Greenreport
Entreranno in vigore tre anni dopo l’approvazione del regolamento
Illegale fino al 30% dell’export europeo di rifiuti, la Commissione Ue propone nuove regole
Timmermans: «Garantiranno che le esportazioni di rifiuti non danneggino l’ambiente o la salute umana in altre parti del pianeta»
Di Luca Aterini
Il Regolamento europeo sull’esportazione di rifiuti, in vigore dal 2006, si scopre un filtro dalle maglie molto larghe. Dal 2004 l’export è cresciuto del 75% fino a raggiungere le 32,7 milioni di tonnellate l’anno – mentre altre 70 mln di ton circolano tra i vari Stati membri dell’Ue –, ma in larga parte si tratta di movimentazioni illegali.
Secondo i dati raccolti dalla stessa Commissione Ue la percentuale di export illegale oscilla tra il 15% e il 30%, per un giro d’affari illecito da circa 9,5 miliardi di euro annui. Stime allarmanti che hanno portato la Commissione a proporre oggi nuove norme in materia, con un duplice scopo: «Facilitare le spedizioni di rifiuti all’interno dell’Ue al fine di promuovere l’economia circolare, e contrastare l’esportazione illegale di rifiuti e dei problemi da essi posti nei paesi terzi».
Quello di oggi è solo il primo via libera all’iniziativa legislativa, ma con un orizzonte già ben definito: le nuove norme si applicheranno tre anni dopo l’approvazione definitiva del Regolamento rivisto a partire dalla proposta elaborata dalla Commissione. Ci sarà tempo dunque per affrontare le numerose criticità sollevate nei giorni scorsi da riciclatori e gestori di rifiuti di tutta Europa.
Secondo Virginijus Sinkevičius, commissario Ue all’Ambiente, il nuovo «regolamento sulle spedizioni di rifiuti che stiamo proponendo è il tentativo legislativo in assoluto più ambizioso al mondo per affrontare queste questioni», mentre il vicepresidente Frans Timmermans spiega che «le nuove norme che disciplinano le spedizioni di rifiuti promuoveranno l’economia circolare e garantiranno che le esportazioni di rifiuti non danneggino l’ambiente o la salute umana in altre parti del pianeta».
La mossa della Commissione non si riduce infatti al perseguimento di obiettivi ambientali più virtuosi, ma s’inserisce nell’ambito di un’autonomia strategica sul fronte delle materie prime. Il tasso d’utilizzo circolare dei materiali (Cmu) è ancora troppo basso nell’Ue (11,9%) come in Italia (19,3%), e il nuovo regolamento incoraggia «l’adozione di materiali riciclati nell’Ue, che hanno un’impronta di carbonio molto inferiore rispetto alle materie prime vergini (come carbone, minerale di ferro, bauxite, polpa di legno e petrolio)».
La proposta dalla Commissione riguarda tutti i tipi di rifiuti, puntando a «semplificare il riciclo dei rifiuti pericolosi e di altri rifiuti “notificati” (rifiuti non pericolosi soggetti a controlli specifici, come per i rifiuti urbani o plastici indifferenziati) all’interno dell’Ue. Non ci saranno cambiamenti sostanziali alle attuali norme sull’export di tali rifiuti all’interno dell’Ue – sottolineano dalla Commissione – Mentre la proposta contiene importanti modifiche all’export di rifiuti inseriti in “lista verde”: rifiuti non pericolosi, il cui trattamento può comunque causare un forte inquinamento».
Più nel dettaglio, la revisione del Regolamento proposta dalla Commissione prevede che «le esportazioni di rifiuti verso paesi non appartenenti all’Ocse saranno limitate e autorizzate solo se i paesi terzi sono disposti a ricevere determinati rifiuti e sono in grado di gestirli in modo sostenibile». Tali spedizioni saranno monitorate e potranno essere sospese se causano gravi problemi ambientali nel paese di destinazione. Inoltre, tutte le imprese europee che esportano rifiuti fuori dall’Ue dovranno garantire che gli impianti destinatari siano sottoposti ad «audit indipendente da cui risulti che gestiscono i rifiuti in modo ecologicamente corretto».
Al contempo, la Commissione propone di «semplificare ampiamente» le procedure in vigore per le spedizioni intra-Ue, ad esempio introducendo lo scambio elettronico dei documenti. Per migliorare l’efficacia delle norme contro le spedizioni illegali saranno inoltre introdotte sanzioni amministrative più rigorose e istituito un apposito gruppo di lavoro presso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), col potere di coadiuvare le indagini transnazionali condotte dagli Stati membri sul traffico di rifiuti.
È dunque evidente che l’export dei nostri rifiuti verso altri Paesi – con India e soprattutto Turchia in testa, dopo che la Cina ha chiuso i rubinetti – deve essere ridotto, se vogliamo valorizzare internamente questi materiali. Per farlo però sarà cruciale dotarsi degli impianti industriali necessari (sia per il riciclo sia per il recupero energetico), che in Italia però stentano ad avanzare a causa di sindromi Nimby e Nimto sempre più diffuse, alimentate da sfiducia e disinformazione.
Sotto il profilo industriale, infine, dalla Commissione spiegano che non dovrebbero esserci grandi sfide nel recuperare dai nostri rifiuti quote crescenti di metalli e carta – che rappresentano le frazioni maggiormente esportate – dato che le industrie di settore mostrano già performance avanzate nel riciclo e hanno la capacità per accrescerlo ancora. Assai più problematici altri segmenti, come quello dei rifiuti tessili ma soprattutto quello dei rifiuti plastici, dove sono attesi sforzi che «dovrebbero portare a un sostanziale aumento della capacità di riciclo», probabilmente attingendo anche alle nascenti tecnologie di riciclo chimico.