La Nazione, Economia&Lavoro
Due giorni di full immersion a Fico Eataly World con i protagonisti del settore
di Lorenzo Pedrini
BOLOGNA Verde, come le chiome degli alberi e come la strada virtuosa dell’economia sostenibile. E come è auspicabile sia il futuro di un settore e di un territorio nevralgici per la crescita del Paese: il settore degli imballaggi e la Packaging Valley. Che ha fatto da sfondo – giovedì e venerdì scorsi – al Forum internazionale ‘Packaging speaks green’, ospitato da Fico-Eataly World e organizzato, sotto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, da Fondazione Fico e Ucima, l’associazione confindustriale dei costruttori di macchine per gli imballaggi. Una due giorni densa di di contenuti e interventi autorevoli, divisa tra gli esempi di buone pratiche portati da aziende come Coca-Cola, Fater, Massimo Zanetti Beverages, Amazon, Coop e Barilla, le testimonianze targate Fao e Wwf, le analisi e i dati inediti raccolti da Nomisma, Nielsen, McKinsey e Wpo. «L’Italia – ha spiegato Silvia Zucconi, market intelligence manager Nomisma – vanta, in tema di sostenibilità, una performance generale migliore rispetto alla media europea. Per esempio, il tasso di utilizzo di materia circolare ci vede tra i più virtuosi in Europa e nel mondo». I passi in avanti verso la sostenibilità sono, in particolare, quelli di chi sta alla fine della catena,come emerso dall’Osservatorio Packaging/Consumi curato da Nomisma. Secondo lo studio, infatti, il 48% dei consumatori italiani lascia già sullo scaffale i prodotti che presentano un visibile eccesso di imballaggi, anche se il 41% degli intervistati afferma di non essere disposto a pagare un sovrapprezzo per l’eco-pack, demandando all’industria di settore la ricerca di soluzioni economiche. Un italiano su tre, comunque, si dice preoccupato per la conservazione dell’ambiente, mentre due su tre sostengono che lo saranno entro il 2050 e un plebiscitario 98%, in ogni caso, è convinto che le proprie piccole azioni quotidiane possano giovare alla causa. Intanto, è un fatto che la presenza di un imballaggio sostenibile è cruciale per il 46% di chi acquista prodotti per la cura del corpo e per il 43% di chi riempie il carrello di alimentari, con il 56% del totale che punterebbe su un ulteriore sviluppo delle confezioni interamente biodegradabili. L’indagine Nielsen – presentata da Nicola De Carne – ha evidenziato, per esempio, come il design e il tipo di packaging siano le due principali caratteristiche da cui i consumatori sono attratti ma alle quali sono disposti a rinunciare per acquistare prodotti sostenibili: il 40%degli italiani ritiene di poter cambiare marca rispetto al 46% della media europea) in favore di confezioni green. Il megatrend del futuro, invece, è quello indicato da Paolo Spranzi per McKinsey: il packaging interconesso, ad esempio con Qr Code, digitale, intelligente, ottimizzato e in contatto con l’utilizzatore finale. Il circolo virtuoso, insomma, è stato messo in moto, ma qualcosa non torna se è vero, come affermato dal presidente di Ucima, Enrico Aureli, che «gli input che il cittadino riceve sono sì molti, ma spesso poco chiari», ed è proprio per questo che chi vive di confezionamento ha scelto «la Packaging Valley, per fare ulteriore chiarezza». Imprese protagoniste, dunque, a cominciare dai big del settore che hanno collaborato per la riuscita dell’evento: Sacmi, Coesia, Ima, Marchesini Group, Robopac e Tetra Pak, assieme al contributo di partner quali Herambiente Servizi Industriali, Aliplast, Sick, Verallia e del vettore aereo Turkish Airlines. «Le aziende sono già pronte – ha spiegato Daniele Vacchi, marketing manager del gruppo Ima – , in particolare sul nostro territorio, sia sul versante ideologico che su quello tecnologico». Anche per il presidente di Fondazione Fico, Andrea Segrè, bisogna, del resto «insistere sulla promozione di una cultura della sostenibilità non ancora pienamente matura, in linea con gli obiettivi fissati dall’Onu per il prossimo decennio, sia sul fronte della produzione che su quello del consumo». Due versanti, questi, «che fanno progressi», mentre a essere «leggermente indietro», semmai, «sono le istituzioni, come testimonia una Plastic Tax ideata più per fare cassa subito che per guardare al medio e lungo periodo».