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Biometano, il paradosso del decreto incentivi che rischia di bloccare gli investimenti

Greenreport

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Biometano, il paradosso del decreto incentivi che rischia di bloccare gli investimenti

Incomprensibili disparità tra la valorizzazione di scarti agricoli e Forsu, a rischio nuovi impianti per 1,6 miliardi di euro

Di Luca Aterini

La sostituzione del gas naturale con il biometano rappresenta un passo fondamentale per la transizione energetica italiana: si tratta di sostituire una molecola di origine fossile con un’altra rinnovabile, identica ma legata all’economia circolare.

Grazie al recupero di scarti agricoli come della Forsu, il biometano rappresenta infatti un carburante rinnovabile e CO2 neutrale, in quanto proveniente dalla naturale degradazione di rifiuti organici: in questo modo, la quantità di anidride carbonica liberata nell’intero processo – dal reperimento degli scarti organici alla loro combustione – viene bilanciata da quella assimilata dagli organismi viventi durante la loro crescita.

Si tratta di uno strumento essenziale soprattutto in un contesto come quello attuale, dove prezzi in forte crescita per tutte le commodity e quelle energetiche in particolare, sta portando le bollette a continui rialzi. Eppure lo schema di decreto per l’incentivazione della produzione di metano, cui sta lavorando il ministero della Transizione ecologica, si sta rivelando uno strumento del tutto inadeguato al sostegno del comparto. Tanto che al ministero si sono rivolti prima Utilitalia, Consorzio italiano compostatori (Cic) e Assoambiente, poi Elettricità futura, per chiedere una rapida inversione di rotta.

Elettricità futura, pur apprezzando la volontà di definire una disciplina integrata per la promozione e lo sviluppo del biometano che coinvolga oltre al settore dei trasporti anche altri settori, parla di criticità tali da «compromettere gli investimenti già avviati dagli operatori, in molti casi anche in partenariato con la Pa», comprese vere e proprie contraddizioni che vedono ad esempio il rapporto tra il livello di incentivazione del biometano da Forsu e quello del biometano agricolo pari a circa 1 a 4, inspiegabilmente e fortemente sbilanciato a favore degli impianti agricoli.

A maggior ragione in quanto – come sottolieano Utilitalia, Cic e Assoambiente – per sfruttare il pieno potenziale del biometano non si può prescindere dalle completa valorizzazione di quello da rifiuti organici (Forsu): «Esso è infatti il principale driver per industrializzare la filiera, colmare il cronico deficit impiantistico (soprattutto al centro-nord) e chiudere a livello territoriale il ciclo di gestione dei rifiuti (almeno della frazione organica dei rifiuti urbani», realizzando finalmente dei moderni biodigestori.

Sotto questo profilo, per le tre associazioni la prima difficoltà evidenziata nella missiva al ministero riguarda le condizioni richieste per dimostrare che il biometano rispetti i criteri Ue di sostenibilità; seguono l’esclusione dagli incentivi delle riconversioni da biogas a biometano degli impianti alimentati a Forsu e l’incentivo (compreso tra 33 e 40 €/MWh, tramite asta competitiva) del tutto insufficiente a sostenere gli investimenti necessari alla costruzione degli impianti e i relativi costi di gestione, tanto da «compromettere definitivamente investimenti per 1,6 miliardi di euro».

Per risolvere queste criticità, tutte le associazioni scriventi si rivolgono al ministero della Transizione ecologica per chiedere l’avvio di un confronto costruttivo nel merito «affinché il nuovo decreto permetta effettivamente la realizzazione di impianti di biometano da Forsu ed eviti l’arretratezza e l’ennesimo blocco del settore», concludono da Elettricità futura.

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