I numeri del rapporto annuale dell’Ispra: produzione dei rifiuti urbani di nuovo in aumento

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I numeri del rapporto annuale dell’Ispra: produzione dei rifiuti urbani di nuovo in aumento

Italia Oggi

I numeri del rapporto annuale dell’Ispra: produzione dei rifiuti urbani di nuovo in aumento

Cresce la raccolta differenziata

Si attesta al 64%. Conferimento in discarica da dimezzare

di Antonio Longo

Continua a crescere la raccolta differenziata dei rifiuti in Italia che, a livello nazionale, si attesta al 64% nel 2021, un punto percentuale in più rispetto all’anno precedente, con un aumento di circa 720 mila tonnellate (da 18,2 milioni a quasi 19 milioni di tonnellate). Le percentuali di raccolta rispetto alla produzione totale sono pari al 71% per le regioni settentrionali, al 60,4% per quelle del Centro e al 55,7% per le regioni del Mezzogiorno. A scattare la fotografia è l’annuale rapporto dell’Ispra sui rifiuti urbani secondo cui la ripresa del pendolarismo e il ritorno del turismo, dopo la crisi pandemica, sono tra le principali cause dell’aumento della produzione di rifiuti. Soprattutto nei 16 comuni con popolazione residente al di sopra dei 200 mila abitanti, dove l’incremento tra 2020 e 2021 è ancora più alto (+2,8%) della media nazionale. La crescita, tuttavia, appare inferiore a quella del Pil e dei consumi delle famiglie (rispettivamente, 6,7% e 5,3%).

I numeri della raccolta differenziata. Nel 2021 raggiungono o superano l’obiettivo del 65% della raccolta differenziata, fissato dalla normativa per il 2012, nove regioni, ossia Veneto (76,2%), Sardegna (74,9%), Lombardia (73%), Trentino-Alto Adige (72,6%), Emilia-Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli-Venezia Giulia (67,9%), Umbria (66,9%) e Piemonte (65,8%). Sono prossime all’obiettivo l’Abruzzo (64,6%), la Toscana (64,1%) e la Valle d’Aosta (64%). La Basilicata, la cui percentuale mostra un incremento di oltre 6 punti, si colloca al 62,7%, mentre il Molise, la Puglia e la Liguria si attestano, rispettivamente, al 58,8%, al 57,2% e 55,2%. La Campania raggiunge il 54,6%, il Lazio il 53,4% e la Calabria, con una crescita di 1,5 punti, il 53,1%. Al di sotto del 50% si colloca solo la Sicilia (46,9%) che, tuttavia, fa registrare un aumento di 4,7 punti rispetto alla percentuale del 2020 (42,3%). In particolare, in questa regione, nel quinquennio 2017-2021, la percentuale di raccolta differenziata è più che raddoppiata. Analogamente ai precedenti anni, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso che nel 2021 si attesta all’88,6%, seguita da Mantova (86,4%), Belluno (83,8%) e Reggio Emilia (82,1%). Percentuali di raccolta differenziata inferiori al 40% si osservano, invece, per le province di Palermo (33,3%, nel 2020 29,4%), Crotone (35,5%, a fronte del 32,7% del 2020) e Reggio Calabria (38,4%, 37,8% nel 2020). Tra le città metropolitane, la percentuale più elevata di raccolta si rileva a Cagliari con il 74,4%, in crescita rispetto al 73,7% del 2020; Venezia si colloca al 73,2% e al di sopra del 65% risultano Firenze, Milano e Bologna (rispettivamente, 68,9%, 68,5% e 67%). Superiore al 60% è la percentuale di raccolta di Torino (61,3%), mentre Bari si attesta al 58,4%. La Città metropolitana di Roma Capitale raggiunge il 51,4%. Il valore più basso, si registra per Palermo (33,3%) che, in ogni caso, fa rilevare una crescita di 3,7 punti rispetto al 2020 (29,4%).

Cosa si differenzia. Come si rileva dalla lettura del report, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il 39% del totale. Il 69,6% della frazione organica è costituito dalla frazione umida da cucine e mense (5,1 milioni di tonnellate), il 26,1% (1,9 milioni di tonnellate) dai rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi, il 3,6% (265 mila tonnellate) dai rifiuti avviati al compostaggio domestico e lo 0,7% (circa 51 mila tonnellate) dai rifiuti dei mercati. Carta e cartone rappresentano il 19,1% del totale; segue il vetro con il 11,9% e la plastica che rappresenta l’8,8% del totale raccolto. Gli analisti evidenziano che quest’ultima frazione continua a mostrare una crescita dei quantitativi intercettati in modo differenziato (+6,4%), con un ammontare complessivamente raccolto su scala nazionale pari a quasi 1,7 milioni di tonnellate. Il 95% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi.

