Il Sole 24 Ore
L’INTERVISTA. LUCA RUINI. IL PRESIDENTE DEL CONAI QUANTIFICA I RISULTATI 2021 DELLA DIFFERENZIATA:UN MODELLO CHE LA RIFORMA UE VUOLE CANCELLARE
«Per l’Italia 1,5 miliardidi benefici dal riciclo»
Sara Deganello
«Cambiare un sistema vincente sembra poco ragionevole», così Luca Ruini, presidente di Conai, commenta la bozza del nuovo regolamento per la gestione degli imballaggi che la Commissione europea presenterà a fine mese. Ruini parte dai risultati della filiera italiana, che fa leva sulla raccolta differenziata integrata a quella selettiva. Un modello diverso da quello basato sul riutilizzo, con implementazione di sistemi di deposito cauzionale, contenuto nella proposta della Commissione. Il valore economico dei benefici derivati dal riciclo e dal recupero degli imballaggi gestiti dal Conai (circa il 50%) in Italia nel 2021 è stato pari a un miliardo e 525 milioni di euro. Un numero al centro del Rapporto di sostenibilità che il consorzio presenterà la settimana prossima alla fiera Ecomondo di Rimini.
Presidente, che cosa è compreso in questo risultato?
Nello specifico, il valore economico della materia recuperata (614 milioni di euro), quello dell’energia prodotta avviando gli imballaggi non riciclabili a recupero energetico (10 milioni), l’indotto della filiera (625 milioni) e il valore economico di CO2 evitata grazie al riciclo: 276 milioni di euro. Stiamo parlando di 4,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalente non immessa nell’atmosfera, a cui si aggiunge un risparmio annuo di quasi 26 terawattora di energia primaria e di 5 milioni di tonnellate di materia vergine. E il fatto di non aver dovuto utilizzare circa 8 discariche di medie dimensioni.
Come giudica questi numeri?
Sono tutti indicatori in crescita. Temevamo la riduzione delle percentuali di riciclo, perché nel 2021 in Italia l’immesso al consumo di packaging è stato di oltre 14 milioni di tonnellate, l’8,5% in più rispetto al 2020. Eppure nel 2021 l’Italia ha avviato a riciclo il 73,3% degli imballaggi immessi sul mercato: 10 milioni e 550mila tonnellate. È stato un risultato in crescita che ha impattato quantitativamente sui benefici ambientali ed economici. Insieme ai prezzi delle materie prime seconde che nel 2021 sono aumentati molto.
Ci sono margini di crescita?
La quota di 73% di riciclo sconta in parte un ritardo del Centro-Sud che si sta già colmando e continuerà a farlo anche grazie ai fondi del Pnrr stanziati in particolare per questo territorio. Ricordiamo che siamo già oltre il 65% di riciclo totale chiesto dall’Europa entro il 2025, primi fra i grandi Paesi europei, secondo Eurostat, per riciclo pro-capite. Abbiamo redatto uno studio con la Bocconi che confronta i vari modelli di riciclo: il nostro ha portato a casa i migliori risultati con minor costo. Funziona, anche perché abbiamo coinvolto i comuni che hanno la responsabilità della raccolta. Nel 2021 sono stati in 7.583 a stipulare almeno una convenzione con il sistema consortile. E per sostenere i maggiori costi della differenziata, Conai ha distribuito loro 727 milioni di euro, circa 70 milioni in più rispetto all’anno precedente.
Un contributo che verrebbe ridimensionato dal nuovo regolamento proposto Ue.
Certo, sarebbe una cifra destinata a diminuire. Tra l’altro di una quota importante perché verrebbe tolta la parte relativa agli imballaggi con più valore: Pet, alluminio e vetro. Cioè contenitori per bevande, che si vorrebbe fossero avviati al riutilizzo attraverso il modello di deposito cauzionato. Un sistema che in Italia non c’è attualmente. Da un primo studio abbiamo calcolato che servirebbero 2,3 miliardi di euro di investimento iniziale, contro i 270 milioni di quello attuale. A cui si dovrebbero poi aggiungere poi i costi di gestione. Senza contare che dovremmo comunque organizzare una raccolta differenziata urbana.
Cosa chiedete di cambiare nella bozza che è circolata?
Innanzitutto di rispettare i modelli che funzionano e che, come nel nostro caso, ci hanno fatto raggiungere gli obiettivi di riciclo in anticipo. È stato visto come il nostro sistema abbia la capacità di adattarsi a contesti locali molto differenti. È un modello di successo valutato positivamente anche da organismi internazionali come l’Unep, il programma dell’Onu per l’ambiente o l’Expra, la Extended Producer Responsibility Alliance. La proposta della Commissione deve garantire neutralità: ciascun Paese dovrebbe essere libero di scegliere il modo in cui raggiungere gli obiettivi dati.