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Avvio al riciclo, l’Italia va oltre la media europea
L’Italia è prima a livello europeo per tasso di avvio al riciclo dei rifiuti, sia urbani che speciali, con un tasso pari all’83,2%, decisamente superiore rispetto alla media Ue (39,2%). Secondo posto, invece, in riferimento al tasso di circolarità dei materiali con il 21,6%, poco sotto il primato della Francia (22,2%) e comunque al di sopra della media Ue (12,8%). Sono le principali evidenze che emergono dal rapporto annuale “L’Italia che ricicla”, curato da Assoambiente, secondo cui il primato si conferma anche con riferimento al tasso di utilizzo di metalli provenienti dal riciclo, settore in cui l’Italia costituisce addirittura il benchmark di riferimento tra i principali stati europei con un 47,2%, con Francia (39,3%), Germania (27,3%) e Spagna (18,5%) decisamente più indietro. Ma a questi dati positivi si contrappongono le criticità che gli analisti individuano, in primis, nell’impiantistica. Infatti, la Germania può contare su 10.497 impianti attivi, subito dopo si colloca l’Italia con 6.456 impianti di recupero di materia, seguita dalla Spagna con 4.007 impianti. Ma il dato italiano è caratterizzato da un elevato numero di impianti di medio – piccola dimensione e per lo più collocati nelle regioni del Centro – Nord, nello specifico nelle aree in cui il comparto manifatturiero risulta particolarmente attivo e in cui i materiali recuperati possono facilmente essere reintegrati. La Lombardia, in cui è presente il 22% dell’impiantistica nazionale dedicata al recupero di materia, è la regione che ricicla di più, con un totale di 31.018.381 tonnellate avviate al recupero, seguita da Veneto (12.377.245 tonnellate) ed Emilia – Romagna (10.010.270 tonnellate). Inoltre, nel 2020 dall’Italia sono state esportate oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali e poco più di 581 mila tonnellate di rifiuti urbani, per un totale di 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti. A giudizio degli esperti di tratta di un paradosso che, nel medio – lungo termine, andrà colmato, attivando le opportune leve incentivanti e di investimento impiantistico, affinché maggiori volumi di rifiuti riciclabili vengano recuperati lungo la penisola.
Oltre alla carenza di impianti, nel rapporto si segnala come, ai nodi strutturali che da tempo bloccano la crescita economica, come la lunghezza delle procedure autorizzative, la complessità del panorama normativo – regolatorio e la farraginosità del sistema dei controlli, si aggiunge la grave minaccia derivante dall’incremento dei costi energetici che le aziende del riciclo si trovano a fronteggiare.