Greenreport
Le operazioni sono condotte dalla Marina Militare
Ecoballe: si riparte, ma al momento ne verrà recuperata solo un’altra. Molte ancora disperse
All’appello ne mancano ancora 43. E pensare che si sarebbe potuto facilmente evitare questo disastro che oramai è in corso da 5 anni
Terza fase di recupero delle ecoballe nel Golfo di Follonica. Al momento sono state ripescate solo 12 delle 56 ecoballe che risultano essere state gettate in mare, ma da ieri si è tornanti al lavoro. Le operazioni sono condotte dalla Marina Militare.
Come noto si tratta di combustibile solido secondario (ecoballe), ovvero materiale che sarebbe stato utilizzato in un termovalorizzatore, ma che in assenza di spazi in Toscana presero il mare verso altri lidi (Bulgaria). Quella notte di ormai 5 anni fa la motonave Ivy navigava in condizioni di mare molto difficili e per non affondare, decise di scaricare in mare il suo carico nel Golfo di Follonica. Il Comitato di Indirizzo coordinato dal Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, ha dato via libera alla terza fase delle operazioni, iniziate il 6 agosto scorso e che hanno visto dapprima gli assetti specializzati della Marina Militare impegnati nelle fasi di ricerca, localizzazione, identificazione e recupero delle suddette 12 ecoballe. In una seconda fase, nel mese di settembre, si è tenuta, inoltre, una campagna per la mappatura dei fondali elaborata dai tecnici dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e delle Capitanerie di Porto.
In questa settimana le operazioni si concentreranno però sul recupero di una sola ecoballa localizzata sui fondali ad est dell’isola di Cerboli ma non recuperata ad agosto, a causa delle particolari difficoltà dovute alle condizioni del fondale. Le attività condotte nel tratto di mare antistante Piombino e, sotto il coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile, vedono impegnate nave Anteo ed il cacciamine Termoli, con a bordo i Palombari del Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare, il Ministero dell’Ambiente, la Regione Toscana, oltre a mezzi e personale della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera.
In parallelo proseguiranno le operazioni di verifica, mediante l’utilizzo di un sottomarino a comando remoto (ROV), dei target individuati dalle precedenti ricerche, al fine di confermare, oppure di poter ragionevolmente escludere la presenza di ulteriori ecoballe.
Durante l’ultimo intervento in zona dei mezzi della Marina Militare, lo scorso mese di agosto, le indagini hanno interessato un’area di oltre 20 km², triplicando l’estensione dell’area di ricerca originaria e sono stati analizzati 51 contatti subacquei, di cui solo 13 erano ecoballe, mentre la maggior parte si sono poi rivelate rocce di forma e grandezza simile. Le ulteriori ricerche, effettuate da tecnici e ricercatori CNR ed ISPRA, mediante l’utilizzo di sonar multibeam, hanno portato il totale delle aree investigate a circa 130 km².
Le attività finora portate avanti, coadiuvate da un continuo monitoraggio e controllo da parte di ricercatori e tecnici Ispra e Arpat, hanno permesso il recupero e di circa 15 tonnellate di rifiuti.
La speranza ovviamente è che si possano recuperare tutte le ecoballe, ma questa storia, lo ripetiamo fino alla noia, deve insegnarci alcune cose: queste operazioni costano un enormità, già ora sono stati spesi per il recupero oltre 4 milioni di euro, e il risultato non è certo. Ma soprattutto non sappiamo cosa effettivamente sia accaduto alle ecoballe nel corso di cinque lunghi anni e il danno ambientale potrebbe (è) certamente già stato fatto.
Se poi vogliamo (ri)dirla tutta: se ci fossero stati in Toscana impianti adeguati a gestire i nostri rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, non avremmo dovuto spedire 1.888 ecoballe in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso…