Cresce la differenziata ma il “nomadismo” dei rifiuti blocca l’economia circolare del sud Italia

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Cresce la differenziata ma il “nomadismo” dei rifiuti blocca l’economia circolare del sud Italia

Greenreport

Cresce la differenziata ma il “nomadismo” dei rifiuti blocca l’economia circolare del sud Italia

Mancano gli impianti per gestirli, così più della metà dei Comuni spedisce i rifiuti fuori dalla Regione

Di Luca Aterini

Nell’Italia del sud la produzione dei rifiuti (urbani) è pressoché stabile, la raccolta differenziata in crescita ma l’avvio a riciclo procede col freno a mano tirato: come mai? Si tratta di una domanda complessa cui è importante dare una risposta articolata, e il Rapporto sui rifiuti urbani e l’economia circolare nel Sud Italia rappresenta un ottimo punto di partenza.

La gestione – più o meno circolare – dei rifiuti urbani in 6 Regioni del sud Italia (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, mentre alla Sicilia è stato dedicato un report specifico) e in Sardegna, con un focus su 31 città in particolare, è stata oggetto d’analisi nel corso del workshop “Gestione circolare dei rifiuti nelle città e le nuove direttive europee” organizzato dal Green city network (Gcn), iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con Conai.

Questi i dati: il Gcn ha svolto un’indagine qualitativa a campione fra le città Capoluogo di provincia e tra quelle medie e piccole (tra i 50.000 e i 15.000 abitanti). Dal Rapporto emerge che la produzione dei Rifiuti Urbani (RU) nel corso degli ultimi anni (2013-2018) è cresciuta: a livello nazionale, nelle Regioni studiate invece è restata pressoché stabile. La Puglia ha il maggior incremento (+6 kg/ab/anno), seguita da Abruzzo e Sardegna (+3 kg/ab/anno) e Campania (+1 kg/ab/anno). Calabria, Molise e Basilicata registrano invece una riduzione dei rifiuti rispettivamente di -10, -15 e -21 kg/ab/anno.

Per la raccolta differenziata, invece, 5 Regioni hanno una RD inferiore alla media nazionale (58%), solo Abruzzo e Sardegna superano la media nazionale col 60% e 67%. Tra le città, 14 Città hanno RD superiore alla media nazionale, con Oristano che arriva al 75%, seguita da Cagliari (74%).

E per quanto riguarda il tasso di riciclo? Relativamente al Sud Italia la stima della quota di riciclo per il 2018 è stata calcolata dal Gcn a partire dai dati di raccolta differenziata di ISPRA a cui è stato sottratto uno scarto medio del 13%. Il risultato è che il tasso di riciclo dei rifiuti urbani nel Sud è pari al 39% contro il 45% di media nazionale, nessuna Regione ha raggiunto l’obiettivo di riciclo previsto per il 2025 (55%), la Sardegna arriva al 54% ed è l’unica Regione che supera il 50%; Abruzzo e Campania hanno un riciclo tra il 40 e il 50%. Lo smaltimento in discarica al Sud è invece pari al 26%, con punte del 52% in Calabria.

Si tratta di dati peggiori rispetto a quelli pur non lusinghieri registrati a livello nazionale, dove secondo le stime Gcn il riciclaggio delle diverse frazioni dei rifiuti urbani raggiunge il 45% della produzione, corrispondente a circa 13,6 Mt di rifiuti avviati a riciclo. Anche qui c’è da migliorare: per raggiungere l’obiettivo di riciclo dei rifiuti urbani del 55% entro il 2025 stabilito delle nuove direttive Ue, il riciclo a livello nazionale dovrà crescere di 10 punti percentuali entro il 2025 (e poi di ulteriori 10 punti fino al 2035). Quale strada imboccare per progredire? Dal Sud arriva una lezione importante.

«A fronte di numeri di raccolta differenziata in crescita – argomenta il Rapporto – si osservano carenze di impianti per il trattamento delle frazioni raccolte e, conseguentemente, un non irrilevante “nomadismo” dei rifiuti. Dal questionario effettuato risulta che più della metà dei Comuni spedisce i rifiuti fuori dalla Regione. In particolare la frazione organica, il vetro, il multimateriale e la carta/cartone».

L’economia circolare resta al palo, dunque, se i rifiuti raccolti con sacrifici (e costi) non vengono poi indirizzati all’interno di un adeguato e sostenibile percorso di valorizzazione e/o di smaltimento. Un percorso per soddisfare il quale occorrono politiche e dotazioni impiantistiche adeguate.

«Per evitare il “nomadismo” dei rifiuti – suggerisce il Rapporto – è consigliabile avviare politiche a favore della localizzazione e operatività di impianti di preparazione per il riutilizzo e di riciclo nelle Regioni del Sud, disincentivando il trasporto a distanza dei rifiuti. È inoltre necessario rafforzare la collaborazione tra i sistemi di responsabilità estesa del produttore e gli enti locali per evitare che flussi di materiale di particolare pregio – come nei Raee – venga indirizzato verso canali che non assicurano il loro trattamento ottimale come descritto dalla legge. È infine importante che le amministrazioni locali si adoperino con maggiore diligenza ad alimentare il mercato delle materie prime seconde provenienti dal riciclo dei rifiuti, anche utilizzando meglio gli Acquisti pubblici verdi (Gpp)».

Un fronte, anche questo, dove il Sud ma non solo si dimostra ancora molto indietro: «Nonostante il vigente obbligo di legge, il ricorso agli appalti pubblici verdi (Gpp) viene considerata una misura di prevenzione solo dal 38% degli enti locali consultati», sottolinea il Rapporto.

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