Il Sole 24 Ore
Misurare l’impatto dei modelli innovativi per garantirne lo sviluppo
Laura Serafini
Il Green Deal europeo ha rilanciato l’economia circolare come una delle dorsali sulle quali costruire lo sviluppo in Europa. Se ne parla tanto, ma tradurre in pratica su scala europea un modello di crescita che sprechi e inquini di meno e riutilizzi di più è una sfida ardua. Quanto ardua, ma al contempo anche quante prospettive schiuda, lo rivela «Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare», uno studio realizzato da Fondazione Enel e The European House Ambrosetti che verrà presentato oggi a Cernobbio. Lo studio mette a confronto per la prima volta il livello di avanzamento nei vari paesi dell’Unione e, utilizzando un nuovo modello econometrico, misura i potenziali effetti dell’economia circolare sul Pil e sui posti di lavoro. L’analisi, condotta su un arco temporale di 5 anni e focalizzata in particolare sui paesi nei quali è più forte la presenza del gruppo Enel, evidenzia che Italia e Spagna hanno un livello di sviluppo medio-alto, mentre la Romania si colloca agli ultimi posti della classifica; quest’ultimo paese però ha mostrato un miglioramento molto consistente nell’ultimo quinquennio, mentre Italia e Spagna si sono mosse più lentamente.
Lo studio rivela inoltre come nel 2018 l’economia circolare sia correlata a 300-380 miliardi di euro di Pil in Europa, di cui 27-29 miliardi in Italia, 10-12 miliardi di euro in Romania e 33-35 miliardi di euro in Spagna. Allo stesso tempo, essa è legata a circa 200 mila posti di lavoro in Italia, 20 mila in Romania, 350 mila in Spagna e fino a 2,5 milioni in Europa. L’impatto sugli investimenti è stato di 8-9 miliardi di euro in Italia, 1-2 miliardi di euro in Romania, 9-11 miliardi di euro in Spagna e un impatto complessivo di 90-110 miliardi di euro nell’Unione Europea nel 2018. Da un’indagine che ha coinvolto 300 business leader europei sulla necessità di sostenere modelli circolari nelle aziende emerge che il 95% del campione considera l’economia circolare una scelta strategica per la propria azienda. È considerata uno strumento per conquistare un vantaggio competitivo in termini di diversificazione, ampliamento del mercato e riduzione dei costi. Anche se poi la maggior parte dei business leader europei ritiene che il proprio Paese non sia pronto per affrontare la sfida dell’economia circolare; l’incertezza circa la creazione di valore (43,6% delle risposte) e la mancanza di competenze (35,9%) sono i motivi più frequenti ai quali si attribuisce la difficoltà delle sua diffusione.
«L’adozione su larga scala dell’economia circolare richiede uno sforzo coordinato, volto a re-immaginare e riconfigurare, in ottica circolare, molti se non addirittura tutti gli schemi produttivi e i modelli di business- ha osservato dichiara Francesco Venturini, Ceo di Enel X – La poca chiarezza su cosa significhi essere circolari e, di conseguenza, l’assenza di strumenti adeguati a misurare e monitorarla erano due dei principali ostacoli alla transizione circolare. Questo studio permette di muoversi verso una visione e una strategia chiara, con obiettivi misurabili». Per Francesco Starace, ad di Enel, «la crescente penetrazione delle fonti rinnovabili, unitamente al maggiore ricorso al vettore elettrico nei consumi finali, è in grado di amplificare le opportunità derivanti dall’Economia circolare e rappresenta il modo più efficiente per decarbonizzare l’economia e la società in cui viviamo».