La Repubblica – Firenze
I servizi
Acqua e rifiuti insieme Firenze e Prato controllano la multiutility
Alia, Publiacqua e le loro società di riferimento hanno approvato la fusione che ora dovrà passare al
vaglio dei Comuni Adesione aperta ad altri
Di Azzurra Giorgi
Per scoprire se gli ultimi 17 mesi saranno stati utili o meno, bisognerà aspettare almeno la fine dell’estate. Si
capirà allora se la Multiutility Toscana (la maxi-azienda di servizi pubblici) partirà davvero. Perché dopo
discussioni, ripensamenti, ricorsi in tribunale, c’è ora un passo avanti importante, ovvero l’approvazione del
progetto di fusione per incorporazione di Alia con le tre holding dei Comuni dell’area fiorentina, empolese,
pratese e pistoiese, ovvero Consiag ( che detiene anche il 39,6% di Estra e una parte di Publiacqua), Acqua
Toscana ( la parte pubblica di Publiacqua) e Publiservizi (che ha tra le partecipate Acque Spa, che copre il
pisano). «È un momento storico » dice il presidente della Regione Eugenio Giani di fronte a sindaci e vertici
aziendali che condividono la fusione, sottolineando come questo sia un progetto che ha messo insieme
«amministratori di centrodestra e centrosinistra » e dando «assoluta disponibilità» da parte della Regione.
L’approvazione da parte dei Cda del progetto di fusione è un primo passo, che parte con una rotta tracciata
e qualche incognita. Partiamo dalla prima. Il progetto, già realizzato da anni in altre regioni di centro e
centro-nord, prevede all’inizio uno zoccolo duro composto, appunto, da Alia e le holding dei Comuni, che
offrirebbero quindi in modo integrato due servizi, ambiente e acqua, rappresentati da Alia e Publiacqua. Per
far sì che accada, serve che i consigli comunali coinvolti approvino il piano (senza che ci sia per forza
unanimità) e che lo stesso facciano poi le assemblee degli azionisti. Tempo auspicato per la procedura:
entro l’estate per il primo passaggio, entro settembre per il secondo. Poi la multiutility ( ancora senza nome,
che verrà scelto nelle ultime fasi della procedura) potrà partire. Lasciando però la porta aperta a chiunque
voglia entrarvi, aziende e territori, anche fuori regione. L’invito è in primis per Estra, che garantirebbe i servizi
dell’energia: se entrerà si potrà vedere forse già al primo dei due aumenti di capitali previsti ( il primo sarà
chiesto già nelle prossime fasi agli azionisti, il secondo nel momento dell’entrata in borsa), quando le altre
società che ne detengono le azioni, la senese Intesa e l’aretina Coingas, potranno decidere o meno di far
parte del progetto. E non sarebbe un ingresso da poco, perché non lascerebbe la Multiutility sghemba, con “
solo” ambiente e acqua, e allargherebbe il perimetro della fusione. La partenza è però col nocciolo duro di
Alia e Publiacqua: da sole circa 3.500 dipendenti, ricavi per 700 milioni e investimenti potenziali di circa un
miliardo, che andrebbero a crescere con l’ingresso di altri soggetti, arrivando – dopo l’entrata in Borsa – a
posizionarsi tra i primi player italiani. Ad avere la maggioranza relativa, dopo la fusione, sarà il comune di
Firenze con il 37% delle quote, seguito da Prato ( 18%), mentre agli altri comuni ex Consiag andrebbe
complessivamente il 24% con due garanzie: che anche i Comuni “minori” avranno rappresentanza nel Cda e
che la società resti pubblica almeno al 51%. A guidarla ancora non si sa chi ci sarà: alla fine del 2020, a
inizio progetto, il nome era quello dell’attuale ad di Alia, Alberto Irace, ex Acea, la società romana ( il 51% è
di Roma Capitale) che l’anno scorso aveva provato, secondo Acqua Toscana, a rallentarlo, facendo forza
sulle sue importanti quote indirette in Publiacqua. Ora pare che i dialoghi siano positivi, ma è probabile che
la società verrà liquidata con una cifra stimata intorno ai 110 milioni di euro. Se succederà si vedrà nei
prossimi mesi, mentre per l’ingresso in Borsa ci vorrà il 2023.
