Il Tirreno
L’appello di Legambiente «Vanno rimosse subito»
Piombino. «Si smetta senza ulteriore indugio questo assurdo e incomprensibile scaricabarile e si provveda
quanto prima a dichiarare lo stato di emergenza, a nominare un nuovo commissario e finalmente a
rimuovere quella che si sta annunciando come una vera e propria bomba ecologica a orologeria per il nostro
ambiente marino». A una sola voce è l’ennesimo appello di Stefano Ciafani e Fausto Ferruzza,
rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente, a cinque anni dal 23 luglio 2015 quando il
cargo IVY ha disperso 56 ecoballe, 63mila chili di plastiche eterogenee di combustibile solido secondario
(Css), sui fondali in prossimità dell’isolotto di Cerboli. Dopo cinque anni è urgente rimuovere le ecoballe
disperse nel mare, ne restano una quarantina al netto di quelle spiaggiate o finite nel sacco delle reti dei
pescherecci, perché il golfo di Follonica e il Santuario dei Cetacei Pelagos non possono più aspettare. Il
nuovo appello lanciato da Legambiente Toscana è in occasione dell’arrivo in regione della Goletta Verde
2020. In cinque anni non è ancora arrivata la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, dopo mesi di
incomprensibili rimpalli di responsabilità e il congelamento – per un anno intero – dell’azione dell’ex
commissario, Aurelio Caligiore, a causa di un presunto conflitto di interessi sollevato dall’Autorità garante per
la concorrenza e il mercato, il cui pronunciamento è atteso per il 31 luglio. Così in Cigno verde ricostuisce
l’impasse: «Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli indugia nell’inoltrare la richiesta formale di
attivazione dello stato di emergenza al Consiglio dei ministri, che quindi non si sta occupando del problema.
Il premier Conte, dal canto suo, non firma il decreto per deliberare lo stato di emergenza». Il risultato è
gravissimo: sotto gli occhi attoniti delle comunità dell’arcipelago toscano e dell’intero Paese le 40 ecoballe
“superstiti” del carico disperso in mare «si stanno lentamente sfaldando, con gravissimi e forse irreversibili
danni per l’ecosistema marino dell’Alto Tirreno e con conseguenze ancora non valutabili per il Santuario dei
cetacei Pelagos».