Csai ha chiesto lo stop al Paur per l’ampliamento della discarica di Podere Rota

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Csai ha chiesto lo stop al Paur per l’ampliamento della discarica di Podere Rota

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Il sindaco Vadi: «Punto di svolta importante»

Csai ha chiesto lo stop al Paur per l’ampliamento della discarica di Podere Rota

Una decisione presa «in attesa di un piano di caratterizzazione approfondito che ricostruisca in modo puntuale la situazione relativa all’intera area»

A pochi giorni dalla lettera con cui anche il sindaco di Terranuova Bracciolini aveva scritto a Csai e alla Regione Toscana invitando a valutare una sospensione del Paur, la stessa Csa Impianti ha comunicato alla Regione la richiesta di sospensione del Procedimento autorizzatorio unico regionale, in corso ormai da tempo – durante il quale si è svolta anche un’inchiesta pubblica – per l’ampliamento della discarica di Podere Rota per rifiuti speciali non pericolosi.

Una decisione presa dall’azienda «in attesa di un piano di caratterizzazione approfondito che ricostruisca in modo puntuale la situazione relativa all’intera area».

«È la richiesta che stiamo facendo alla Regione come Comune di San Giovanni Valdarno da oltre un anno – commenta con soddisfazione il sindaco Valentina Vada – a seguito dei rilievi di Arpat Arezzo (Ria settembre 2020, Ria gennaio 2022) sulla potenziale contaminazione delle acque sotterranee. Adesso attendo che la Regione Toscana, la direzione Ambiente ed energia, accolgano la richiesta di Csai e che il provvedimento sia sospeso, con la sospensione contestuale della Conferenza dei servizi, e vengano messe in atto tutte le procedure necessarie ad indagare ed approfondire la situazione dell’area sulla quale sorge la discarica».

Già nel marzo scorso, Arpat invitava le amministrazioni competenti ad emettere un’ordinanza nei riguardi del responsabile della «potenziale contaminazione» del sito della discarica di Podere Rota, in particolare sotto il profilo delle acque sotterranee; una potenziale contaminazione che Csai addebiterebbe a condizioni naturali del sottosuolo o all’impiego di fertilizzanti in agricoltura, e non all’attività di discarica.

Tutto questo mentre, paradossalmente, sia il gestore del servizio idrico locale (la partecipata pubblica Publiacqua) sia l’Asl hanno confermato a fine gennaio 2022 che non risultano criticità nell’acqua potabile distribuita, anche dopo aver incrementato i costanti controlli nell’area.

Il sindaco Vadi parla comunque di un «punto di svolta importante: la sospensione del Paur consentirà di procedere a verifiche puntuali sul terreno sul quale sorge la discarica, attraverso un piano di caratterizzazione e di stabilire se vi è contaminazione e inquinamento come sostenuto nella documentazione di Arpat e chi ne è il responsabile. In caso di conferma dei rilievi di Arpat, si dovrà procedere alla bonifica del sito».

Del resto il primo cittadino si batte ormai da un anno e mezzo perché venga fatta chiarezza sulla possibile contaminazione dell’area rilevata da Arpat  e soprattutto affinché la discarica di Podere Rota chiuda, in via definitiva, all’esaurimento degli attuali volumi per il conferimento dei rifiuti urbani – lo stesso Ato sud ha stabilito la fine dei conferimenti di rifiuti urbani nell’impianto all’esaurimento dei volumi esistenti, previsto entro metà 2022 –, forse dimenticando che buona parte dei rifiuti speciali che finiscono in discarica sono costituiti da rifiuti urbani, dopo esser stati lavorati in appositi impianti come i Tmb.

Nel frattempo, con lo stop al Paur arriva anche un grande punto interrogativo sul progetto Valdarno Ambiente – presentato nell’ottobre 2020 da Csai, Crcm, Tb e l’Agricola Riofi –, che dovrebbe mettere in campo investimenti sull’economia circolare per 24 mln di euro: in parallelo all’ampliamento della discarica, infatti, sarebbero stati messi in campo infrastrutture per ricavare biometano dai rifiuti e dotare contestualmente il territorio di impianti funzionali a un nuovo distretto dell’economia circolare.

Un problema non solo per l’aretino ma per tutta la Toscana: il nuovo Piano regionale rifiuti è ancora in fase di elaborazione, mentre quello ormai scaduto da tempo non ha raggiunto alcuno degli obiettivi che s’era posto. E la Toscana continua a generare 10,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali all’anno, oltre a 2,15 mln di ton di rifiuti urbani, senza sapere dove metterli. Un gap che minaccia di arrivare presto a superare 1 mln di ton/anno, lasciando così campo libero all’export (col conseguente inquinamento atmosferico e climatico, oltre ai costi aggiuntivi per imprese e cittadini) o peggio agli smaltimenti illegali.

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