I benefici dell’operazione
“Tariffe più basse e maggiori dividendi ai Municipi”
«Il cittadino dovrà pagare una tariffa inferiore per un servizio migliore » . È l’obiettivo più diretto, e semplice
da verificare, annunciato per la nuova Multiutility toscana. L’ha ribadito il sindaco di Pistoia, Alessandro
Tomasi, ma i 70 Comuni che vi partecipano sono tutti d’accordo, da Empoli, Prato, dalla zona del Mugello a
quella del Chianti, e ovviamente Firenze e le aziende coinvolte nel progetto. Che poggia su ottimizzazioni,
investimenti e dividendi, di cui possano beneficiare i cittadini. C’è ancora chi non è convinto ( il capogruppo
di Forza Italia in Consiglio regionale, Marco Stella, ha parlato di « scatola vuota » con « troppi nodi irrisolti »),
ma chi lo è, come Federico Gianassi, che segue il progetto per Palazzo Vecchio, spiega che « quel ci ha
spinto a scommettere è la ricaduta potenziale in favore dei cittadini in termine di aumento di investimenti su
infrastrutture e impianti, e di conseguenza sulla qualità del servizio, oltre che sul contenimento tariffario, che
è una delle grandi priorità in questo momento». Partendo dall’ultimo punto, il piano industriale fa l’esempio
della tariffa dell’acqua, partendo da una “ quota 100”: in assenza della Multiutility, si prevede una salita
inesorabile fino a 106 nel 2026 mentre, in caso contrario, una discesa fin da subito, fino a toccare i – 5 punti,
per poi stabilizzarsi a quota 97 dal 2025. Sono costi diretti, che i cittadini vedrebbero immediatamente, ma
ce ne sono altri che arriverebbero da investimenti e dividendi. Questi ultimi vanno agli azionisti, quindi anche
ai Comuni ( che deterranno almeno il 51% della Multiutility): «A noi servono – dice il sindaco di Firenze Dario
Nardella -. Dobbiamo sostenere scuole, servizi agli anziani, manutenzione del patrimonio e tutto il resto » . In
base alle previsioni, nel 2025 Firenze potrebbe passare a 88 milioni di euro di dividendi, più del doppio degli
attuali 40. A Prato, dopo la quotazione, potrebbero andarne 43 invece di 11, al Comune di Pistoia 13 invece
di 4 e così via. Nell’arco di 5 anni, ci sarebbero poi «72 milioni di benefici conseguibili » dice l’ad di Alia
Alberto Irace, che spiega come la fusione porterebbe a sinergie operative e commerciali e maggiori capacità
di investimento. Ci sarebbero ottimizzazioni sui costi, sulla gestione delle reti, sulla base fornitori con
l’incremento del potere negoziale, il tutto per benefici, in cinque anni, di 72 milioni di euro. Soldi che
potrebbero essere investiti in digitalizzazione, rinnovo degli impianti, incentivazione di quelli di recupero,
ottimizzazione delle infrastrutture, guardando anche alla sostenibilità. Nel piano, per il futuro, si fa riferimento
all’idrogeno con la « Multiutility Toscana che potrebbe presentarsi sul mercato tramite lo sviluppo di un
impianto di rifornimento di idrogeno per il settore del trasporto su gomma a ridosso dell’asse autostradale» e
alle discariche, con l’obiettivo di anticipare di cinque anni le norme comunitarie e arrivare, « già nel 2030, a
meno del 10% dei rifiuti prodotti » da destinare a questi impianti. « Bisogna dotare la Toscana di una
struttura che sostenga la transizione energetica » sottolinea Irace, che parla di investimenti iniziali di un
miliardo che salirebbe a circa 1,3 se il perimetro si allargasse. Con delle ricadute anche sull’occupazione. La
base di partenza è di 3500 addetti, ma « nelle migliori condizioni conclude Nardella – la Multiutility può
arrivare a creare duemila posti in più».— a.g.