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Greenreport

I sistemi circolari di gestione dei rifiuti fanno bene anche al clima

I possibili scenari futuri e i sorprendenti legami tra disuguaglianza e produzione di rifiuti urbani

Crescenti quantità di rifiuti solidi urbani e sistemi di gestione dei rifiuti inefficaci minacciano l’ambiente e contribuiscono al riscaldamento climatico, eppure il settore dei rifiuti viene spesso trascurato nelle discussioni sui cambiamenti climatici e sull’inquinamento atmosferico. Il recente studio “Potentials for future reductions of global GHG and air pollutants from circular waste management systems”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori dell’ International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) e della Universität für Bodenkultur Wien (BOKU), dimostra come i sistemi circolari di gestione dei rifiuti possono anche aiutare a ridurre efficacemente le emissioni di gas serra e gli inquinanti atmosferici.

I ricercatori austriaci definiscono così un sistema circolare di gestione dei rifiuti: «E’ un sistema sostenibile in cui la produzione di rifiuti è ridotta al minimo, i programmi di raccolta dei rifiuti raggiungono l’intera popolazione, la combustione all’aperto dei rifiuti e dei rifiuti viene eliminata, i rifiuti vengono deviati dalle discariche, i materiali vengono riutilizzati e riciclati e, come ultima risorsa, i rifiuti vengono inceneriti in modo efficiente per produrre energia».

All’IIASA ricordano che «I rifiuti solidi urbani sono ciò che comunemente chiamiamo spazzatura o immondizia: gli oggetti di uso quotidiano che buttiamo via durante la nostra vita quotidiana. La quantità di questo tipo di rifiuti prodotti ogni anno a livello globale è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi decenni, principalmente a causa della crescita demografica ed economica e dei conseguenti cambiamenti nei modelli di produzione e consumo. Mentre alcuni Paesi hanno i mezzi per attuare politiche e strumenti per affrontare il problema dei rifiuti che generano e alcuni hanno adottato politiche che mirano a ridurre la produzione di rifiuti, la produzione pro capite di rifiuti urbani è ancora troppo elevata a livello globale».

Circa un sesto della popolazione (i Paesi ad alto reddito) genera un terzo della spazzatura globale, ma solo il 13% circa viene riciclato e il 5,5% compostato. Lo studio evidenzia che «L’assenza di impianti di trattamento adeguati per far fronte alle grandi quantità di rifiuti, soprattutto nei Paesi a basso reddito, comporta spesso impatti ambientali e sanitari, comprese le emissioni di inquinanti tossici e gas serra nell’atmosfera».

Per questo i ricercatori dell’IIASA e della BOKU hanno esaminato in dettaglio il settore dei rifiuti in 184 Paesi e regioni, facendo anche una differenziazione tra insediamenti urbani e rurali. Un approccio nuovo perché  traduce gli Shared Socioeconomic Pathways (SSPs) – una serie di scenari che descrivono sviluppi socioeconomici alternativi fino al 2100 – in narrazioni sui rifiuti e valuta i potenziali per ridurre le emissioni di gas serra e inquinanti atmosferici mettendo a confronto baseline  e scenari di mitigazione fino al 2050.

La principale autrice dello studio, Adriana Gómez-Sanabria, ricercatrice dell’IIASA Pollution Management Research Group spiega che «Volevamo guardare ai trends futuri della produzione di rifiuti urbani e analizzare l’impatto sulle emissioni di gas serra e sull’inquinamento atmosferico se i sistemi di gestione dei rifiuti dovessero essere mantenuti allo stato attuale fino al 2050. Successivamente, abbiamo valutato fino a che punto sarebbe possibile ridurre i rifiuti e le emissioni associate quando si implementano sistemi circolari di gestione dei rifiuti nell’ambito dei diversi SSP. Questo approccio ci aiuta anche a capire come i diversi sviluppi mondiali ostacolino o accelerino il livello e il ritmo di adozione del sistema di gestione circolare dei rifiuti e le implicazioni sulle emissioni».

