Dati ambientali, aperti, disponibili, comprensibili: uno strumento di democrazia

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Dati ambientali, aperti, disponibili, comprensibili: uno strumento di democrazia

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Dati ambientali, aperti, disponibili, comprensibili: uno strumento di democrazia

Le scelte politiche passano anche e soprattutto dalla capacità dell’opinione pubblica di determinarle: pretendere il diritto a fruire di un sistema di diffusione delle informazioni ambientali adeguato è cruciale

di Marco Talluri

Quando si parla di informazione ambientale dobbiamo essere consapevoli che non si tratta di una “concessione” da chiedere, ma un diritto che tutti i cittadini hanno e che le amministrazioni pubbliche che le detengono hanno il dovere di mettere a disposizione di tutti.

Questo aspetto fondamentale è stato ben chiaro fino da quando nel nostro Paese si è iniziato a parlare d’ambiente. Infatti già nella legge 349/83 che ha istituito il Ministero dell’Ambiente si stabiliva il diritto di accesso alle informazioni da parte dei cittadini. Diritto rafforzato e sistematizzato dal decreto legislativo n. 195/2005 che ha recepito in Italia la  direttiva 2003/4/CEE.

In base a queste normative – ben prima del FOIA – chiunque può accedere alle informazioni sullʼambiente: qualsiasi persona, fisica o giuridica, ha il diritto di chiedere e ottenere unʼinformazione senza bisogno di dimostrare uno specifico interesse o una specifica ragione in relazione alla propria richiesta. Un altro tassello importante in questo ambito è costituito poi dai cosiddetti “dati aperti” (open data) previsti dal Codice dell’Amministrazione Digitale. Il concetto di apertura dei dati va infatti oltre quello di trasparenza. I dati aperti sono un mezzo per esercitare la democrazia.

Insomma, le norme che sanciscono il diritto di tutti a poter fruire dei dati ambientali ci sono ampiamente, il punto è capire se a questo diritto corrisponde una realtà effettiva.

In campo ambientale il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, istituito con una legge del 2016 approvata all’unanimità dal Parlamento, che ha messo rete, con una soluzione “federale” Ispra e le 21 agenzie regionali e delle province autonome, è il fornitore dei dati “ufficiali” sull’ambiente.

Questo carica di responsabilità il Sistema, che ha  quindi il compito di raccogliere i dati che recupera attraverso le proprie attività di monitoraggio di tutte le matrici ambientali (aria, acqua, suolo, agenti fisici), organizzarli e diffonderli. Tutto questo usando procedure di qualità “certificate”, che garantiscano pienamente la correttezza e veridicità dei dati forniti.

La terzietà delle agenzie ambientali, fortemente caratterizzate come «enti tecnico-scientifici» dalla legge 132/2016, consiste anche nel mettere a disposizione di tutti dati e informazioni ambientali oggettive. Altri, le istituzioni, le associazioni, i partiti, i media, i cittadini possono esprimere le loro preferenze, le loro valutazioni soggettive, secondo il proprio punto di vista.

I dati ambientali raccolti dal SNPA costituiscono un patrimonio enorme, in continua evoluzione, presente nelle banche dati dei 22 enti (Ispra, Arpa, Appa) che compongono il Sistema, e che devono essere integrate. Si tratta di un impegno da “far tremare i polsi”, ma anche da solo giustificherebbe l’esistenza del SNPA.

Non è sufficiente parlare genericamente di “pubblicazione dei dati ambientali”, si tratta di definirne le caratteristiche, e cioè i dati devono essere, oltre che certificati (quindi attendibili): tempestivi e continuativi, completi ed esaurienti, facilmente fruibili, facilmente comprensibili, in formato aperto e quindi riusabili.

