Il Tirreno
L’operazione è ancora bloccata, ostaggio della burocrazia
È necessario un decreto della Protezione civile nazionale
La minaccia è imminente. La prevenzione è ancora possibile. Ma non si fanno passi in avanti a quasi cinque anni dalla dispersione del carico dal cargo IVY: 63mila chili di plastiche eterogenee compresse in 56 ecoballe di Css. Il materiale, a -50 metri di profondità in prossimità di Cerboli, continua a sfaldarsi. È una bomba ecologica. Tanto che il 4 marzo il presidente della Regione Enrico Rossi ha scritto al capo della Protezione civile Angelo Borrelli per chiedere lo stato di emergenza di rilievo nazionale. Invece, tutto si è fermato nei palazzi romani. Si potrebbe mettere sul tavolo il terremoto coronavirus a giustificazione, ma non vale per il tanto tempo perso in precedenza. Quella bomba sul fondale va disinnescata quanto prima. In caso di esplosione avrebbe conseguenze pesanti per l’ambiente marino e per chi vive di pesca e turismo balneare. Burocrazia a parte ci sarebbe già sul tavolo anche un piano di massima degli interventi. Tempi e modalità indicate ricalcherebbero quanto illustrato nei mesi scorsi dal commissario straordinario di governo Aurelio Caligiore. Almeno due mesi di lavoro in mare e un altro tenendo conto della progettazione dell’intervento e dello smaltimento dei rifiuti recuperati in discarica. Il tutto sulla base dei rilievi batimetrici che hanno consentito di accertare la presenza del carico sul fondale e lo stato di conservazione di ogni ecoballa. Oltre ad affidare all’Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra) la caratterizzazione della colonna d’acqua e dei fondali per verificare l’eventuale presenza di microplastiche. Monitoraggio che dovrebbe essere svolto anche a distanza di tempo dalla conclusione delle operazioni delle ecoballe in mare. Il tutto per una spesa nell’ordine dei tre milioni di euro. Il rischio che la bomba ecologica possa esplodere è concreto. L’operazione di recupero ad oggi è ferma, come già segnalato dal Tirreno, per una questione di forma. Uno stallo che ha sempre più le caratteristiche dell’azzardo. Le ricerche in mare avviate lo scorso autunno dal contrammiraglio Caligiore, capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto (Ram), in veste di commissario straordinario del Governo, hanno messo in luce i primi parziali segni di sfaldamento delle ecoballe. Attività che si è avvalsa dei militari del 5º Nucleo subacquei della Guardia costiera di Genova e del supporto logistico della Capitaneria di porto di Piombino. Sul contrammiraglio Caligiore però pende l’azione dell’Autorità garante della concorrenza per potenziale conflitto d’interessi: si è presa fino al 15 aprile per chiudere il procedimento. Il titolare di carica di governo, qual è quella di commissario straordinario incaricato con decreto del Presidente della Repubblica, nello svolgimento del proprio incarico, non può esercitare qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico. Da qui l’apertura del procedimento. La soluzione sarebbe stata trovata per chiudere la partita prima dell’estate. Si tratta di districarsi tra passaggi burocratici per definire una nuova nomina. E per questo serve un’ordinanza della Protezione civile nazionale, come caldeggiata dal governatore della Toscana, con cui individuare un commissario delegato con poteri straordinari, in deroga alle ordinarie disposizioni di legge. Ad oggi si tratta di recuperare 41 ecoballe. Dal conto iniziale di 56 ecoballe disperse il 23 luglio 2015 dal cargo IVY, che all’epoca batteva bandiera delle Isole Cook, devono essere tolte le 15 che in questi anni sono state recuperate.