Ad esempio, analizzando i diversi scenari, i ricercatori hanno scoperto che lo scenario di sostenibilità (SSP1).  che prevede un mondo che attua uno sviluppo più inclusivo e rispettoso dei confini ambientali, «Potrebbe portare benefici maggiori e anticipati rispetto a scenari in cui le disuguaglianze sono ridotte ma le misure di controllo dell’inquinamento si concentrano sul trattamento degli inquinanti in un processo separato dopo che sono stati prodotti». In questo scenario, lo studio stima che «Sarebbe possibile eliminare la combustione all’aperto dei rifiuti prima del 2050, eradicando così questa fonte di inquinamento atmosferico».

Anche se non sarà possibile eliminare completamente le emissioni di metano e CO2 provenienti dai  rifiuti solidi urbani, IIASA e BOKU sottolineano che «In base al fatto che il massimo potenziale tecnico di abbattimento a livello globale è valutato in circa 205 Tg di metano nel 2050 – dove 1 Tg = 1 milione di tonnellate – la riduzione delle emissioni dei rifiuti solidi urbani potrebbe in definitiva rappresentare quasi un quarto di questo. Ciò evidenzia la necessità di un’azione rapida e audace per ridurre e non conferire i rifiuti in discarica, aumentare il riutilizzo e il riciclaggio e promuovere le tecnologie con carbon capture and storage».

I ricercatori hanno anche scoperto che «Le variazioni nelle ipotesi socioeconomiche alla base di ciascuno degli SSP portano a differenze significative nei futuri flussi di gestione dei rifiuti urbani».

Le quantità più basse di produzione di rifiuti solidi si avrebbero con gli scenari SSP3, nel quale i Paesi si concentrano sul raggiungimento degli obiettivi di sicurezza alimentare e energetica all’interno delle proprie regioni a scapito di uno sviluppo più ampio, e SSP4, caratterizzato da un’elevata disuguaglianza, a causa di crescita economica lenta e grandi disuguaglianze tra le regioni. Inoltre i risultati dello studio indicano che «Il minor potere d’acquisto nelle regioni a basso reddito ridurrà l’acquisto di beni, riducendo così la quantità di rifiuti solidi urbani generati».

Al contrario, il livello più alto di produzione di rifiuti solidi urbani è previsto nello scenario SSP5: un mondo che dipende da mercati competitivi, innovazione e società partecipative per produrre un rapido progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, in concomitanza con il forte aumento sia del reddito che dell’urbanizzazione.

Secondo gli autori dello studio «La riduzione dei rifiuti insieme all’adozione di sistemi circolari di gestione dei rifiuti offrirà un’ampia gamma di benefici collaterali, tra i quali la riduzione delle emissioni di gas serra, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, supportando anche la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). Ad esempio, il target SDG 6.3, che mira a migliorare la qualità dell’acqua riducendo l’inquinamento, eliminando gli scarichi e riducendo al minimo il rilascio di sostanze chimiche e materiali pericolosi entro il 2030, può essere raggiunto solo attraverso obiettivi di riduzione dei rifiuti solidi urbani più ambiziosi».

I ricercatori ci tengono a sottolineare che «Gli scenari sviluppati consentono di esplorare sistematicamente i vantaggi del miglioramento dei sistemi di gestione dei rifiuti urbani su scala globale ed evidenzia quali azioni politiche e tecniche possono essere intraprese nel settore dei rifiuti sulla strada verso un’economia circolare».

La Gómez-Sanabria conclude: «Siamo fiduciosi che la nostra rappresentazione dettagliata del settore dei rifiuti solidi urbani e delle emissioni associate e dei potenziali di mitigazione possa essere utilizzata come input per i modelli di valutazione integrata (IAM) e applicata per sviluppare scenari di emissione per l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Il nostro lavoro può anche essere utilizzato per supportare studi sull’inquinamento dell’aria e dell’acqua su scala regionale e locale e informare i governi locali e nazionali sui probabili sviluppi, le conseguenze ambientali e le opportunità di mitigazione nel settore della gestione dei rifiuti solidi urbani».

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