Greenreport
Il campione censito produce l’84,4% del valore aggiunto nazionale
Marginale anche l’impegno nella produzione di energia da fonte rinnovabile elettrica (7,2%) o termica
(4,4%)
Più sociale, che ambientale. E anche laddove si parla concretamente di riduzione dell’impatto,
complessivamente la sostenibilità nelle maggior parte delle imprese italiane non è materia ancora di vitale
importanza, ma nemmeno l’ultima ruota del carro. Come invece dovrebbe esserlo. Questo il quadro che
emerge da una lettura attenta del report Istat “Sostenibilità nelle imprese: aspetti ambientali e sociali”
pubblicato oggi.
Il tema della sostenibilità, sostiene l’Istituito, ha un crescente impatto sull’agenda politica e sui
comportamenti di famiglie, imprese, istituzioni. In particolare, all’interno del perimetro organizzativo
dell’impresa, questo tema induce nuove pratiche, potenzialmente in grado di coniugare crescita e
performance economica, sostenibilità sociale e ambientale.
I dati del censimento permanente delle imprese – dichiara Istat – permettono ora di misurare compiutamente
il tema della sostenibilità nelle imprese e integrarlo in un quadro informativo estremamente ricco e articolato.
Il campione effettivamente è importante: 280mila imprese con 3 e più addetti, rappresentative di un universo
di poco più di un milione di unità, corrispondenti al 24,0% delle imprese italiane che producono però l’84,4%
del valore aggiunto nazionale, impiegano il 76,7% degli addetti (12,7 milioni) e il 91,3% dei dipendenti: si
tratta quindi di un segmento fondamentale del nostro sistema produttivo. La rilevazione diretta è stata svolta
tra maggio e ottobre del 2019, l’anno di riferimento dei dati acquisiti dalle imprese è il 2018.
Dal punto di vista strettamente ambientale – perché quello sociale riguarda praticamente solo la salute dei
lavoratori in relazione alla disponibilità delle aziende rispetto alla flessibilità dell’orario – i macrotemi sono
quelli dell’energia, dell’acqua, dei rifiuti e dell’aria.
Energia
Secondo le statistiche contenute nel rapporto, “uno degli ambiti di intervento delle imprese per la riduzione
degli impatti sull’ambiente attiene alla gestione efficiente e sostenibile dell’energia e dei trasporti, in forte
sviluppo grazie anche alle politiche di incentivazione delle fonti energetiche e rinnovabili (Fer) e
dell’efficienza energetica portate avanti dal nostro Paese negli ultimi anni”.
Ma in che modo? Per ridurre i consumi energetici il 40,1% delle imprese ha provveduto a installare
macchinari, impianti e/o apparecchi efficienti, quindi il 60% non ha fatto nulla. Di quel 40%, il 32,2% lo ha
fatto senza usufruire di incentivi.
Tra gli investimenti finalizzati al risparmio di energia, solo 13 imprese su 100 hanno scelto l’isolamento
termico degli edifici e/o la realizzazione di edifici a basso consumo energetico e di queste 10 su 100 hanno
sostenuto la spesa in assenza di incentivi.
Più marginale l’impegno delle imprese nella produzione di energia da fonte rinnovabile elettrica (7,2%) o
termica (4,4%) e nella realizzazione di impianti di cogenerazione, trigenerazione e/o per il recupero di
calore7 (2,8%). Per queste iniziative, circa la metà degli investimenti è stata effettuata grazie all’erogazione
di incentivi.
Ancora poco diffuse risultano anche le azioni a supporto della mobilità sostenibile, in media solo 4,8 imprese
su 100 hanno acquistato automezzi elettrici o ibridi.
Da sottolineare che la varietà delle misure adottate dalle imprese dipende inoltre dalle caratteristiche proprie
dei processi di produzione, in particolare dall’intensità di utilizzo delle risorse energetiche (così come delle
risorse idriche e materiali) e dalla produzione di scarti e residui della lavorazione. Tra le iniziative più scelte
dalle imprese, quelle finalizzate a un utilizzo più sostenibile dell’energia e dei trasporti prevalgono, come
prevedibile, nei contesti che hanno come attività principale la gestione delle risorse energetiche.
Il settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata registra dunque un’elevata
incidenza di investimenti (con o senza incentivi) per l’efficientamento energetico: il 43,8% delle imprese del
settore ha installato macchinari, impianti e/o apparecchi che riducono il consumo energetico e il 18,5% ha
provveduto all’isolamento termico degli edifici e/o realizzato edifici a basso consumo energetico e per lo
sfruttamento di fonti energetiche “pulite”. A fronte di una variabilità territoriale complessivamente contenuta,
gli investimenti per energia e trasporti sostenibili tendono a essere meno diffusi nella ripartizione centrale e
più frequenti nel Mezzogiorno e nel Nord-est, con differenze più marcate, in termini relativi, negli interventi
finalizzati alla produzione di energia da rinnovabile: installano impianti per la produzione da Fer elettriche
l’8,8% delle imprese del Mezzogiorno e il 7,6% di quelle del Nord-est contro il 5,7% delle imprese del Centro.
