Corriere del Mezzogiorno
Parla il responsabile di Legambiente: «L’umido resta il vero problema»
di Fabrizio Geremicca
La nuova offensiva della Procura di Napoli nei confronti di amministratori – tra gli altri Fulvio Bonavitacola e Raffaele Del Giudice, titolari delle deleghe all’Ambiente in Regione ed al Comune di Napoli – e responsabili di società pubbliche dei rifiuti, accende i riflettori ancora una volta sulle inefficienze di un sistema che sta in piedi solo grazie ai viaggi della speranza fuori regione ed all’estero, ma che è ben lontano dall’autosufficienza. Michele Buonomo di Legambiente Campania fa il punto su ciò che manca per uscire dal tunnel alla nostra regione. Con una premessa: «Non credo alla via giudiziaria per risolvere il problema rifiuti. Mi pare difficile addebitare responsabilità penali per disfunzioni di sistema».
Quali sono i punti non realizzati del piano regionale per i rifiuti che ci costano la multa dall’Europa?
«È clamorosa soprattutto la mancanza degli impianti di compostaggio che dovrebbero trasformare l’organico differenziato in compost».
Perché è così grave?
«La Campania manda fuori regione ogni anno 500.000 tonnellate di umido differenziato. I costi sono insostenibili e le difficoltà logistiche sono molteplici. Lo si è visto nei mesi scorsi, quando uno degli impianti di destinazione in Veneto ha chiuso i cancelli all’organico campano, con il risultato che buona parte di esso è finito nell’indifferenziato ed ha appesantito il lavoro degli Stir. Si sono allungate le code in ingresso ed è saltato il sistema».
Quanti impianti servirebbero e quanti ce ne sono attualmente?
«Adesso in Campania sono solo tre: Salerno, Teora ed Eboli. Quest’ultimo recentemente posto sotto sequestro, ma con facoltà di uso. Ne occorrerebbero una ventina da 30.000 tonnellate ciascuno».
Il piano puntava molto sugli impianti di compostaggio.
«Prevedeva che i Comuni presentassero manifestazioni di interesse e candidature ad ospitarli ed a fruire dei relativi finanziamenti. Ne sono arrivate moltissime, ma ad oggi neppure un impianto è stato realizzato. Ci sono stati rallentamenti provocati da lungaggini burocratiche e dalla mobilitazione dei cittadini. Serve un capillare lavoro di informazione sul territorio per vincere le resistenze».
A Napoli si parla di un impianto di compostaggio da circa 15 anni. Sono giustificabili tali ritardi?
«Alcune gare sono andate deserte, poi ci sono stati altri problemi di varia natura. E’ una situazione che va risolta perché, alla luce dei costi e delle difficoltà di trasporto dell’organico, pregiudica la possibilità di incrementare la percentuale di umido differenziato. Milano ha uno stabilimento che tratta 200.000 tonnellate all’anno e ne sta costruendo ora un altro».
Quali sono le altre criticità in Campania?
«Gli impianti di tritovagliatura sono stressati dal superlavoro ed ormai vecchi. Il progetto di rifunzionalizzazione che prevedeva anche la realizzazione di una linea di compostaggio non è stato ancora realizzato. Mi auguro abbia miglior fortuna il piano architettato da Daniele Fortini in qualità di consulente di Sapna prima che passasse ad Asia».
La Campania ha bisogno di un altro inceneritore?
«No perché oggi i problemi sono soprattutto legati alla gestione dell’umido. In prospettiva, anzi, bisognerebbe puntare a superare la necessità di bruciare rifiuti attraverso un miglioramento qualitativo e quantitativo della differenziata. Sembra una utopia ma non lo è. Se tutti i Comuni campani fossero come Baronissi, cittadina con livelli di differenziata eccellenti anche in termini qualitativi, l’impianto di Acerra sarebbe addirittura troppo grande».
Torniamo al piano regionale. Cos’altro non è stato ancora attuato?
«Gli ambiti territoriali ottimali, consorzi di Comuni che avrebbero dovuto farsi carico della gestione dei rifiuti, restano per ora scatole vuote»