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Compost o biogas? Come si smaltiscono gli scarti alimentari

La Repubblica

Compost o biogas? Come si smaltiscono gli scarti alimentari

In Europa l’umido costituisce il 34% dei rifiuti urbani. Circa il 60% dei rifiuti biologici è costituito dai rifiuti e scarti alimentari, e ben 88 milioni di tonnellate di cibo (173 kg per persona) sono sprecati ogni anno. Ecco perché il riciclo è fondamentale e le tante soluzioni per ottenerlo

I rifiuti biologici, il cosiddetto “umido” della raccolta differenziata, in Europa costituiscono il 34% dei rifiuti urbani, di cui sono la maggiore componente singola. Riciclarli è fondamentale per raggiungere l’obiettivo europeo del riciclo del 65% dei rifiuti urbani entro il 2035. Circa il 60% dei rifiuti biologici è costituito dai rifiuti e scarti alimentari, e ben 88 milioni di tonnellate di cibo (173 kg per persona) sono sprecati ogni anno in Europa: è circa il 20% di tutto il cibo prodotto.

Perché i rifiuti biologici possano diventare fonte di fertilizzanti di alta qualità e ammendanti agricoli (i composti che migliorano le caratteristiche del suolo) è necessario che siano raccolti in modo differenziato. Il trattamento del rifiuto biologico differenziato oggi avviene soprattutto per compostaggio, processo che avviene in presenza di ossigeno: la biodegradazione di solidi organici produce una sostanza, il compost, che migliora le proprietà fisiche, chimiche e biologiche dei suoli agricoli. Oltre a contenere nutrienti come il carbonio, l’azoto, il fosfato e il potassio, il compost può ridurre l’erosione del suolo e aumentarne la ritenzione idrica.

In alternativa al compostaggio, un trattamento delle biomasse che sta diventando sempre più diffuso è la digestione anaerobica. Avviene in contenitori chiusi, senza ossigeno. E produce biogas – che può essere usato per generare elettricità o trasformato in carburante – e un “digestato” che può essere usato come fertilizzante organico o ammendante agricolo.

“Rispetto alla biomassa iniziale, nel digestato prodotto tramite il processo anaerobico si ha una perdita di carbonio organico e di azoto, due elementi molto importanti per la qualità del suolo” spiega Aurelio Angelini, docente di sociologia dell’ambiente all’Università di Enna e curatore del saggio Nulla si butta, tutto si ricicla (ed. FrancoAngeli). “La qualità del suolo è un aspetto cruciale per il nostro Paese, in quanto abbiamo un rischio di desertificazione pari al 50% (30% è la media europea), con un picco del 70% in Sicilia: vale a dire che stiamo soffrendo di una perdita di capacità produttiva del suolo, per l’inaridimento e l’uso intensivo, che viene accentuata dai cambiamenti climatici. Un compost ricco di nutrienti può essere una risposta a questo problema”.

Però il compostaggio aerobico, pur generando fertilizzanti di miglior qualità rispetto al processo anaerobico, ha degli svantaggi. “Rilascia nell’atmosfera gas metaniferi, che invece nel processo anaerobico vengono incapsulati e poi utilizzati” spiega Angelini. “Per la sua capacità di produrre bioenergia, la digestione anaerobica è oggi il metodo considerato preferibile, anche se meno diffuso del compostaggio”.

Esistono poi trattamenti alternativi ed emergenti, che necessitano di miglioramenti tecnologici per diventare più convenienti e diffusi. “Un esempio è la produzione di bioetanolo. Si possono far fermentare i carboidrati presenti nei biorifiuti per ottenere etanolo, utile biocarburante liquido, senza dover sottrarre terreni agli scopi alimentari per dedicarli a colture da biocarburante come il mais la canna da zucchero” spiega Almut Reichel, esperta dell’Agenzia Europea dell’Ambiente e coautrice del report Biowaste in Europe 2020. “Un Paese all’avanguardia in questo senso è la Finlandia”.

Un’altra tecnologia emergente prevede l’uso di biorifiuti per produrre acidi grassi volatili (VFA), utili per la produzione di biocarburante e bioplastiche. Oggi i VFA sono prodotti soprattutto per sintesi chimica a partire da carburanti fossili. Ma i rifiuti alimentari sono particolarmente adatti per produrre VFA tramite digestione anaerobica, grazie agli alti livelli di materia organica, e alle alte concentrazioni di azoto e fosforo.

“I biorifuti possono essere usati per produrre idrogeno, fonte di energia pulita. La produzione classica di idrogeno ha alti costi energetici, ma esistono metodi biologici che possono essere applicati a biorifiuti, come la fermentazione al buio e la fotofermentazione” sottolinea Reichel. “Oppure si può usare la carbonizzazione idrotermale: è un processo termochimico che converte le biomasse, rimuovendo acqua e anidride carbonica, in un biocarbone usabile come combustibile solido o come fertilizzante, e in un residuo acquoso ricco di nutrienti”.

Un altro uso alternativo dei rifiuti alimentari è convertirli in biomassa larvale ad alto contenuto di proteine e lipidi, per produrre cibo per animali. E’ un uso per ora proibito dai regolamenti europei, ma che un domani potrebbe essere ammesso.

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