dobbiamo far capire qual è il valore di un impianto con basse emissioni di CO2», conclude Folgiero. E per saperne di più, c’è già un sito dedicato: https://www.distrettocircolareverde.it/.