Il Sole 24 Ore
Le materie prime ai massimi spingono lo sviluppo del biogas
Agroenergie. L’obiettivo del Pnrr è arrivare a una produzione di biometano per 4 miliardi di metri cubi entro il 2026, per poi toccare i 6 miliardi nel 2030: circa il 10% del consumo totale di gas naturale
Giorgio dell’Orefice
Non sono pochi quelli che sottolineano nella transizione ecologica ormai in atto l’eccessiva enfasi data alla sostenibilità ambientale rispetto a quella economica. Ma prima ancora degli uomini e dei piani dei governi, ci sta pensando la congiuntura a rimettere le cose a posto.
La robusta fiammata delle materie prime e dei costi energetici in atto sui mercati internazionali da qualche settimana sta ad esempio cambiando la prospettiva con la quale guardare all’universo delle agroenergie. Un tema sollevato nei giorni scorsi da Confagricoltura.
«L’aumento dei costi dell’energia, degli imballaggi e delle materie prime – ha sottolineato Confagricoltura – rischia di riversarsi poi sui prezzi al consumo finendo per bloccare la ripresa in atto. Uno scenario che l’Italia non può permettersi. L’Italia – hanno aggiunto dall’organizzazione guidata da Massimiliano Giansanti – sconta un forte deficit energetico, importiamo il 73,4% dell’energia consumata con valori del 93% per il solo gas, con le rinnovabili che arrivano solo al 20% del fabbisogno. Bisogna tendere all’autosufficienza valorizzando il settore agricolo nel suo ruolo di produttore di energia verde. Una grande opportunità è soprattutto il biometano che può contribuire alla transizione energetica e alla decarbonizzazione, tagliando le importazioni di metano e utilizzando la rete gas come vettore di energia rinnovabile».
Le nuove condizioni imposte dalla congiuntura internazionale stanno quindi ponendo le basi per un rapido cambio di paradigma nel quale la produzione di energia rinnovabile non sia più solo una necessità legata alla transizione ecologica, ma anche un fattore di competitività per il sistema Paese. E in quest’ottica una delle frontiere più avanzate è la filiera del biogas/biometano.
La produzione di biogas si avvale di tecnologie all’avanguardia ma riproduce un meccanismo che da sempre esiste in natura nei ruminanti: la digestione anaerobica. All’interno di grandi contenitori vengono introdotte matrici organiche, effluenti zootecnici e sottoprodotti dell’allevamento ma anche agroindustriali. Questi materiali riscaldati e miscelati in una condizione anaerobica cioè senza ossigeno attraverso l’azione batterica danno origine al biogas. Il biogas viene poi convogliato e destinato alla produzione elettrica rinnovabile oppure depurato dall’anidride carbonica diventa biometano che, immesso nella rete del gas naturale, viene utilizzato prevalentemente nel settore dei trasporti (pesanti su strada o marittimi). «Un settore nel quale l’Italia per una volta può mettere in campo un importante vantaggio infrastrutturale – spiega il presidente del Consorzio italiano Biogas (Cib), Piero Gattoni – abbiamo una rete capillare di trasporto e distribuzione del gas naturale e depositi per lo stoccaggio di 12 miliardi di metri cubi sui 64 del consumo totale annuo. L’obiettivo del Pnrr è di arrivare a una produzione di biogas/biometano di 4 miliardi di metri cubi entro il 2026 per poi toccare i 6 miliardi nel 2030. Circa il 10% del consumo totale di gas naturale».
Rafforzare la produzione di biometano consentirebbe inoltre di raggiungere più obiettivi contemporaneamente. Poter contare su una quota di gas rinnovabile – spiegano ancora al Cib – renderà meno oneroso per i settori acciaio, ceramica e carta (settori energivori e di difficile decarbonizzazione) ridurre le emissioni e quindi i costi della loro transizione ecologica. Il biometano è multivalente: consente di tagliare le emissioni in agricoltura, riduce il costo della transizione per i settori più energivori e grazie all’elevata capacità di stoccaggio può compensare i limiti produttivi delle rinnovabili non programmabili (fotovoltaico ed eolico). Dal rafforzamento della produzione di biogas e biometano discendono almeno altri due importanti opportunità.
«La filiera – aggiunge Gattoni – finora si è sviluppata soprattutto nelle regioni del Nord dove sono più presenti gli allevamenti. Ma nel Pnrr sono previsti incentivi per rafforzare gli impianti anche al Centro Sud favorendo l’economia circolare anche in altri comparti dell’agroindustria». Un altro problema emerso con la recente fiammata dei listini delle materie prime è poi il boom dei prezzi dei fertilizzanti tanto che alcune imprese estere produttrici hanno ridotto o sospeso la produzione. «E qui c’è l’altro importante valore aggiunto della produzione di biogas – aggiunge il presidente del Cib – ovvero la produzione di digestato, un efficace fertilizzante organico che consente di abbattere in agricoltura il ricorso a prodotti di sintesi».
Insomma sono molti gli elementi sia ambientali che di sostenibilità economica che spingono in direzione di un rapido sviluppo della filiera del biogas e biometano. «Occorre adesso coraggio e avviare la riconversione degli impianti esistenti – conclude Gattoni – e la costruzione di nuovi. Nei ministeri c’è un intenso lavoro sulle norme attuative del Pnrr che ci aspettiamo possano dare nuovo slancio ad una tecnologia in grado di incrementare la produzione ed essere da stimolo per un cambio del modello delle pratiche agricole in senso circolare. Le imprese dal canto loro sono pronte a investire».