Il Sole 24 Ore
Biometano, il governo studia la proroga degli incentivi al 2023
Negoziato del Mite con la Ue Intanto Repower Eu punta 37 miliardi sul gas pulito
Per il settore serve più tempo. Lavori su 50 impianti del valore 1 miliardo fermi
Laura Serafini
Nel piano RepowerEu varato nei giorni scorsi, la Commissione europea ha riportato il metano al centro della strategia energetica europea (ridandogli un ruolo soprattutto nell’ottica di diversificazione delle fonti di approvvigionamento) e mettendo a disposizione importanti risorse. Beninteso, però, il gas è tanto più apprezzato quanto più è green: ecco allora che per il biometano, prodotto da rifiuti o da scarti agricoli, sono previsti 37 miliardi entro il 2030, per portare i target Ue da 3 a 35 miliardi di metri cubi all’anno, pari a un terzo delle attuali importazioni di metano da fonti fossili dalla Russia.
La produzione di questo gas sostenibile costa tanto e, per di più, questi impianti sono energivori; senza incentivi il business fa fatica a stare in piedi. Per queste ragioni, forse, il governo negli ultimi mesi aveva ragionato sulla necessità di dare una stretta agli incentivi previsti da un decreto del 2018, il quale mirava a sovvenzionare impianti fino a una capacità produttiva di un miliardo di metri cubi di gas. Con quel provvedimento sono stati avviati progetti per realizzare una cinquantina di impianti, rimasti però impantanati nelle tortuosità dei percorsi autorizzativi, situazione aggravata dai lockdown: a fine 2021 erano entrati in funzione impianti per circa 150 milioni di metri cubi (13% del target prefissato). Per questo motivo il settore contava su una proroga rispetto alla scadenza degli incentivi, prevista per fine anno. A novembre 2021, invece, non solo non è arrivata una proroga, ma è stato prospettato un nuovo schema di incentivi (in realtà po corretto) che dal settore è stato ritenuto del tutto inadeguato a sostenere il business. Sta di fatto che da novembre il processo di costruzione della gran parte degli impianti si è fermato. Nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione di un primo articolo su IlSole24Ore su questa vicenda, la sottosegretaria al Mite, Ilaria Fontana, nel rispondere a un’interrogazione parlamentare ha annunciato una parziale correzione della strategia, spiegando che si sta negoziando con la Dg Competition di Bruxelles una proroga fino alla fine del 2023 dell’attuale schema di aiuti.
L’esplosione del conflitto in Ucraina, d’altro canto, ha cambiato l’ordine delle priorità. La sottosegretaria ha chiarito che la scadenza del 2023 «coincide con il tempo massimo previsto per l’entrata in esercizio quantomeno degli impianti per i quali, entro la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 199 – ovvero il 30 novembre 2021 – sia stata presentata una domanda al soggetto attuatore Gse per il riconoscimento della relativa qualifica, ovvero sia stata ottenuta l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto e vi sia stato il rilascio del provvedimento favorevole di valutazione di impatto ambientale». In realtà molti operatori del settore considerano questo arco temporale non ancora sufficiente e auspicano un’estensione della proroga e che di essa possano beneficiare anche gli impianti pubblici, quelli realizzati cioè in partnership pubblico privati con i Comuni che conferiscono i rifiuti e che quindi abbiano già partecipato a gare con i business plan impostati sul sistema di incentivi vigente. Questo sistema – in essere per gli impianti che entrano in esercizio entro il 2022 – prevede che il gestore venda il biometano sul mercato e che inoltre riceva dal Gse un certificato di immissione al consumo, il cui valore è proporzionale alle quantità di metri cubi di biometano prodotto. In base al nuovo schema, invece, i gestori devono vendere il prodotto solo al Gse ricevendo in cambio un prezzo equivalente in megawattora di 60 euro, e un contributo in conto capitale pari al 40 per cento. Questo schema, però, ha sollevato una serie di perplessità di Bruxelles: una criticità, emersa già qualche settimana fa, riguarda il sistema delle aste, che nello schema Mite appare diversificato tra impianti agricoli e rifiuti e per fasce di capacità tra nuovi impianti e riconversioni per gli impianti agricoli. Il Mite avrebbe presentato correttivi in fase di discussione con la Ue. Il secondo nodo riguarda il vincolo di destinazione delle risorse per il 40% agli impianti localizzati al Sud. Un vincolo che non piace a Bruxelles, per cui si valuta di dare alle realizzazioni al Sud un incentivo maggiore, ma non ci sarebbe più una riserva. Il Mite conta di chiudere entro fine giugno il nuovo meccanismo, varando sia il nuovo decreto che le regole applicative, per poter programmare la prima asta a settembre. Adesso, però, bisogna capire in che modo la nuova strategia prevista dal Repower Eu possa offrire maggiori margini al governo italiano per finanziare questo settore e se tutto questo possa portare, già in questa fase, a una costruzione degli incentivi (e una durata della proroga) che rassicuri gli operatori e che possa supportare una crescita dimensionale di impianti, sinora di piccola taglia, e consentire la nascita di una filiera. Non solo: lo sviluppo di queste attività potrebbe dare impulso a una raccolta differenziata di qualità e limitare la costosa esportazione di rifiuti. Nel comparto operano comunque player importanti: utility come A2A e Iren, ma anche Snam che ha già funzione impianti per 18 megawatt (40 milioni di metri cubi di gas)e sta sviluppando svariati progetti in fase di realizzazione per impianti di biometano da rifiuto organico e da scarto agricolo .