La dimensione d’impresa si conferma fattore fortemente discriminante anche per l’impegno nella tutela
dell’ambiente. La quota di imprese che effettuano investimenti per la gestione sostenibile di energia e
trasporti varia positivamente con il numero di addetti. I differenziali sono particolarmente elevati nell’ambito
della co/trigenerazione e recupero di calore (si passa dal 2,4% delle microimprese al 17,9% delle imprese
con 500 e più addetti), per l’acquisto di automezzi elettrici o ibridi (da 3,9% a 28,3%) e la produzione elettrica
da fonte rinnovabile (da 5,9% a 26,3%).
Acqua
La gestione delle risorse idriche presenta diverse criticità, specie in alcune zone più vulnerabili, in larga parte
legate alle crescenti pressioni della domanda rispetto alla disponibilità naturale, alle inefficienze delle reti di
distribuzione dell’acqua e alla rilevanza dei carichi inquinanti derivanti dalle attività antropiche.
Gli interventi di trattamento delle acque reflue per il recupero e il riutilizzo e per il contenimento degli
inquinanti sono più diffusi nei settori a maggiore intensità di utilizzo di risorse idriche: nell’industria in senso
stretto (rispettivamente 13,7% e 29,1%) e, al suo interno, nell’estrazione di minerali da cave e miniere
(41,7% e 43,9%), nella fornitura di acqua, reti fognarie e attività di gestione dei rifiuti e risanamento (22,4% e
51,5%) e nell’industria manifatturiera (13,2% e 28,2%).
Le azioni volte al contenimento di consumi e prelievi di acqua vengono intraprese più frequentemente della
media dalle imprese dei servizi (61,4%) e da quelle di minori dimensioni (61,5% per le imprese con 3-9
addetti 4).
Le imprese del Mezzogiorno si dimostrano più attente nell’utilizzo dell’acqua anche per la minore
disponibilità della risorsa idrica in questa porzione del territorio, con il 64,5% di unità che applicano misure
per la riduzione dei prelievi, il 25,7% per il controllo degli inquinanti, il 10,3% per il recupero e riutilizzo delle
acque di scarico.
Rifiuti
La sostenibilità nella produzione si manifesta anche con il risparmio del materiale utilizzato nei processi
produttivi, che riguarda il 52,8% delle imprese, e con l’utilizzo di materie prime seconde (ossia scarti
recuperati e reimmessi nella produzione) a cui ricorre il 21,3%. Questo tipo di impegno – risparmio di
materiale e riutilizzo di materie prime – è superiore alla media nel settore estrattivo (56,1% e 40,6% delle
imprese) e, con riferimento al solo contenimento dei materiali di produzione, nel settore della fornitura acque,
gestione rifiuti e risanamento (45,9%). Anche le imprese manifatturiere si distinguono per livelli superiori alla
media: il 35,6% ha utilizzato materie prime seconde, il 67,3% ha adottato misure per contenere l’utilizzo del
materiale di produzione, con limitate differenze legate al territorio e alla dimensione d’impresa.
Anche per effetto dei vincoli normativi sempre più stringenti, la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti
rappresentano le principali attività per ridurre l’impatto ambientale. L’86,8% delle imprese ha intrapreso
azioni in questa direzione e il 58,2% ha implementato misure di gestione dei rifiuti per il controllo degli
inquinanti.
A risultare più virtuose, rispetto a entrambe le sfere di azione, sono le imprese del Nord-est (89,0% per la
differenziazione/riciclo e 59,3% per il controllo degli inquinanti) e dei settori manifatturiero (88,2% e 67,6%) e
sanità e assistenza sociale (90,0% e 73,6), oltre alle imprese che operano proprio nella gestione dei rifiuti (il
70,5% pratica attività finalizzate al controllo degli inquinanti).
Aria
Le azioni di controllo dei contaminanti ambientali si estendono al contenimento delle emissioni atmosferiche,
che interessa il 34,3% delle imprese, e dell’inquinamento acustico e/o luminoso (44,5%), con un
coinvolgimento crescente all’aumentare della dimensione d’impresa soprattutto per la prima tipologia di
intervento (la quota di imprese di 500 e più addetti è quasi doppia rispetto a quella delle microimprese). Le
imprese più attive nel contenimento dell’inquinamento acustico e luminoso operano per lo più nei settori
dell’estrazione (56,9%) e della fornitura di acqua, gestione dei rifiuti e risanamento (53,0%); lo stesso accade
per le azioni di controllo delle emissioni atmosferiche (57,7% e 53,3%), ampiamente praticate anche nella
fornitura di energia (42,2% delle imprese) che d’altra parte è uno dei settori a maggiore intensità di emissioni
di CO2 sul valore aggiunto.