Tutto questo richiede una forte volontà “politica”; adeguate competenze tecniche, informatiche, e comunicative che lavorino insieme; risorse economiche adeguate.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto non possiamo nasconderci che questo Paese che spesso si riempie la bocca della parola “ambiente”, investe sul Sistema per la protezione dell’ambiente cifre irrisorie, meno del costo di un caffè al mese per abitante. Il bilancio complessivo di tutti e 22 gli enti che compongono il Sistema è inferiore a quello di una media azienda sanitaria locale. Le risorse sono sempre state decrescenti, così come il personale. Se davvero si vuol parlare di “transizione ecologica” non si può prescindere da una decisa svolta su questi aspetti.

Per quanto riguarda invece le competenze tecniche, informatiche e comunicative, ci sono, anche se sicuramente sarebbe necessario una forte iniezione di forze giovani (l’età media del personale del SNPA è superiore ai cinquant’anni, così come in gran parte della pubblica amministrazione, a causa delle politiche di blocco del turn-over di tanti anni), ma è indispensabile comprendere che nessuna di queste tre componenti (gli esperti delle singole materie, i tecnici, gli informatici e i comunicatori) possono fare da sé, occorre cooperazione e integrazione dei diversi punti di vista, per far sì che le risposte alla griglia che sopra ho proposto siano tutte affermative.

Infine, occorre la volontà politica. Ebbene, in una democrazia le scelte passano anche e soprattutto dalla capacità dell’opinione pubblica di determinarle. Pretendere il rispetto del proprio diritto a poter fruire di un sistema di diffusione delle informazioni ambientali adeguato è cruciale, perché attraverso di essa, attraverso la trasparenza, si può avere cognizione di tanti problemi, innescando quindi tanti circuiti virtuosi (conoscenza-azione-cambiamento), che altrimenti rimarrebbero impossibili.

La disponibilità dei dati ambientali è essenziale per contribuire al formarsi di opinioni avvedute e favorire processi decisionali efficaci. È una esigenza fondamentale anche per i decisori pubblici. Per i decisori pubblici i dati ambientali costituiscono la “benzina” da utilizzare per effettuare analisi della realtà secondo modelli quali quello messo a punto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente con il modello denominato DPSIR.

La struttura dello schema è costituita da sottosistemi DPSIR, legati tra loro da una catena di relazioni essenzialmente di tipo causale:

Determinanti o Forze determinanti – Attività e comportamenti umani derivanti da bisogni individuali, sociali, economici; stili di vita, processi economici, produttivi e di consumo da cui originano pressioni sull’ambiente

Pressioni esercitate sull’ambiente in funzione delle determinanti, cioè delle attività e dei comportamenti umani come ad es. emissioni atmosferiche, rumore, campi elettromagnetici, produzione di rifiuti, scarichi industriali

Stati – Qualità e caratteri dell’ambiente e delle risorse ambientali che possono essere messi in discussione dalle pressioni, qualità considerate come valori che occorre tutelare e difendere

Impatti – Cambiamenti significativi dello stato dell’ambiente che si manifestano come alterazioni negli ecosistemi, nella loro capacità di sostenere la vita, la salute umana, le performance sociali ed economiche

Risposte – Azioni di governo messe in atto per fronteggiare le pressioni; oggetto della risposta può essere una determinante, una pressione, uno stato, un impatto, ma anche una risposta pregressa da correggere; le risposte possono assumere la forma di obiettivi, di programmi, di piani di finanziamento, di interventi ecc.

Questa metodologia permette un collegamento logico tra gli elementi e i sistemi che compongono l’ambiente. La disponibilità di dati completi ed attendibili permette di “far girare” questo modello di analisi della realtà e di assumere decisioni (risposte) che siano adeguate ad agire davvero sulle cause (determinanti) dei problemi ambientali (pressioni ed impatti), migliorando la qualità dell’ambiente (stato).

È troppo pretendere dalla politica di uscire dalla logica degli annunci, delle dichiarazioni di principio, per misurarsi con i dati concreti e reali, misurabili, che permettano poi di verificare l’efficacia delle decisioni assunte? Forse, certamente è un diritto di tutti noi di operare perché questo cambiamento avvenga.

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