Il mondo è fermo all’8,6% sulla strada dell’economia circolare

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Il mondo è fermo all’8,6% sulla strada dell’economia circolare

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L’Italia parte da una posizione di vantaggio: saprà sfruttarla?

Il mondo è fermo all’8,6% sulla strada dell’economia circolare

L’umanità è arrivata a consumare 100,6 mld di ton di materie prime l’anno, 92 delle quali non sono riciclate

Di Luca Aterini

Come ogni anno dal 2018, il think tank Circle economy ha pubblicato il suo nuovo rapporto sullo stato dell’economia circolare nel mondo – il Circularity gap report 2022 –, ma non c’è niente di nuovo sotto il sole.

Dal 2018 al 2020 l’indice di circolarità globale è sceso dal 9,1% all’8,6%, e lì è rimasto. Significa che in un anno le risorse naturali estratte globalmente sono pari a 92 miliardi di tonnellate, cui se ne aggiungono 8,65 da riciclo; complessivamente, dunque, l’umanità è arrivata a consumare 100,6 mld di ton di materie prime l’anno, di cui solo l’8,6% è circolare. Il resto – ovvero il 91,4% del consumo – va a detrimento del nostro capitale naturale, e non sembrano esserci progressi.

Questo stallo comporta grandi difficoltà anche sul fronte della lotta contro la crisi climatica, dato che il report stima che il 70% di tutte le emissioni di gas serra prodotte si riferiscano all’estrazione, lavorazione, consumo e smaltimento delle materie prime; al contempo, l’estrazione di risorse a fini commerciali risulta essere responsabile per il 90% della perdita di biodiversità.

«Dal 2015, anno dell’Accordo di Parigi, ad oggi, l’economia mondiale ha estratto 500 miliardi di tonnellate di materiale vergine. Nell’economia lineare abbiamo troppe risorse in entrata e troppe emissioni in uscita», commenta Laxmi Adrianna Haigh, una degli autori dello studio.

Del resto negli ultimi 50 anni il consumo globale di materiali vergini è quasi quadruplicato, superando la crescita della popolazione: nel 1972 infatti si consumavano 28,6 miliardi di tonnellate di risorse naturali, salite a 54,9 nel 2000 e a più di 100 nel 2019; secondo previsioni dell’International resource panel dell’Unep, questo trend potrebbe raggiungere un valore compreso tra 170 e 184 mld di ton l’anno entro il 2050, se non invertiremo la rotta.

Che fare? Il report individua 21 soluzioni in 7 aree fondamentali – edilizia, alimentazione, mobilità, prodotti di consumo, servizi, salute, comunicazione – per raggiungere indici più alti di circolarità basate su quattro principi fondamentali: se adottate e implementate da tutte le componenti della società civile, potrebbero ridurre l’estrazione e l’uso delle risorse naturali del 28%, tagliando così le emissioni di gas serra del 39%, e portare il mondo su una traiettoria dove la crescita della temperatura si attesterà sugli 1,5 °C in più rispetto all’era preindustriale.

L’Italia, in questa road map, parte da una posizione di vantaggio. Secondo gli ultimi dati forniti da Eurostat, nel 2019 il tasso di utilizzo circolare dei materiali (Cmu) medio per l’Ue27 è dell’11,9% (in crescita dello 0,3% rispetto al 2018) e al confronto con i cinque principali Paesi europei, l’Italia si piazza seconda con un Cmu (19,3%), preceduta dalla Francia.

Al contempo, significa però che l’80,7% della nostra economia ancora non è “circolare” ma incide sul consumo di risorse naturali vergini, peraltro estratte in gran parte all’estero. Resta dunque molto da fare per colmare il gap dell’economia circolare, anche in Italia.

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