I rifiuti per la rinascita della pineta-Fu devastata dall’incendio del 2017: «Un progetto con il compost che farà da apripista»

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I rifiuti per la rinascita della pineta-Fu devastata dall’incendio del 2017: «Un progetto con il compost che farà da apripista»

l Tirreno, Cronaca di Grosseto

I rifiuti per la rinascita della pineta

Castiglione diventa laboratorio green

Fu devastata dall’incendio del 2017: «Un progetto con il compost che farà da apripista»

Luca Barbieri Castiglione della Pescaia «I risultati sono buoni: un esperimento di questo tipo penso sia auspicabile e replicabile anche in altre aree colpite da incendio». Partiamo dalla chiosa dei vertici di Legambiente, con Angelo Gentili. I risultati di cui parla sono l’epilogo di una filiera che comincia nel post-incendio della pineta di Roccamare a Castiglione della Pescaia nel luglio del 2017: ettari di vegetazione devastati. Nel mezzo le tappe di questa filiera, di quell’economia circolare invocata più volte. Parte da qui il progetto – frenato dalla pandemia – “Rigeneraterra” e presentato ieri mattina a Castiglione. Nato dalla collaborazione tra Legambiente e Novamont con il Comune di Castiglione ha visto la creazione di compost come elemento per la rigenerazione del suolo. Riassumendo, in occasione di Festambiente, la manifestazione che ogni anno si svolge a Rispescia, tutti i pasti sono stati consumati utilizzando solo stoviglie in bioplastica biodegradabile e compostabile mater-bi donate dall’azienda Novamont (presente in sala Andrea di Stefano, relazioni istituzionali e progetti speciali). Il materiale organico ottenuto attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti è stato poi conferito all’impianto di compostaggio Futura di Grosseto e il compost ottenuto è stato posato nell’area di Castiglione devastata dagli incendi – nel caso specifico una porzione della pineta di Roccamare – per rifertilizzare il terreno e sperimentare il ruolo del compost come facilitatore della ricrescita della vegetazione in un’area colpita da incendi.«Siamo partiti da quella che per noi è stata una grande tragedia, ambientale, paesaggistica, turistica. Il progetto avrà un secondo step e non possiamo che essere soddisfatti perché il rifiuto così diventa una risorsa», commenta la sindaca Elena Nappi con la zona eletta dai relatori come “laboratorio green”. Poi i dettagli: «Il compost si è dimostrato essere un fertilizzante di qualità, ricco di biodiversità: il suolo dell’area bruciata e trattata con compost (circa 3500 metri quadrati) presenta un alto livello di biodiversità fungina. Lo start del progetto è indubbiamente positivo. E aumenta pure il carbonio del suolo: può rinascere un bosco migliore del precedente grazie a questi interventi», condensa i risultati di questa fase progettuale Gabriele Chilosi, docente dell’Università degli studi della Tuscia, partner tecnico. «Lo studio effettuato dal professor Chilosi – aggiunge Gentili – dimostra che tra le specie di funghi ritrovati nel suolo trattati con compost è stata rilevata la presenza di fungo aspergillus, non presente nel terreno bruciato senza compost. Ha effetti benefici per la salute del suolo e ha contributo alla rigenerazione di una zona brutalmente colpita dal fuoco. Il compost di qualità può accelerare i tempi di ripristino di un’area colpita da incendi, con un vantaggio significativo per l’ecosistema boschivo». Affidata all’assessora regionale all’ambiente Monia Monni la conclusione con una riflessione a 360 gradi che fa da fil rouge ai due macro-temi della mattinata (come scriviamo a lato): «Parto dalla solidarietà a Legambiente per gli attacchi ricevuti sull’energia rinnovabile. Dobbiamo emanciparci dal gas, non solo da quello russo, per scongiurare che aumentino i divari. Ciò ci rende inoltre deboli nella nostra pretesa di pace: bisogna avere il coraggio di fare delle scelte. Ricordo inoltre che nel 2050, se continuerà questo trend, in mare ci sarà più plastica che pesci. Una risposta è rappresentata dalla prevenzione, dall’aspetto culturale, poi c’è ovviamente l’intervento di rimozione. E aggiungo: il problema dei rifiuti si risolve anche con gli impianti di recupero, ogni volta che su un territorio cala un impianto di riciclo parte una “guerra civile”: su questo bisogna fare un salto in avanti».

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