Servono nuovi impianti, soprattutto al Sud. La spinta della differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti. I rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero di materia costituiscono il 50% del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata. Il riciclaggio dei rifiuti urbani, calcolato secondo le nuove metodologie stabilite dalla normativa europea, si attesta al 48,1% a fronte di un obiettivo del 55% da conseguirsi nel 2025, del 60% nel 2030 e del 65% da raggiungersi nel 2035. Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2021, sono 657, nello specifico 349 al Nord, 116 al Centro e 192 al Sud. Sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata 356 impianti (293 impianti di compostaggio, 42 impianti per il trattamento integrato aerobico /anaerobico e 21 impianti di digestione anaerobica), 124 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico, 126 sono impianti di discarica cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani.

Lo smaltimento in discarica. Nonostante nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si sia ridotto del 52%, come evidenziato nello studio occorre dimezzare in tempi brevi questa forma di smaltimento, che riguarda quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (il 19% dei rifiuti prodotti). Si rileva, in particolare, un decremento riferibile al Sud (-5,8%), pari, in termini assoluti, a circa 151 mila tonnellate. Diminuzioni significative si manifestano anche al Centro, dove il decremento è pari a circa 37 mila tonnellate (-2,1%) da ascrivere ai miglioramenti in termini di raccolta differenziata. Non si rilevano variazioni significative al Nord, in cui si registra una leggera diminuzione dello 0,7%, pari a circa 11 mila tonnellate. Il numero degli impianti operativi (126) è rimasto, nel complesso, stabile rispetto alla precedente rilevazione (131 impianti nel 2020).

Rifiuti esportati tre volte superiori rispetto a quelli importati. Nel 2021 sono state esportate 659 mila tonnellate di rifiuti urbani e ne sono state importate 219 mila. L’Austria, il Portogallo e la Spagna si confermano i paesi cui sono destinati i maggiori quantitativi di rifiuti urbani. Le due regioni che maggiormente esportano sono la Campania e il Lazio. I rifiuti prevalentemente inviati fuori dai confini nazionali sono quelli prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (26,3% del totale esportato) e destinati in Spagna, Portogallo e Germania, seguiti dal combustibile solido secondario (23,9%) destinato all’isola di Cipro, in Portogallo, in Austria e in Grecia. Gli impianti localizzati sul territorio nazionale importano principalmente vetro (29,3%), oli e grassi commestibili (14,8%), abbigliamento (14,3%), metallo (14%), plastica (13%) e, in minor misura, carta e cartone e legno che costituiscono, rispettivamente, il 4,9% e il 3,7% del totale importato. Il vetro arriva soprattutto dalla Svizzera ed è destinato ad impianti di recupero e lavorazione situati in prevalenza in Lombardia. La plastica, proveniente principalmente dalla Francia, è importata in Piemonte e Lombardia. L’abbigliamento, invece, è importato in massima parte dalla Campania e dalla Toscana e gestito presso aziende che ne effettuano il recupero.

In Centro Italia i costi di gestione più elevati. Ogni cittadino italiano produce 502 chilogrammi di rifiuti all’anno, il dato si riallinea al valore prepandemia. La produzione pro capite più elevata è quella dell’Emilia -Romagna, con 641 chilogrammi per abitante per anno, stabile rispetto al 2020. Le altre regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale sono Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Marche, Umbria, Lazio e Trentino-Alto Adige. I valori minori si registrano per la Basilicata (358 chilogrammi per abitante), il Molise (386 chilogrammi) e la Calabria (411 chilogrammi). Il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 194,5 euro/abitante (nel 2020 era 185,6) in aumento di 8,9 euro ad abitante. I costi più elevati si rilevano al Centro con 230,7 euro/abitante, segue il Sud con 202,3 euro/abitante, mentre al Nord il costo è pari a 174,6 euro/abitante. Tra le città che presentano il maggior costo si segnalano Venezia con 389,8 euro ad abitante, Cagliari con 307 euro ad abitante e Firenze con 299,4 euro ad abitante. I costi minori si rilevano per Catanzaro, 160,3 euro ad abitante, Campobasso, 165,2 euro ad abitante e Trento con 177,3 euro ad abitante.

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