Corriere della Sera
La direttiva Ue
L’Europa mette al bando piatti e bicchieri usa e getta L’Italia (per ora) resta ferma e punta a un ripensamento
Rita Querzè
Da ieri, 3 luglio, è entrata in vigore la direttiva europea che mette al bando piatti e posate usa e getta. Un
bene per l’ambiente. Ma la sostenibilità ha almeno due facce. Quella ambientale ci guadagna, quella sociale
ci perde, soprattutto nel nostro Paese, leader nel settore dell’usa e getta con il 60% del mercato europeo.
Al momento le imprese del settore sono una sorta di limbo. Per il recepimento della direttiva in Italia si parla
del mese di ottobre. Fino ad allora di fatto le nuove regole non entreranno in vigore nel nostro Paese. Intanto
una trattativa è in corso tra il nostro ministero della Transizione ecologica, guidato da Stefano Cingolani, e
l’Unione europea. Obiettivo: ottenere modifiche alle linee guida attuative della direttiva stessa.
Il 14 giugno Cingolani ha mostrato ottimismo, dicendo che «l’accordo con Bruxelles è già trovato». Ma il
merito del confronto è complesso. La direttiva Ue vieta l’uso di tutte le stoviglie monouso, siano esse fatte
con plastica, bioplastiche e carta plastificata. Non a caso si chiama SUP (Single Use Plastic): il suo obiettivo
è ridurre drasticamente l’utilizzo stoviglie usa e getta, indipendentemente dal materiale, per limitare quel
genere di rifiuti che spesso finiscono nel mare e si aggregano fino a formare isole galleggianti vaste come
interi Stati.
L’Italia sperava che si salvassero almeno i produttori di piatti e bicchieri monouso fatti con bioplastiche
biodegradabili e compostabili. Da notare: con 280 aziende, 2.780 addetti e un fatturato annuo di 815 milioni
di euro, l’Italia è il leader europeo delle bioplastiche. Non è andata così. Perché l’Unione europea sottolinea
come anche queste bioplastiche siano sì biodegradabili e compostabili, ma solo all’interno di impianti
adeguati. Ma al momento non esiste una raccolta differenziata delle bioplastiche, che abbandonate
nell’ambiente, hanno tempi di smaltimento più brevi della plastica ma comunque rilevanti. Il paradosso,
insomma, è che la plastica è più inquinante ma anche più facilmente riciclabile mentre per la bioplastica non
c’è un sistema di riciclo.
Al momento l’Europa potrebbe aprire a una modifica delle linee guida attuative per quanto riguarda le
stoviglie usa e getta in carta plastificata, con una quota di plastica sotto il 10%. Più difficile strappare qualche
deroga e agevolazione sulle bioplastiche. Anche perché su questo fronte, essendo l’Italia l’unica grande
produttrice, non abbiamo Paesi alleati. Fin qui il merito della questione. Per quanto riguarda il metodo,
l’unica via d’uscita è legata alla modifica delle linee guida attuative per tutti i Paesi Ue. Senza la modifica, se
l’Italia recepisse la direttiva vietando solo i prodotti usa e getta in plastica e non quelli in bioplastiche si
esporrebbe a una procedura di infrazione.
Tornando alle imprese del settore, alcune stanno riconvertendo la produzione puntando su piatti e bicchieri
sempre in plastica ma non più usa e getta, quindi spessi e lavabili in lavastoviglie. Altri stanno passando alla
produzione di imballaggi. Dal canto suo Unionplast, l’associazione delle imprese del settore, spera in
deroghe all’applicazione della direttiva per i cosiddetti «circuiti confinati», gli ambiti ristretti come le mense
dove i prodotti monouso possono essere subito riciclati.