Greenreport
L’associazione ambientalista: perché il presidente della Regione ha autorizzato lo svincolo della fidejussione?
Greenpeace Italia ha pubblicato oggi la nuova inchiesta “Un santuario di balle” «per fare luce sulle responsabilità del rilascio in mare di alcune decine di tonnellate di rifiuti in plastica diretti in Bulgaria. Una vicenda accaduta cinque anni fa nel Golfo di Follonica e ancora irrisolta».
L’organizzazione ambientalista ricorda che «Il 23 luglio 2015 una nave cargo salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. A causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il Comandante dà ordine di sversare in mare parte del carico pari a 56 balle. È così che 65 tonnellate di plastica finiscono nelle acque protette del Santuario dei Cetacei. Nessuna autorità marittima è a conoscenza dell’incidente fino al 31 luglio, quando una balla finisce accidentalmente nelle reti di un peschereccio nel Golfo di Follonica. Da qui parte l’inammissibile catena di omissioni, mancanze e negligenze delle istituzioni preposte che, invece di intervenire, si rimpallano ruoli, obblighi e inefficienze».
Greenpeace dice che la sua indagine «ricostruisce inadempienze ed errori da parte delle autorità pubbliche che hanno fatto sì che un incidente circoscritto diventasse una vera e propria emergenza ambientale, con pesanti e non del tutto noti effetti sull’ecosistema marino e sulle casse dello Stato».
Quindi, «Per rivendicare in maniera concreta i diritti dell’ambiente e dei cittadini e per accertare responsabilità, errori e incompetenze», Greenpeace Italia ha annunciato di aver presentato «un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano una fidejussione di quasi tre milioni di euro, poi restituiti, a garanzia dei possibili danni ambientali intercorsi durante le operazioni di trasporto e che potevano essere utilizzati per recuperare il carico disperso».
Lo svincolo della fideiussione non aveva convinto il ministro dell’ambiente Sergio Costa che, tre mesi dopo aver assunto l’incarico, nel settembre 2018, aveva chiesto ufficialmente chiarimenti al presidente della Regione Toscana, ma Rossi – come riporta oggi il quotidiano locale Il Tirreno – aveva risposto che la Regione Toscana «non avrebbe potuto negare lo svincolo della fideiussione prestata da Eco Valsabbia, non essendo imputabile alla stessa alcun addebito in ordine alla vicenda in esame relativa allo scarico in mare delle ecoballe» e che «dopo aver analizzato e valutato le argomentazioni dell’Avv. Canepa (legale della Eco Valsabbia srl, ndr), ha ritenuto di poter svincolare la polizza». Secondo il presidente della Regione, in base all’articolo 21 della legge sulle Disposizioni per la difesa del mare, la numero 979 del 1982: «Il comandante e il proprietario o l’armatore della nave sono tenuti in solido a rifondere allo Stato le spese sostenute per la pulizia delle acque e degli arenili, nonché a risarcire i danni arrecati alle risorse marine. Tale obbligo solidale sussiste anche nei casi in cui si sia dovuta effettuare la discarica in mare di sostanze vietate, per la sicurezza della propria o di altra nave».
Ma secondo Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace, «Questa vicenda sembra evidenziare una serie di errori da parte delle autorità coinvolte, a partire dal fatto, gravissimo, di non essere intervenuti prontamente come prevede la normativa, e avere lasciato per cinque anni il mare e le sue creature in balia di tonnellate di plastica. La classe politica italiana da tempo parla di una svolta plastic free, ma questo mero slogan non vale per una parte del Santuario dei Cetacei diventato, a causa dell’inazione delle autorità, una vera discarica sottomarina di plastica». Greenpeace è convinta che invece la Regione Toscana avrebbe dovuto procedere al recupero delle ecoballe utilizzando la fideiussione, lasciando alla Eco Valsabbia l’onere di rivalersi sui responsabili.
Nel dossier Greenpeace riporta anche un’intervista che ha fatto al ministro dell’ambiente Costa, Ecco le parti riguardanti la questione della fidejussione:
Domanda: Dalle sue dichiarazioni rilasciate alle Iene apprendiamo che il Ministero ha “attivato gli uffici legali per recuperare quelle somme”. A quali somme si riferisce? Inoltre, il Ministero verso chi intendete procedere, in quali termini e secondo quali attribuzioni di responsabilità “per recuperare quelle somme”?
Risposta Ministro Sergio Costa: Qui ci stiamo riferendo alla polizza fidejussoria posta a garanzia del trasporto transfrontaliero dei rifiuti, che viene attivata dalla Regione competente. Io avevo interessato il mio ufficio legislativo per verificare la possibilità di recuperarla o di agire per poterla recuperare. L’ufficio, approfondendo la questione, mi ha riferito che la normativa di riferimento prevede lo svincolo della polizza al momento del ricevimento del certificato di avvenuto smaltimento/recupero dei rifiuti trasferiti all’estero. Pertanto, una risposta puntuale non può che essere fornita dalla Regione Toscana, competente per materia.
Domanda: Nel settembre 2018, a seguito di chiarimenti richiesti proprio dal vostro Ministero, il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi spiega le ragioni per le quali ha ritenuto di svincolare la fideiussione da quasi tre milioni di euro (a favore del MATTM) che aveva in mano. Il Ministero concorda con le valutazioni e l’operato del Presidente Rossi oppure ha contestato le ragioni espresse nella sua missiva? La fideiussione «copre le eventuali spese sostenute dalla Pubblica Amministrazione per il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti e per i costi diretti ed indiretti di bonifica» e che «può essere svincolata dall’Autorità di spedizione esclusivamente a seguito del ricevimento dei certificati di avvenuto corretto recupero dei rifiuti», perché viene svincolata e non escussa?
Risposta Ministro Sergio Costa: Non posso che ribadire quanto sopra dichiarato, ovvero che la fideiussione non è stata attivata a favore del Ministero dell’ambiente, pertanto, la domanda deve essere posta alla Regione Toscana, che si ribadisce è competente al riguardo trattandosi di trasporti transfrontalieri di rifiuti».
Al di là delle dispute legali e dall’accertamento delle responsabilità politiche e amministrative, quello che è certo è che, come ha più volte denunciato anche Legambiente, in questi ultimi anni alcune delle ecoballe finite in mare sono state recuperate da pescherecci o sono spiaggiate ma, come ricorda Greenpeace «Al momento gran parte dei rifiuti si trova ancora sui fondali del Santuario dei Cetacei. Ad oggi, nonostante l’identificazione della posizione di buona parte delle balle di plastica sui fondali, la nomina di un Commissario Straordinario, la dichiarazione dello stato di crisi ambientale decretato da Ispra lo scorso maggio, non c’è alcuna certezza sulla rimozione di questi rifiuti. Ed è così che i danni sull’ecosistema marino potrebbero ulteriormente aggravarsi».
Ungherese conclude: «I fatti noti e documentati da Greenpeace dimostrano che in una zona che il Ministero dell’Ambiente include nell’elenco delle Aree Marine Protette si può impunemente inquinare, trasformando una area da salvaguardare in una grande discarica sottomarina senza che il principio “Chi inquina paga” venga concretamente applicato».