Dalla differenziata ricavi scarsi

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Dalla differenziata ricavi scarsi

Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Dalla differenziata ricavi scarsi

E il controllo qualità fa acqua

GROSSETO. Non solo la qualità è scarsa, e lo dicono i numeri. Ma è difficile da valutare.L’assessora all’Ambiente del Comune di Grosseto, Simona Petrucci, risponde alle domande del Forum Ambientalista che chiede di conoscere i ricavi dalla vendita di materie prime seconde derivate dalla raccolta differenziata dei rifiuti, a cui sono chiamati tutti i cittadini, e che dovrebbero servire ad abbassare il costo del servizio: invece di pagare per buttarli in discarica, carta, plastica, vetro, metallo e organico, rivenduti, compensano i costi di raccolta. Ma le cifre rendono un quadro desolante. «I ricavi e proventi derivati dalla vendita delle materie prime seconde del Pef 2021 ammontano a 875mila euro – dice Petrucci – e si riferiscono al 2020, quando la raccolta differenziata era al 44,30 per cento. Quest’anno siamo al 55 per cento, quindi il prossimo anno i ricavi saranno maggiori».Il dato è superiore agli anni precedenti. Nel 2017 i ricavi ammontarono a 667.792; nel 2018 701.369; nei primi dieci mesi del 2019 a 713.290.«Il problema – prosegue Petrucci – è che quest’anno, con l’introduzione del nuovo metodo di calcolo della tariffa stabilito da Arera è stato introdotto il cosiddetto “fattore sharing”, cioè una parte di questi ricavi va divisa con il gestore, cioè Sei Toscana. E si tratta di una parte consistente, il 29 per cento. Questo significa che al Comune, a detrazione della tariffa, restano 628mila euro».Ma quanti sono questi soldi? Tanti? Pochi? L’ultimo rapporto Ispra del ministero dell’Ambiente, ricorda il Forum Ambientalista, rende noto che «nei Comuni più virtuosi i ricavi dalla vendita delle frazioni raccolte dimezzano il costo del servizio di raccolta, trasporto, trattamento, riciclo».Nel comune di Grosseto questo costo ammonta a circa 17 milioni di euro. Quindi, se le cose funzionassero a dovere, i ricavi dalla vendita delle materie recuperate dalla differenziata dovrebbero essere almeno 8,5 milioni di euro. Non 700mila euro scarsi. E, allora, cosa non funziona? «Non dipende dal Comune – dice Petrucci – I rifiuti, per contratto, appartengono a Sei Toscana. Ed è Sei Toscana che si occupa della vendita delle materie prime seconde sulla base di contratti nazionali con i consorzi. Quando sono diventata assessore all’Ambiente, provai, con la consulenza di un avvocato, a chiedere che il Comune potesse vendere direttamente i rifiuti e contrattare da solo il prezzo coi consorzi. Ma secondo l’Ato non si può fare».Secondo il Forum Ambientalista, però, una cosa da fare, e risolutiva, ci sarebbe: tornare al porta a porta, che consente di verificare ogni singolo conferimento di rifiuti, ogni sacchetto, ogni mastello (visto che lo ritira una persona in carne e ossa) in modo che, se nel secchio della carta finisce un cartone unto della pizza – cosa che contaminerebbe l’intera partita -, quel secchio non viene ritirato. E la partita viene salvata, garantendo una più alta qualità della differenziata.Con i cassonetti, seppur intelligenti, questo controllo non c’è. Ma, addirittura, manca qualsiasi controllo puntuale, ufficiale, della qualità dei rifiuti a livello comunale.«Il dato sulla qualità lo fornisce l’Ato, sulla base di quanto comunicato dai consorzi – spiega Petrucci – E i consorzi misurano la qualità della differenziata non su base comunale, ma sulla base dell’Ambito», l’Ato sud, che raccoglie i 104 comuni di Grosseto, Siena e Arezzo, più la Valdicornia. «Quando i rifiuti, ad esempio il multimateriale, arrivano sulla piattaforma per essere vagliati, l’operazione non viene divisa comune per comune – prosegue Petrucci – ma più camion, da comuni diversi, possono scaricare sulla piattaforma». E dunque la raccolta del cassonetto X di Grosseto può finire mischiata con la raccolta del cassonetto Y di Siena o di Arezzo.Ma, allora, come si fa a capire se, a Grosseto, la differenziata con i cassonetti smart funziona? «Noi, come Comune, facciamo dei controlli a campione. E inviamo gli ispettori nelle stazioni ecologiche», dice Petrucci. Basterà? Alla bolletta l’ardua sentenza. F.F.

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