Industriali della Toscana, allerta sui costi dei rifiuti

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Industriali della Toscana, allerta sui costi dei rifiuti

Il Sole 24 Ore

Industriali della Toscana, allerta sui costi dei rifiuti

Richiesta alla Regione di impianti smaltimento per evitare altri rincari

Silvia Pieraccini

In Toscana il 63% dei rifiuti speciali prodotti nei distretti della carta di Lucca, del tessile di Prato e della concia di Santa Croce sull’Arno (in tutto circa 680mila tonnellate), viene esportato fuori dalla regione o addirittura all’estero per mancanza di impianti di smaltimento e di recupero/riciclo. Gli effetti di questa inefficienza sono l’aumento dei costi per le aziende, l’incremento delle emissioni di Co2, il mancato recupero energetico.

Una situazione che, sommata a quella ugualmente grave dei rifiuti urbani (raccolta differenziata al 62%, inferiore alle regioni del Nord; costo del servizio di igiene urbana superiore alle regioni del Nord; ancora forte ricorso alle discariche che assorbono il 36%), piazza la Toscana tra le regioni poco virtuose sul fronte dei rifiuti, come ha certificato uno studio commissionato da Confindustria Toscana e Confservizi-Cispel Toscana a Ref Ricerche, presentato ieri a Firenze. È una situazione che impone di cambiare rotta: «Dobbiamo superare il “turismo dei rifiuti” – ha ammonito il presidente di Confindustria Toscana, Maurizio Bigazzi – faccio un appello alla politica affinché si facciano gli impianti di smaltimento e recupero per chiudere il ciclo e garantire autosufficienza alla regione». Il fabbisogno stimato, tra urbani e speciali, è di almeno 600mila tonnellate.

I tentennamenti, che per tanti anni hanno impedito di avviare cantieri in Toscana, non sono più ammissibili: «Vogliamo che la Regione faccia velocemente un piano per attuare gli investimenti – ha aggiunto Bigazzi – altrimenti ci allontaneremo dagli obiettivi europei e creeremo sempre più difficoltà alle nostre imprese costrette a portare fuori regione i rifiuti». E costrette a pagare sempre di più: i costi di smaltimento, già in forte aumento negli ultimi anni (+220 milioni nel 2019), si prevede che raddoppieranno nel 2030 rispetto al 2017, con un aggravio di quasi 600 milioni.

L’inefficienza preoccupa anche Cispel, associazione che riunisce le aziende pubbliche dei rifiuti: «Lo sviluppo degli impianti può essere un’opportunità – ha detto il presidente Nicola Perini – I prossimi mesi saranno decisivi se vogliamo che la Toscana rimanga una regione di livello europeo».

Il riferimento è al nuovo Piano regionale dei rifiuti (ribattezzato Piano dell’economia circolare) che la Giunta toscana si appresta a comporre, sulla base anche dei progetti di impianti sollecitati con un avviso pubblico in scadenza il 14 marzo. «Abbiamo utilizzato uno strumento innovativo come l’avviso pubblico – spiega l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni – per capire la portata dell’economia circolare e ribaltare la logica secondo cui la Regione decide e impone ai territori. Aspettiamo le proposte delle aziende e poi, prima dell’estate, trasmetteremo il quadro al Consiglio regionale». La sfida è riuscire a fare almeno un passo.

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