La Nazione – QNEconomia
La ricetta di Iren, tra le principali holding multiservizi in Italia. «Centrale il ruolo dei Comuni e dei territori»
«E ora comunità energetiche per risparmiare sulle bollette»
di Maddalena De Franchis
«LO SCENARIO CHE SI È DELINEATO nell’ultimo anno può essere la chance per innescare una vera rivoluzione nel sistema di approvvigionamento energetico del nostro Paese: il percorso di transizione non può più essere rinviato». Guarda al presente e al prossimo futuro Gianni Vittorio Armani (foto in basso), amministratore delegato e direttore generale del gruppo Iren, una delle principali holding multiservizi in Italia (nella foto, l’impianto fotovoltaico sul tetto della sede), attiva nei settori dell’energia elettrica, gas, energia termica per teleriscaldamento, servizi idrici integrati, ambientali e tecnologici. Il 2022, in effetti, è stato l’anno della crisi climatica, delle tensioni sui mercati internazionali e dell’impennata dei costi dell’energia: «L’anno in cui ci siamo scontrati – precisa Armani – con il risultato di decenni di politiche poco lungimiranti dal punto di vista dell’indipendenza energetica». Ma quello appena trascorso è stato anche l’anno dei record per le fonti rinnovabili, la cui capacità totale mondiale – secondo il Rapporto ‘Renawables 2022’ dell’Iea (International energy agency) – è destinata a raddoppiare entro il 2027, superando il carbone e diventando la principale fonte di elettricità globale già nel 2025.
Proprio per attuare il passaggio «da un sistema elettrico basato sulla produzione di energia concentrata in pochi grandi impianti, spesso alimentati da fonti fossili, a un modello più sostenibile, fondato sulla partecipazione alla produzione di energia da parte del consumatore – spiega ancora Armani – il gruppo Iren intende incentivare il più possibile le comunità energetiche rinnovabili, coinvolgendo Comuni e territori in un percorso condiviso». Per illustrare benefici e opportunità delle comunità energetiche (vere e proprie associazioni tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni e piccole-medie imprese, che decidono di unire le proprie forze con l’obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili, su scala locale), l’ad di Iren ha incontrato di recente i sindaci dei comuni compresi nell’area di Reggio Emilia, proponendo il gruppo come partner di riferimento degli enti locali, con l’obiettivo di sfruttare al meglio – grazie alle proprie competenze e capacità di investimento – le risorse del Pnrr e i finanziamenti stanziati, fra l’altro, dalla regione Emilia-Romagna. «La sostenibilità è la bussola che orienta la gestione di tutte le nostre attività e dei servizi, è una leva fondamentale per creare valore nel tempo e tracciare un programma di crescita capace di rispondere alle attuali sfide globali», dichiara Armani. Già, perché il piano industriale del gruppo prevede complessivamente 12,7 miliardi di euro di investimenti fino al 2030, di cui l’80% destinati proprio alla sostenibilità e suddivisi in cinque aree focus: decarbonizzazione, economia circolare, risorse idriche, città resilienti e persone. Nell’area dell’economia circolare spicca la realizzazione dell’impianto per la produzione di biometano da ‘Forsu’ (acronimo di ‘frazione organica del rifiuto solido urbano’) a Gavassa, frazione di Reggio Emilia, che sarà inaugurato nei prossimi mesi. «Sarà un modello perfetto di economia circolare», anticipa l’ad di Iren. Dal rifiuto organico e dalla frazione che proviene dalla raccolta differenziata del verde si ottengono due prodotti principali: biometano e compost. Stando ai numeri forniti dalla holding, l’impianto produrrà una quantità di biometano sufficiente a riscaldare, in un anno, 4.600 famiglie o, in alternativa, alimentare 7.600 autovetture (con percorrenza media di 15.000 chilometri l’anno), oppure 190 autobus (con una percorrenza media di 50.000 chilometri l’anno). Il biometano è una fonte energetica completamente rinnovabile, in grado di sostituirsi ai combustibili fossili ed evitare, così, l’immissione di circa 14mila tonnellate all’anno di anidride carbonica nell’atmosfera. Per assorbire questa quantità sarebbero necessari ben 2.500 ettari di bosco.
L’investimento nell’impianto reggiano è pari a circa 54 milioni di euro e l’area impegnata è di circa 17 ettari di suolo. «Ora più che mai, la valorizzazione e il recupero dei rifiuti come materia prima seconda sono azioni importantissime», prosegue Armani. «Il nostro Paese è leader in Europa nel settore del riciclaggio, l’industria dei rifiuti è diventata un comparto strategico del sistema produttivo nazionale. In alcuni territori, come Parma e Reggio Emilia, siamo ormai a livelli di eccellenza: qui, la percentuale di raccolta differenziata supera l’86%, contro una media nazionale – già buona – del 72%. Risultati così lusinghieri non si ottengono dall’oggi al domani, ma grazie a un lavoro costante di formazione, portato avanti in sinergia con le scuole e i soggetti del territorio: è il nostro progetto ‘Eduiren’, con cui puntiamo a diffondere tra i cittadini la cultura della sostenibilità e dell’innovazione. Tutti i nostri impianti sono attrezzati per le visite dei cittadini; proponiamo numerosi incontri e laboratori gratuiti, aperti ad adulti e bambini, per informare, sensibilizzare e raccontare, in parole semplici, i processi della transizione ecologica».