Il Tirreno, Cronaca Toscana
Dopo 5 anni di pasticci burocratici, la nomina di Borrelli accelera solo in parte le operazioni sui fondali
Manolo Morandini/Piombino
Orizzonte di sei mesi e 4 milioni di euro stanziati. Due numeri che danno la misura dell’urgenza di rimuovere le ecoballe: 63mila chili di plastiche eterogenee di combustibile solido secondario (Css) lasciati sui fondali in prossimità dell’isolotto di Cerboli dal 23 luglio 2015. A cinque anni dalla dispersione del carico dal cargo IVY, battente bandiera della isole Cook, 56 ecoballe tra quelle collocate sul ponte delle 1. 888 trasportate, caricate al porto di Piombino e dirette al porto di Varna in Bulgaria, sul fondale del golfo di Follonica ne restano 40 al netto di quelle spiaggiate o finite nel sacco delle reti di pescherecci. Il calendario ha già preso a correre. Poco dopo le ore 23 del 22 luglio in Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, si delibera lo stato di emergenza affidando il coordinamento delle operazioni al capo dipartimento della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli. È il primo atto concreto dopo mesi e mesi di paralisi. Ha la portata di un passettino, ma ha il vantaggio di muovere nella direzione giusta. Il pomeriggio del 23 luglio si è tenuta la prima riunione e un’altra è in agenda per il 30. Il mare concederà una seconda chance? Tutti si affannano a sottolineare il risultato, ma è quanto da mesi auspicato per superare lo stallo provocato dalla nomina fatta a giugno dello scorso anno, che di fatto ha limitato l’intervento per il recupero delle ecoballe del commissario straordinario l’ammiraglio ispettore Aurelio Caligiore, capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto. Il 25 giugno è decaduto dall’incarico. E la cui nomina dalla fine del 2019 è al centro di una contestazione da parte dell’Autorità garante per la concorrenza del mercato, il cui pronunciamento è atteso per il 31 luglio. Già questo la dice lunga. Oltretutto per un incarico monco, con soli poteri di indirizzo. Lo ammette lo stesso ministro dell’Ambiente Sergio Costa: «Nel 2018 sono diventato ministro e la situazione era completamente bloccata. Ho nominato un commissario di governo, l’ammiraglio Aurelio Caligiore, che insieme con la generosità del Corpo delle Capitanerie di Porto, ha portato avanti un lavoro eccezionale, individuando le ecoballe sui fondali, mappandole, e portando agli occhi di tutti la prova dell’estrema pericolosità della situazione». E ancora: «Caligiore ha lavorato in condizioni difficili e ci ha aiutato a capire quanto la situazione fosse grave». La bomba ecologica sul fondale del Santuario dei cetacei è innescata dal 23 luglio 2015. Come sia stato possibile far passare cinque anni a vuoto, se si è trattato di sottovalutazioni o inadempienze forse lo chiarirà la Procura della Repubblica di Livorno che recentemente ha aperto un fascicolo d’indagine. Un precedente, che faceva capo ai colleghi di Grosseto, è archiviato da tempo. «Ci sono voluti troppi anni per arrivare a prendere le decisioni che servivano e adesso non c’è più tempo da perdere. È stata una vergogna lasciare per cinque anni 60 tonnellate di rifiuti nel nostro mare». Così il presidente della Toscana Enrico Rossi. Il governatore, il sindaco di Piombino Francesco Ferrari e il commissario di Follonica Alessandro Tortorella hanno più volte sollecitato decisioni in linea con l’emergenza. «Finisce una situazione di pericolosa incertezza che proseguiva senza sosta da anni», sottolinea Ferrari. Quanto accaduto in mare 5 anni fa deve anche insegnare qualcosa. «La dichiarazione dello stato di emergenza nazionale dev’essere solo il primo passo per risolvere una questione vergognosa – dice Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace -. Servono regole più rigide affinché casi come questi non si verifichino più nel nostro mare e, in particolare, in un’area protetta quale il Santuario dei cetacei». Il responsabile mare di Legambiente Toscana Umberto Mazzantini mette in fila alcuni passaggi: «Questa incredibile vicenda ci insegna alcune cose: il trasporto di materiali così pericolosi non può essere affidato a navi battenti bandiere di comodo e con armatori che si rendono irreperibili dopo gli incidenti, occorre dotarsi degli impianti necessari per limitare al massimo l’export di rifiuti all’estero, bisogna proteggere di più e meglio il mare, in particolare quello compreso nel Santuario Pelagos e del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano».
La politica unanime: recuperare il tempo perso
Piombino. «Ora va recuperato il tempo perso», dice Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra Italiana . Perché «dopo il pasticcio burocratico che ha bloccato per mesi le operazioni di recupero di decine di ecoballe in fondo al mare» non c’è più tempo da perdere. Se si è arrivato a una soluzione, sottolinea l’esponente di Leu, è grazie «all’impegno degli enti locali, delle associazioni ambientaliste e della campagna di denuncia e sensibilizzazione de Il Tirreno. Ora non c’è tempo da perdere. Sono certo che i lavori saranno solleciti, non mancheranno da parte nostra momenti di verifica parlamentare». «Lo stato di emergenza e la nomina di Borrelli dimostrano che l’appello che si è levato dalla Toscana è servito – dice Eugenio Giani, presidente del consiglio regionale e candidato governatore del centrosinistra – Ci impegneremo con determinazione per tutelare l’ambiente e perché vicende così non accadano più». Esulta il Movimento 5 stelle: «Abbiamo fatto da pungolo per le istituzioni locali, regionali e nazionali – dice la senatrice Laura Bottici – Finalmente abbiamo ottenuto un primo risultato, ma non smetteremo di seguire la vicenda». Parlano di una «svolta decisiva» anche la candidata governatrice grillina Irene Galletti e il deputato Francesco Berti, secondo i quali «lo stato d’emergenza voluto dal ministro Costa è il primo, indispensabile, passo per scongiurare un disastro ambientale. Per troppo tempo la Regione ha sottovalutato la situazione».