Greenreport
Crescono le inchieste e calano gli impianti, la gestione rifiuti toscana sempre più nel caos
Dalla Procura di Firenze nuova azione contro la società 100% pubblica Alia: 33 indagati, 9 misure cautelari e 0 soluzioni all’orizzonte
Di Luca Aterini
In Toscana le inchieste sulla gestione dei rifiuti che generiamo ogni giorno – fino a raggiungere 12 mln di ton l’anno, tra urbani (2,27 mln ton) e speciali (9,8 mln ton) – non si chiudono, ma anzi crescono a macchia d’olio: ieri nel mirino della Procura di Firenze è tornata Alia spa, vero e proprio perno dell’economia circolare toscana nonché gestore unico dei servizi d’igiene urbana nell’Ato Toscana centro.
Un soggetto interamente pubblico, che ora ha 33 indagati fra dirigenti e responsabili per varie ipotesi di reato continuate, in concorso, di traffico illecito di rifiuti, frode nell’esercizio del commercio e getto pericoloso di cose. Sono state emesse anche 9 misure cautelari personali inerenti l’interdizione dai pubblici uffici (da un massimo di 12 mesi ad un minimo di 3) di dirigenti e funzionari della società Alia e di società ad essa collegate; inoltre è stato messo in atto un sequestro preventivo di alcune aree del Polo tecnologico di San Donnino
Si tratta dell’ampliamento di un’indagine avviata nel 2016, una delle tante che da allora si sono abbattute sull’economia circolare toscana: si ricordi ad esempio l’inchiesta Demetra sempre del 2016, la Dangerous trash del 2017, la Blu mais e la Stop stinks del 2020, mentre il 2021 conta già l’inchiesta Keu e adesso quella con al centro Alia. Nessuno di questi filoni ci risulta arrivato a sentenza, men che meno definitiva, ma in compenso le inchieste continuano a crescere e con loro il clamore mediatico, che a sua volta contribuisce ad alimentare le sindromi Nimby contro gli impianti necessari per gestire la nostra spazzatura: un circolo vizioso.
«Nell’auspicare che le persone coinvolte possano chiarire al più presto la propria posizione e convinti che debba essere fatta piena luce sulla vicenda, riponiamo fiducia nei nuovi vertici di Alia insediati da pochi mesi», commentano dal Comune di Firenze – in qualità di principale socio di rifermento della società – in merito all’inchiesta. Nel frattempo, oltre a confermare «piena fiducia nel lavoro della magistratura e totale collaborazione» Alia comunica di «aver dato immediata esecuzione alle misure cautelari interdittive contenute nel provvedimento del Gip. Sono state pertanto revocate tutte le deleghe e le procure ai dirigenti coinvolti, riaffidando a personale interno funzioni e responsabilità».
Le accuse mosse dall’inchiesta sono pesanti, tutte con al centro la gestione di impianti Alia. Ad esempio l’ammendante prodotto in quelli di compostaggio per fertilizzare i campi sarebbe in realtà da configurarsi come rifiuto speciale da smaltire in discarica; la discarica di Case passerini avrebbe disperso illegalmente ingenti quantitativi di biogas in atmosfera; il percolato prodotto dall’ex discarica di Bosco ai Ronchi sarebbe stato scaricato sistematicamente all’interno di alcuni laghetti non impermeabilizzati.
Temi sui quali peraltro già nel 2017 e nel 2018, dopo l’avvio del primo filone d’inchiesta, Alia era intervenuta pubblicamente spiegando sia le oggettive difficoltà di operare nella gestione rifiuti – solo all’impianto di San Donnino per l’ingresso e l’uscita dei rifiuti venivano trattati ogni anno qualcosa come 97mila formulari – sia le proprie posizioni nel merito: dalle torce per bruciare il biogas a Case passerini ai “laghetti” dell’ex discarica di Bosco ai Ronchi definiti in realtà «apposite vasche di contenimento del percolato», ricordando peraltro che l’ultimo conferimento di rifiuti nell’ex discarica risale al 1971, che secondo la normativa europea dopo 30 anni di post gestione non si parlerebbe nemmeno più di discarica, e che ormai dal 37° anno di post gestione della discarica è anche autorizzata l’immissione diretta del percolato nel sistema di pubblica fognatura.
Tutte argomentazioni ritenute insoddisfacenti o cadute nel vuoto, evidentemente. E in attesa che questa nuova inchiesta e che l’eventuale processo arrivino a conclusione, per l’economia circolare in Toscana i problemi non fanno che aumentare. Anche perché la generazione di rifiuti resta pressoché costante mentre gli impianti per gestire la spazzatura sono sempre meno: un trend particolarmente evidente guardando al recupero energetico (gli inceneritori attivi erano 7 nel 2013, oggi sono 4 e presto saranno 2) ma da ultimo anche la discarica Rimateria – caso apparentemente unico in Italia nella gestione di rifiuti speciali non pericolosi – si avvia a fallimento. Gli obiettivi dell’ultimo Piano regionale rifiuti non sono stati rispettati, mentre per il nuovo Piano si attende un iter che durerà almeno un anno.
Uno stallo nella programmazione pubblica degli impianti che si somma al caos normativo che da sempre vige in Italia sulla gestione rifiuti, che nel frattempo – con pesanti ricadute ambientali ed economiche, sia per i cittadini sia per le imprese – continuiamo ad affibbiare a qualcun altro pur di non occuparcene: si stima che siano almeno 8.760 i tir carichi di spazzatura che attraversano ogni anno i confini regionali e, senza una dotazione impiantistica adeguata né iniziative per ricostruire la già sfibratissima fiducia della cittadinanza, all’orizzonte non si scorge una soluzione