Il piano di Eni per Livorno: ogni anno da tutta la Toscana 200mila tonnellate di plastiche non riciclate e indifferenziati

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Il piano di Eni per Livorno: ogni anno da tutta la Toscana 200mila tonnellate di plastiche non riciclate e indifferenziati

Il Tirreno, Toscana Economia

Dentro la raffineria il gassificatore per trasformare rifiuti in metanolo
Giulio Corsi
Ecco il progetto di Eni per Livorno. Dopo mesi in cui si parla – erroneamente – di bioraffineria alla stregua della riconversione avvenuta negli stabilimenti di Porto Marghera e Gela, il Tirreno è in grado di spiegare tutti i dettagli del piano che il cane a sei zampe ha in programma per la raffineria di Stagno.Cominciamo dal nome: non si tratterà di una bioraffineria, ma di un gassificatore. Che trasformerà i rifiuti non differenziabili – quelli destinati alla discarica o all’incenerimento – in metanolo, un alcol largamente utilizzato nel settore dell’industria chimica ma con applicazioni in via di sviluppo come combustibile alternativo al diesel o al gas naturale per l’autotrazione, con importante riduzione di ossidi di azoto e azzeramento degli ossidi di zolfo. Il progetto si chiama non a caso Waste to Methanol, vale a dire dalla spazzatura al metanolo.Dettaglio importante: sarà un nuovo impianto, che non andrà a sostituire o a trasformare l’attuale stabilimento, ma andrà ad aumentare (e diversificare) l’attività della raffineria. Sorgerà infatti su un’area libera (e anche residuale) del perimetro dell’Eni, uno spicchio di 4 ettari sui 150 totali che si estendono da Stagno a Calambrone, vicino a strutture al momento non utilizzate che saranno rinnovate e adeguate. Per il suo funzionamento Eni prevede l’assunzione di 60 lavoratori in aggiunta all’attuale organico, oltre all’impiego di 300 lavoratori dell’indotto nella fase di cantiere. Il colosso dell’energia ha previsto un investimento di 250 milioni di euro. I tempi di realizzazione potrebbero non essere lunghissimi: al momento il progetto si trova nella fase di studio dell’ingegneria di processo, che dovrebbe durare fino a metà 2021. Per costruire il nuovo impianto serviranno poi due anni, che scatteranno (o scatterebbero) dal momento in cui dovessero arrivare le autorizzazioni.
RIFIUTI DALLA TOSCANA
Il progetto ha l’obiettivo di recuperare una buona parte dei rifiuti che la Regione Toscana avvia all’incenerimento o alla discarica: il recente stop, annunciato dal governatore Enrico Rossi all’inceneritore fiorentino di Casa Passerini, alle porte di Firenze, e le parole che il sindaco di Firenze Dario Nardella ha pronunciato appena una settimana fa («Mi auguro che si possa chiudere un progetto di grande innovazione come quello che si sta studiando insieme a Eni, che consenta di utilizzare i nostri rifiuti per la produzione di biocarburante») hanno acceso il timore che a Livorno arrivi spazzatura dall’entroterra fiorentino e che la città – che già oggi a meno di due chilometri in linea d’aria dalla raffineria ha il termovalorizzatore di Aamps operativo a pieno regime con rifiuti provenienti anche dall’area pisana – diventi la “discarica della Toscana”.Al di là della provenienza, quel che è certo è che nel piano di Eni è previsto l’arrivo e il trattamento a Livorno di 200mila tonnellate di rifiuti ogni anno che produrranno 100mila tonnellate di metanolo.plastiche e rifiutiSono due i tipi di rifiuti previsti: il plasmix, costituito dai rifiuti plastici non riciclabili, e il cosiddetto Css, derivante dalla frazione residua separata al termine del processo di trattamento meccanico dei rifiuti non differenziati, acronimo di combustibile solido secondario, che oggi viene utilizzato per dare energia a cementifici, centrali termoelettriche e termovalorizzatori.Va considerato che ogni anno in Italia vengono prodotte circa 500.000 tonnellate di plasmix e 1,3 milioni di tonnellate di Css. Totale 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti di queste due tipologie. L’impianto di Livorno dovrebbe trattarne 200.000 tonnellate, accollandosi così l’11% della produzione italiana.
IL GASSIFICATORE
Sarà proprio partendo dal plasmix e dal combustibile solido secondario che sarà prodotto metanolo. Come? Attraverso la gassificazione.«La tecnologia prevede prima la conversione dei rifiuti in gas di sintesi, la cosiddetta syngas, attraverso un processo di conversione termica, e successivamente la produzione di metanolo da gas di sintesi purificato», spiegano da Eni. «La gassificazione è un processo di dissociazione molecolare indotto dall’alta temperatura, tra i 1150 e i 1200 °C in testa al reattore di gassificazione: il passaggio preliminare da solido a gas consente la riduzione nella formazione di elementi pericolosi, di migliorare il controllo della combustione e di lavorare materiali ad alto potere calorifico come i residui plastici non riciclabili». Dal 2000 in Giappone gli ordini di impianti di gassificazione superano quelli degli inceneritori: quelli attualmente in esercizio o in costruzione sono oltre 130.
PRIMI IN EUROPA
«La tecnologia utilizzata nel Waste to Methanol è la somma di tecnologie ben note ma la cui combinazione è unica, costituendo quindi un’avanguardia nel panorama europeo», aggiungono i tecnici di Eni impegnati nel progetto. La tecnologia di gassificazione alla base del progetto è sviluppata insieme a NextChem, società del gruppo italiano Maire Tecnimont, che nel giugno 2019 ha sottoscritto con Eni un accordo per la valutazione tecnica ed economica della tecnologia e per la sua applicazione in Italia, che potrebbe trovare a Livorno il suo primo sviluppo.
LE EMISSIONI
Se questo, in grande sintesi, è il processo chimico al centro del nuovo impianto, la domanda più importante è quella relativa all’impatto sull’ambiente: quanto inquina un gassificatore? Quali sono le emissioni in atmosfera? «A differenza dell’inceneritore, dove i fumi vengono trattati e poi rilasciati in atmosfera, il progetto Waste to Methanol permette la produzione di gas di sintesi con una reazione termica controllata, in ambiente chiuso e quindi senza emissioni dirette in camino e avviene a condizioni di temperatura tali da vetrificare gli inquinanti e renderli inerti e stabili», è la risposta di Eni. Che evidenzia anche i vantaggi rispetto alla termovalorizzazione, parlando di un’emissione sull’intero ciclo di vita del processo (dalla costruzione dell’impianto al trasporto dei rifiuti, dalla produzione all’utilizzo del biocarburante) inferiore del 73% dei quantitativi di Co2, cioè di biossido di carbonio rispetto al termovalorizzatore. «Le uniche emissioni sono di Co2 ad elevata purezza che può essere resa disponibile sul mercato – spiega Eni – mentre l’immissione di Co2 in atmosfera sarebbe sensibilmente ridotta rispetto al processo di smaltimento dei rifiuti via termovalorizzazione». Un dato che sarebbe utilissimo se il territorio si trovasse di fronte all’alternativa tra un termovalorizzatore e un gassificatore. In questo caso invece l’alternativa è tra il gassificatore o lo status quo. Motivo per cui, c’è da scommetterci, da oggi la questione infiammerà ancor di più il dibattito, politico e non solo.

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