Il Sole 24 Ore
L’ANALISI
Le emergenze non hanno accelerato la transizione
Stefano Ciafani
Nulla tornerà come prima. Durante e dopo il lockdown del 2020 queste parole sono state usate in più occasioni. A leggere questa edizione di Ecosistema urbano, con i dati sullo stato di salute dei capoluoghi di provincia relativi al 2021, non sembra andata così.
La transizione ecologica dei capoluoghi italiani c’è, ma è troppo lenta. Non mancano le buone pratiche, ma non c’è quel cambio di passo che impone l’emergenza energetica, ambientale e sociale. Non aiuta l’assenza di un quadro organico entro cui ridisegnare l’idea di città nell’era della crisi climatica. Citiamo due lacune clamorose che incidono nelle politiche urbane di mitigazione e adattamento all’emergenza clima.
Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) nel 2020 doveva essere aggiornato ai nuovi obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti al 2030, passati dal -40% al -55% rispetto al 1990. A maggio 2022 la Commissione europea ha varato il piano RePowerEu, alzando la riduzione delle emissioni climalteranti di almeno il 60 per cento. Ma il Pniec è ancora fermo al -40 per cento.
Manca anche il Piano nazionale sull’adattamento climatico, in bozza dal 2018. L’Italia, nel frattempo, è diventata più soggetta a eventi estremi che colpiscono anche le aree urbane, causano danni ai territori e rischi per la vita dei cittadini.
Mancano le norme per ridisegnare le città: la legge contro il consumo di suolo, le semplificazioni degli interventi di rigenerazione urbana o la riscrittura della normativa sui bonus edilizi. Tutto questo aiuterebbe nella trasformazione degli edifici, rendendoli il centro delle comunità energetiche rinnovabili, più efficienti, sicuri dal punto di vista sismico e dell’assenza di amianto. Servono un nuovo programma di edilizia sociale, fondato sull’innovazione, e un piano di foreste urbane che migliori la resilienza delle città all’impatto climatico.
Urge ripensare la mobilità nelle città, partendo da un trasporto pubblico moderno e puntuale, dalla realizzazione di spazi sicuri per chi si sposta in bici o su mezzi di micromobilità elettrica, dalla diffusione di colonnine di ricarica e dall’elettrificazione dei mezzi di trasporto. Serve ridurre le perdite di acqua potabile, completare fognature e depuratori, realizzare impianti dell’economia circolare, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per produrre biometano e compost di qualità, di riciclo chimico delle plastiche miste e quelli per recuperare le terre rare dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Queste le sfide che attendono il nuovo governo. La trasformazione dei capoluoghi italiani dipende dalle scelte dei Comuni ma soprattutto da quelle che verranno fatte a livello nazionale. Ci auguriamo di non perdere tempo a discutere di progetti inutili come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma daremo il nostro contributo per far realizzare le opere pubbliche e gli impianti utili alla transizione ecologica che serve al Paese.
Presidente nazionale di Legambiente