La Stampa – Tuttogreen
“Siamo sommersi dal materiale recuperato, i depositi sono stracolmi”, denuncia Giorgio Quagliuolo, presidente del Consorzio Nazionale Imballaggi che si occupa del ritiro dei materiali della raccolta differenziata
ROBERTO GIOVANNINI
L’’emergenza virus sta facendo esplodere la filiera della gestione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio. Si rischia addirittura la sospensione dei ritiri dei rifiuti urbani. Il problema sta tutto in una triste equazione: costretti a stare a casa stiamo consumando sempre di più, e produciamo circa il 30% in più di materiale in raccolta differenziata, ma le industrie che possono utilizzare questo materiale sono chiuse. E i piazzali degli impianti di riciclo sono stracolmi di plastica, alluminio e metallo che nessuno vuole.
E’ un’ora drammatica per il sistema del recupero e riciclo, un fiore all’occhiello del Belpaese. Se infatti l’Europa chiede che venga riciclato il 65% degli imballaggi entro il 2025, in realtà nel 2019 l’Italia già è arrivata a quota 71,2%, col riutilizzo di oltre 9 milioni e mezzo di tonnellate di materiale. Soltanto che, come spiega Giorgio Quagliuolo, presidente del CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, quattro delle cinque acciaierie che riciclano gli imballaggi in acciaio sono chiuse perché non essenziali in questa fase di emergenza. Delle 3 fonderie di cui si avvale il consorzio Cial per recuperare l’alluminio delle lattine una sola è aperta a tempo pieno. Per il legno tutti i pannellifici sono fermi, per la carta ci sono difficoltà.
Presidente, ma che sta succedendo?
“Visto il blocco di tutte le attività produttive non essenziali, le aziende naturalmente non hanno per ora bisogno di ‘materia prima seconda’, quella che nasce dal riciclo dei rifiuti. Ad esempio sono quasi tutte chiuse le acciaierie, che esclusa l’Ilva di Taranto, di norma lavorano gli imballaggi d’acciaio, lo scatolame, i rottami metallici. Insomma, questi materiali non trovano più la loro destinazione sul mercato del riciclo, intasando prima gli impianti dei riciclatori, poi quelli dei trattatori, poi le piattaforme che ricevono il materiale. Secondo problema, le frazioni non riciclabili: la plastica, che per buona parte oggi non è riciclabile, il cosiddetto plasmix, normalmente alimenta i forni dei cementifici. Ma essendo oggi i cementifici praticamente tutti chiusi, il plasmix non si può bruciare. In alternativa ci sarebbe la termovalorizzazione, ma in Italia i termovalorizzatori sono pochi e tutti praticamente saturi. Insomma, i sito di stoccaggio sono stracolmi, e in generale si rischia lo stop alla raccolta differenziata”.
E dunque, voi cosa avete proposto al governo e alle Regioni per evitare il collasso del sistema del recupero?
“Al governo abbiamo chiesto di emanare un decreto legge che aumenti in modo sensibile gli stoccaggi, raddoppiando gli stoccaggi istantanei annui, che autorizzi i termovalorizzatori a lavorare al pieno della capacità termica, che conceda un accesso privilegiato agli impianti di smaltimento per le frazioni non riciclabili, che altrimenti non avrebbero nessuna nessuna collocazione sul mercato. E infine, bisogna snellire le procedure di accesso in discarica, come ultima ratio per evitare di fermare la raccolta differenziata. Per quanto è in nostro potere stiamo cercando di ovviare alla situazione in tutti i modi possibili e immaginabili, compresa la creazione di stoccaggi provvisori. Ma nel campo dei rifiuti è tutto soggetto ad autorizzazione, per cui non è facile”.
Certo, una situazione complessa, che nasce dall’emergenza virus…
“Dall’emergenza, ma siamo comunque un Paese in cui ci sono troppo pochi impianti, costretti a lavorare sempre al limite della capacità. Una situazione in cui non ci sono margini di sicurezza, in cui si lavora sempre al 100% del potenziale”.
Per quanti giorni potete reggere?
“E’ difficile fare previsioni, ma c’è poco tempo a disposizione: a seconda delle filiere del riciclo, possiamo tenere ancora dai dieci ai venti giorni”.
Che risposte avete avuto dal governo e dagli enti locali?
“Il ministero ha emanato una circolare con alcune misure da attuare. Alcune Regioni – Sicilia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia – hanno già emanato delle ordinanze che vanno nella direzione dell’aumento degli stoccaggi. La strada è questa. Anche perché una volta passata l’emergenza queste ordinanze possono essere annullate”.
Sarebbe un bel disastro lo stop alla raccolta differenziata…
“In ogni caso dopo l’auspicabile fine dell’emergenza Covid non si potrà ripartire di botto, sicuramente avremo difficoltà serie. Ci vorrà tempo per sormontare la crisi. Per questo da ora bisogna cominciare a fare quanto necessario per evitare che tra gli altri problemi ci si trovi anche a dover navigare tra montagne di immondizia che non sapremmo dove mettere”.