La Nazione
Le ipotesi in campo: due involucri per evitare la dispersione di plastica
La salvaguardia dei subacquei e il piano per evitare rischi di inquinamento
PIOMBINO Non sarà una passeggiata recuperare le 40 ecoballe che dovrebbero trovarsi nei fondali due miglia a sud dell’isola di Cerboli nel mezzo del golfo di Follonica. Ventotto masse di plastica, dei parallelepipedi pesanti circa una tonnellata, sono già mappati grazie alla missione dei subacquei della Guardia Costiera. Altri 12 sono da individuare: potrebbero essersi sfaldati o riemersi e magari portati dalle correnti verso tratti di costa meno accessibili o più lontani e quindi dispersi. Comunque il primo obiettivo sarà portare a terra le 28 ecoballe già censite. La missione diretta dal commissario straordinario Angelo Borrelli, di fatto è già iniziata e d domani arriveranno a Piombino le prime unità navali della Marina Militare e probabilmente anche gli uomini del comsubin. Ma come si procederà per il recupero? Prima di tutto bisogna evitare la dispersione dei pezzetti di plastica. Non è possibile infatti agganciare le ecoballe e tirarle su con il classico pallone pieno d’aria. Il rischio che l’ecoballa si sfaldi è troppo elevato. La plastica è tenuta insieme da reggette che non sono state progettate per resistere in mare 5 anni, ma per una durata di circa sei mesi. Il carico perso dalla motonave Ivy infatti era destinato al bruciatore di un cementificio di Varna in Bulgaria e sarebbe stato smaltito nel giro di due o tre mesi. Quindi, per non far ’esplodere’ le ecoballe al momento del recupero, si procederà prima di tutto ’incappucciando’ la parte superiore del parallelepipedo e poi, lentamente, riempiendo un pallone d’aria, si solleverà un lato dell’ecoballa per farla rovesciare all’interno di un secondo involucro di sicurezza. Una volta impacchettat l’ammasso di plastica si potrà farlo riemergere. Ma non è finita qui. C’è il problema del fondale melmoso che limita la visibilità. Forse si userà una sorbona per ’ripulire’ dalla melma il perimetro intorno ad ogni ecoballa i modo da operare con più sicurezza. Infine, ma in realtà è la prima cosa, proprio a proposito di sicurezza, si dovrà studiare la metodologia migliore di intervento per il personale che scenderà giù a -45 metri. Bisognerà operare probabilmente in saturazione, con miscele di gas respiratori e accorgimenti ben diversi da quelli di una normale immersione. C’è l’esigenza di fare presto, ma la sicurezza degli uomini e dell’ambiente marino sono priorità assolute.
Luca Filippi