Coronavirus, quest’anno calerà anche la produzione di rifiuti (ma non è una buona notizia)

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Coronavirus, quest’anno calerà anche la produzione di rifiuti (ma non è una buona notizia)

Greenreport

 

Althesys: «Carenze di infrastrutture, eccessiva burocrazia, decisioni politiche spesso rinviate. La fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti appare ancor più grave in questa situazione di emergenza»

Di Luca Aterini

Per le misure di contenimento messe in campo contro la pandemia da coronavirus Sars-Cov-2 sono in calo in queste settimane le concentrazioni di inquinamento atmosferico, le emissioni di gas serra e – come osserva adesso la società Althesys, che elabora ogni anno il Was Report – anche la produzione di (alcuni) rifiuti: in tutti e tre i casi si tratta però di cali contingenti, asimmetrici e non programmatici, che non aiutano lo sviluppo sostenibile del Paese.

I rifiuti rappresentano l’altra faccia della nostra società dei consumi, e le stime diffuse oggi dall’Istat mostrano che gli impatti del coronavirus su quest’ultima saranno in ogni caso ingenti. Le misure volte a limitare il contagio coinvolgono il 34% della produzione nazionale e il 27,1% del valore aggiunto; al contempo, se la chiusura delle attività si fermasse “solo” ai mesi di marzo e aprile la riduzione dei consumi viene stimata nell’ordine del 4,1% su base annua, mentre se lo stop dovesse estendersi fino a giugno si arriverebbe a un calo del 9,9%. Una situazione che, se osservata in termini di produzione rifiuti, restituisce un quadro sfaccettato.

«Il fermo della maggior parte dell’industria italiana porta in primo luogo a una drastica diminuzione dei rifiuti speciali da trattare – spiega Alessandro Marangoni, chief executive officer di Althesys – Da una prima stima sui settori previsti dal Dpcm del 25 marzo, calcolando la perdita di mesi lavorativi, si avrebbero tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in meno solo nelle tre regioni più colpite: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Con una stima di massima, ciò comporterebbe per le aziende che gestiscono i rifiuti speciali una perdita di fatturato intorno al miliardo di euro

In una situazione opposta si trovano invece gli operatori dei rifiuti sanitari, che in alcuni contesti sono già arrivati a triplicare: “Purtroppo, questo comparto rischia invece di soffocare per l’improvvisa esplosione delle quantità da gestire. Il freno imposto alla costruzione di impianti rischia di diventare cruciale in un settore dove la termovalorizzazione è necessaria per ragioni di sicurezza sanitaria. L’Istituto superiore di sanità ha infatti chiesto che le persone trovate positive o in quarantena non differenzino i propri rifiuti, ma li conferiscano in un unico sacchetto, che sarà inviato a termovalorizzazione senza pre-trattamento».

Per i rifiuti urbani e assimilati invece le quantità caleranno: sia quelle delle famiglie, che soprattutto quelle del terziario, in particolare commercio e ristorazione. «Il calo dei consumi potrebbe ridurre i rifiuti urbani fino a 2 milioni e mezzo di tonnellate. Il virus arriva purtroppo là dove la prevenzione e i tentativi di ridurre i rifiuti hanno fallito – conferma Marangoni – ma nemmeno questo è un dato positivo, perché aumenterà la complessità della loro gestione. Il blocco o il rallentamento di alcune industrie impatterà sulle fasi a valle della filiera, cioè il recupero e il riciclo».

Mentre la raccolta dei rifiuti infatti prosegue – con le aziende e i lavoratori di settore in prima fila per mantenere i servizi essenziali anche durante l’emergenza sanitaria – non accade lo stesso per altre parti della catena, quali la selezione e il riciclo: «La chiusura di settori che trattano o impiegano materiali provenienti dalla raccolta differenziata (plastica, carta, vetro, metalli) e la sospensione delle esportazioni, alle quali sono destinate quote consistenti di materie prime seconde, stanno riducendo gli sbocchi dei materiali raccolti. Gli stoccaggi si saturano velocemente, bisogna autorizzarne l’aumento, come hanno di recente disposto l’Emilia-Romagna e altre Regioni».

Nonostante questi provvedimenti tampone, lo stesso ministero dell’Ambiente riconosce un concreto rischio di interruzione del servizio: l’emergenza coronavirus va infatti a impattare in modo deciso e imprevisto su un comparto – quello della gestione rifiuti – che lo proprio l’ultimo Was report aveva fotografato in uno stato di «emergenza permanente» solo pochi mesi fa, a causa di un profondo gap impiantistico sui territori e l’assenza di un’adeguata politica industriale per farvi fronte.

«La fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti appare ancor più grave in questa situazione di emergenza – conclude Marangoni – Nella fase successiva alla pandemia bisognerà rivedere il sistema della gestione dei rifiuti nel suo complesso, guardando a un futuro più sostenibile. La ripresa, terminata l’emergenza dovrà partire dalle politiche climatiche ed ambientali. Potrà essere un’opportunità per affrontare con maggiore forza le debolezze del nostro Paese per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti: carenze di infrastrutture, eccessiva burocrazia, decisioni politiche spesso rinviate e, a livello sociale, poca sensibilità e cultura ambientali. Forse anche un’occasione per avere più consapevolezza della strategicità dell’economia circolare».

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